Drama (Luca Trabanelli)
Intervista a Luca Trabanelli, “team principal” dei Drama, autori di Once and for All del 1988 e del recentissimo Sink or Swim, disco di inediti rimasto nel cassetto per più di vent’anni che vede oggi la luce grazie ai servigi dell’etichetta Minotauro Records, anche autrice della ristampa dell’esordio del combo milanese nel 2009.
Buona lettura.
Steven Rich
Quando ha inizio il tuo percorso musicale?
Dunque….avevo 12 anni quando un cugino più grande di me mi regalò la sua vecchia chitarra acustica, e avevo compagni di scuola che già ne possedevano una. Insieme imparavamo i primi accordi e canzoncine, ma dopo un annetto smisi di suonare, troppa sofferenza, polpastrelli sanguinanti, mani indolenzite… ma adoravo la musica e avevo amici che mi passavano dischi di ogni genere dai Beatles ai Black Sabbath e cominciai a sviluppare un mio gusto personale. A 14 anni, la svolta: Io e un mio caro amico, ora scomparso, andammo al cinema Mexico (mitica sala milanese che proponeva film e documentari alternativi) a vedere “The song remains the same” film-concerto dei Led Zeppelin e rimasi folgorato da Jimmy Page, dalla musica, dall’atmosfera di un solido concerto rock e decisi che quello era il mestiere che avrei dovuto fare nella vita. Il giorno dopo comprai una Eko Ranger, un po’ più suonabile del pezzo di legno da ardere che avevo prima, e cominciai a prendere lezioni da un vero insegnante. Cominciai con il blues e vari generi di rock, ma anche pop… qualsiasi cosa la imparavo volentieri. Il passaggio all’elettrica fu naturale dopo un paio d’anni, mