Intervista Danger Zone (Roberto Priori, “Giga” e Paolo Palmieri)
Danger Zone: un nome imprescindibile, ma anche misterioso, per tutti gli amanti dell’HM italiano degli anni Ottanta. Freschi della pubblicazione dell’attesissimo album inedito Line Of Fire – dopo più di vent’anni di oblio – sotto l’egida dell’etichetta tedesca Avenue Of Allies i bolognesi tornano prepotentemente a riprendersi quel posto lasciato vacante da tanto tempo.
Di seguito la prima intervista in assoluto di tutti e tre i tre membri originali della band dalla reunion – Roberto Priori, Giacomo “Giga” Gigantelli e Paolo Palmieri – che, insieme con Roberto Galli, hanno da qualche mese deciso di riprendere quel sogno interrotto davvero troppo presto.
Buona lettura
Steven Rich
Da dove deriva il nome Danger Zone?
Roberto – Il nome nacque nel 1983, mi sembrava che avesse il giusto impatto per definire il tipo di musica che volevamo fare ed in effetti lo abbiamo sempre sentito molto adatto a noi!
Come definireste il Vostro Ep Victim Of Time del 1984?
Roberto – Penso che all’epoca sia stato poco considerato ma nel corso degli anni ha raggiunto uno status di “cult record” grazie al fatto che era abbastanza nuovo come suono, veloce ma molto melodico. Riascoltandolo oggi sento che eravamo immaturi musicalmente ma pieni di idee, con l’energia e la voglia giusta!
Come mai la scelta di una copertina del genere? C’è qualche significato recondito dietro a essa?
Roberto – La cover ci fu proposta dalla etichetta, il produttore aveva gusti abbastanza strani e a noi non dispiaceva l’idea che fosse enigmatica, ma in realtà non c’era dietro nessun significato vero!
Sempre riguardo questo, avete in cantiere di farlo uscire in Cd, prima o poi?
Roberto – Non posso dirlo con certezza però stiamo cercando di capire se sarà possibile farlo…
Un vostro commento su ognuno dei demo precedenti a Line Of Fire e posteriori a Victim Of Time.
Giga – Ai demo del 1986, 1987 e 1988 ci sono molto affezionato! Il primo ha significato per me entrare in una band molto professionale e dai sapori rock americani. In quel periodo i miei Spitfire (ora felicemente riuniti e con il Cd Time & Eternity pubblicato nel 2010) erano in una situazione di stand-by, ma io volevo continuare a suonare rock di un certo tipo e sicuramente entrare nei DZ fu per me un’occasione che non potevo perdere.
Riuscimmo davvero a dare un grande carica a tutti i pezzi dei demo e soprattutto avevamo la consapevolezza di voler creare delle basi solide per il nostro sogno americano. Quindi tutto fu registrato ed eseguito con la massima professionalità e con ottimi mezzi per il periodo, usufruendo anche degli studi dell’Antoniano di Bologna (si, proprio quelli dello Zecchino d’oro!) che erano veramente il top per noi allora!
Conoscete i “Danger Zone” di “Spino” Spinelli ex Vanexa? Avete qualche contatto con Loro?
Roberto – No, non li conosciamo. Tra l’altro abbiamo scoperto solo recentemente che qualcuno aveva usato il nome nel nostro periodo di “assenza”.
Come mai la decisione di pubblicare, finalmente, Line Of Fire?
Paolo – Perché dietro quel disco c’è il gran lavoro di tante persone e all’epoca non uscì per motivi di business sbagliati, non per motivi musicali. Dopo aver lavorato e creduto tanto in quel disco, non essere riusciti a vederlo fuori all’epoca fu un grosso dispiacere per noi. Oggi finalmente siamo riusciti a rendere giustizia a tutti i sacrifici che facemmo.
La scelta della copertina è retaggio del passato oppure si tratta di una decisione recente?
Roberto – La copertina non era stata realizzata a suo tempo quindi questa è attuale, le foto che abbiamo utilizzato nel booklet del CD invece sono volutamente dell’epoca, proprio per dare credito a tutti quelli che furono coinvolti nel progetto.
Effettivamente tre brani di cover su dieci presenti sono un po’ troppi. Fu una scelta del management e vi fu imposta?
Roberto – Noi avevamo registrato nel demo 1989 la cover di “Children Of The Revolution”, a Jody Gray piacque quindi la inserimmo in pre-produzione assieme tutti i nostri brani. Un editore americano propose al nostro produttore esecutivo, Francesco Sanavio, di fare due brani di sua scelta ed in cambio ci avrebbe aiutato a trovare il contratto negli States. Ecco perché furono inserite “Let me Rock” e “That’s Why I Fell In Love With You”. Noi avevamo registrato altri due brani nostri, ma furono accantonati e mai finiti per dare spazio a questi per avere un aiuto che poi, come i fatti hanno dimostrato, non è mai arrivato.
Sempre riguardo le cover: spiegate i motivi dietro la scelta di ognuna di esse.
Paolo – Come ha detto Roberto, non fu una scelta nostra, ma una decisione editoriale per facilitare i rapporti con etichette americane. Noi ci fidammo di loro e facemmo il massimo per renderle alla nostra maniera con un sound alla Danger Zone, ma ovviamente si sente che non nacquero da noi.
Grace Jones sul brano Fingers… come nacque la cosa? Aneddoti?
Giga – Francesco Sanavio, nostro produttore ma anche noto promoter discografico, ha sempre portato in tour in Italia molti cantanti e artisti internazionali. In quel periodo, durante le registrazioni al Condulmer Studio di Line of Fire, era in tour con Grace e così finito uno show dalle parti di Venezia, riuscì a portarla in studio. Ricordo che era notte fonda (io registravo le voci dalle 10 di sera fino alle 5 di mattina perché i produttori dicevano la mia voce rendeva meglio la notte!) e puoi immaginare la mia sorpresa nel vedere entrare Grace Jones e dal vetro vedere che scuoteva la testa sulle note di Fingers.
Dopo una pausa ovviamente dovuta all’evento, i produttori le hanno spiegato un po’ tutto della nostra storia e della produzione dell’album e a quel punto hanno buttato lì una battuta perché lei cantasse sul ritornello. Ebbene senza un attimo di esitazione e con grande entusiasmo era già dietro il microfono e nonostante fosse una parte davvero semplice, ha reso magica canzone e ovviamente momento! Un bellissimo ricordo!
Da dove deriva la scelta di una label tedesca per Line Of Fire? Non avete avuto offerte da etichette italiane in merito?
Roberto – La scelta della “Avenue Of Allies” è nata dal fatto che io ho mixato e masterizzato recentemente due dischi di ottime hard rock band italiane sotto contratto con quell’etichetta, i “Wheels of Fire” e i “Perfect View” e loro mi hanno parlato molto bene di Gregor Klee, il presidente della label. Quando abbiamo avuto l’ok dai produttori per poter pubblicare l’album, lo abbiamo contattato immediatamente e lui si è reso disponibile a farlo uscire, siamo molto contenti perché prende molto seriamente questo lavoro e questo è importante per noi.
A distanza di tanti anni e dopo aver accumulato parecchia esperienza in materia cosa cambiereste di Line Of Fire?
Giga – Io niente, a parte forse That’s why i fell in love with You di Eddie Rabbitt. Non che come sia venuta mi dispiaccia, anzi mi piace tantissimo come hanno saputo rendere la mia voce in particolare, ma credo che il brano, e in particolare il testo, non fosse adatto al tipo di musica che intendevamo proporre. Purtroppo certe “imposizioni” fanno parte di molte realtà “emergenti” e visto che noi puntavamo ad un mercato principalmente americano, forse c’erano anche altre ragioni per questa scelta così “country”!
Quando suonaste di supporto ai Saxon avete avuto la possibilità di incontrarli di persona?
Giga – Si, due parole con qualcuno di loro mi pare di ricordare, ma quello che ricordo di più è stato Biff che da bordo palco scuoteva la testa a tempo con le nostre canzoni. Fu proprio lui che a fine concerto parlò molto positivamente di noi al promoter (appunto Sanavio) e da li partì tutta la storia di Line of Fire! Quindi poche parole ma buone posso dire!
Come nacque l’occasione di aprire per Loro?
Giga – Il promoter locale mi chiamò al telefono per chiedermi se avremmo avuto piacere di aprire per i Saxon presso il cinema teatro di San Bonifacio in provincia di Verona. Sul momento mi sembrò così strano mi chiedesse una cosa del genere, i Saxon li avevo visti live qualche anno prima in spazi ben più grandi che non un “cinema”, eppure era tutto vero!
Un aneddoto aggiuntivo: avevamo appena deciso con la band di non suonare più live per un po’ in modo da concentrarci maggiormente su brani nuovi che stavamo scrivendo in quel periodo e allora io dissi al promoter che gli avrei fatto sapere perché appunto non sapevo se avremmo potuto accettare. Ovviamente dopo la telefonata di rito agli altri della band, che quasi mi “insultarono” (hahaha) richiamai immediatamente e dissi che avremmo aperto e anche molto volentieri per i Saxon!!
Date al Whisky A Go Go: vuotate il sacco…
Giga – Ah! che ricordo magnifico! La prima volta fu incredibile: era il 1988 e ci trovavamo a LA dopo un mese di “pellegrinaggio” tra New York e la California alla ricerca di un contratto discografico portandoci dietro appunto i nostri 3 demotape. Fu un periodo bellissimo, pieno di grandi avventure e appunto ci trovammo davanti al Whisky quasi in ammirazione quando scoprimmo che il lunedì sera il locale era aperto alle band emergenti. Bastava portarsi lo strumento e il locale metteva a disposizione il palco per poter eseguire 4-5 pezzi. Una volta parlato con i responsabili e spiegandogli che eravamo li solo per pochi giorni, ci trovarono un buco per il lunedì successivo e così iniziò il delirio! Non avevamo gli strumenti con noi e così decidemmo di comprarli li! D’altronde Sunset Boulevard era una pacchia per i musicisti e quindi non fu difficilissimo trovare gli strumenti adatti senza spendere una fortuna. I soldi che avevamo a disposizione comunque non erano molti e ci dissanguammo lo stesso pur di non sprecare questa occasione!
Ricordo che non avemmo nemmeno l’occasione di provare prima e quindi salimmo sul palco e suonammo al volo! Cosa incredibile: dopo un minuto di canzone sul palco ricordo che sentivo benissimo, come fossimo in un disco. Come era possibile? I fonici e i live club erano avanti anni luce rispetto all’Italia, ecco come era possibile! Non avrei mai voluto scendere dal palco. La seconda volta invece fu diverso. Tornammo nel 1992 a Line of Fire oramai terminato da tempo e con alcuni showcase da effettuare per diverse case discografiche. Rimanemmo quasi quattro mesi suonando in molti club e togliendoci belle soddisfazioni, ma suonare al Whisky sicuramente era comunque sempre un’altra cosa, un locale pieno di storia del rock e che ha fatto sicuramente anche parte della storia dei DZ!
Roberto, in questi anni di “fermo” dei Danger Zone hai comunque seguito l’evoluzione dell’HM italiano? Quali sono le tue impressioni riguardo la scena?
Roberto – In questi anni ho sempre seguito la scena perché ne sono stato spesso coinvolto anche come produttore artistico e/o mixing engineer per molte band. Penso che a livello tecnico siamo competitivi con il resto dell’Europa, ma a noi mancano maledettamente i locali dove suonare spesso, dove far crescere il proprio seguito e rodare il proprio repertorio di fronte ad un pubblico vero. Quando eravamo a Los Angeles, potevamo suonare 2/3 volte alla settimana, e questo per un gruppo significa tantissimo.
Durante gli anni Ottanta quali erano le band che stimavate di più e quelle con le quali eravate nei migliori rapporti?
Roberto – Sicuramente i Crying Steel, ma eravamo in buoni rapporti con tutti e abbiamo frequentato membri dei Vanadium, degli Halloween, Skanners, Sabotage e tanti altri. Sicuramente i Vanadium erano, per esperienza e per fama, il gruppo che ci sembrava più forte.
Vi ricordate in che momento preciso avete realizzato che il sogno Americano era definitivamente tramontato?
Giga – Per quanto riguarda me personalmente, credo sia stato durante l’ultimo show a L.A. (mi pare fosse in un locale sulla Hollywood che si chiamava Spice..) la band c’era alla grande, io avevo iniziato a pensare, parlare e interagire bene con il pubblico americano che tra l’altro apprezzava non poco il nostro show. Ma non c’erano più soldi e entusiasmo. L’ultimo incontro con i responsabili americani che avrebbero dovuto curare la nostra uscita sul mercato discografico aveva sancito la decisione che non era più il momento buono.
Dopo tanti anni e dopo averci rimuginato sopra, dove avete sbagliato?
Giga – Francamente non credo che avessimo sbagliato qualcosa, era nato il Grunge e i Nirvana e tutti smisero di investire nelle band di hard rock classico, noi compresi ovviamente, e fummo snobbati senza ritegno negli ultimi periodi. Ero quasi in lacrime, ma consapevole che avevamo dato il massimo fino in quel momento. Purtroppo si sa, spesso bisogna esserci al momento giusto ed evidentemente in questo non siamo stati fortunati. Tutti noi abbiamo dato il massimo senza ombra di dubbio!
La “carta” Usa se la giocarono anche gli Astaroth e gli Elektradrive. Avete magari avuto l’occasione di incontrarli, negli Stati Uniti? In ogni caso, vi è capitato di discutere con Loro della Vostra comune esperienza americana?
Giga – Parte degli Astaroth e altri italiani li incontrammo e ci frequentammo anche parecchio in quel periodo, ma credo che LA fosse un po’ terra di conquista per tutti e sinceramente devo dire di aver visto un po’ di competizione e qualche punta di invidia da parte di qualcuno. Di cosa poi non lo so, erano forse solo sensazioni mie. In ogni caso comunque bei momenti con gli italiani ce ne sono stati e d’altronde essere li in mezzo alla “giungla” di migliaia di band, era una vera avventura in tutti i sensi!
Vi va di riandare a fine anni Ottanta e raccontare una volta per tutte la storia vera e i motivi della fine dei Danger Zone?
Giga – I DZ si sono sciolti ufficialmente nel 1992 non appena finita la nostra seconda avventura americana di cui parlavamo prima. I motivi furono appunto la delusione e l’indifferenza in cui piombammo dopo tanti anni di duro lavoro per cercare di emergere. Soprattutto dopo aver registrato quell’album con quel tipo di produzione e aspettative. Per fortuna ora abbiamo finalmente la possibilità di chiudere il coperchio su una gran bella storia, ripartire con grande entusiasmo ma soprattutto senza quella grande pressione psicologica dovuta anche ad un po’ di inesperienza. Ora siamo più maturi e consapevoli di tutto quello che ci circonda e che facciamo e niente e nessuno può più “fregarci” diciamo così eh eh eh!
Stilatemi la Vostra classifica dei primi dieci album hard’n’heavy di gruppi italiani.
Giga: Non arrivo a 10 mi spiace, e ti dico:
Vanadium-Metal Rock
Danger Zone-Victim of Time (io non ero ancora nella band!)
Strana Officina-Strana Officina Ep 1984
Death SS-Evil Metal EP
Crying Steel-On the Prowl
Royal Air Force-Ep 1985
Skanners-Dirty Armada.
Roberto:
Vanadium “Metal Rock”
Strana Officina “Strana Officina”
Crying Steel ”On the prowl”
Sabotage “Behind the lines”
Skanners “Dirty Armada”
Halloween “L.A.D.Y.”
Bulldozer “The Day of Wrath”
Dark Lord “It’s Night Time”
e, più recentemente, Killing Touch “One of a kind” e Spitfire “Time and Eternity”!
In che rapporto eravate con i Vostri illustri concittadini Crying Steel? Mai qualche scazzo fra voi?
Paolo – Ahahaha!! No!!! Li abbiamo sempre chiamati affettuosamente “I cugini” perché, anche se si sentiva una certa competizione, erano innanzi tutto degli amici che avevano la nostra stessa passione nel fare musica, allora come oggi!
Le prossime mosse vi vedono impegnati nella presentazione a Bologna del disco appunto insieme con gli altri “bolougnès-hero” Crying Steel…
Roberto – Si, infatti in questo periodo stiamo provando per essere pronti alla ripresa delle attività live, che comincerà il 25 Febbraio con i Crying Steel e poi proseguirà fino all’estate. Della formazione del disco siamo rimasti Io, Giacomo e Paolo, visto che il bassista originale, Stefano Gregori, vive ancora a Los Angeles. Abbiamo quindi chiamato Roberto Galli, nostro amico e fantastico musicista a far parte della band. Avremo inoltre un secondo chitarrista che ci aiuterà nei live…
Cosa bolle in pentola per questo 2011?
Paolo – Decisamente molta carne al fuoco! Il 28 gennaio esce finalmente “Line Of Fire”, dal 25 febbraio ricominciamo a suonare live e nel frattempo stiamo già registrando i demo per quello che sarà il disco del ritorno, che speriamo di far uscire entro l’estate del 2012.
Spazio libero per quello che volete…
Roberto, Giga, Paolo – Possiamo solo ringraziare te, tutti quelli che ci stanno scrivendo per avere notizie e chi ci sta riempiendo di affetto per questo nostro ritorno! Noi siamo molto carichi e non vediamo l’ora di riprendere i live! Quindi speriamo di incontrarvi tutti sotto il palco, magari a iniziare proprio dal 25 febbraio!!!
Stefano “Steven Rich” Ricetti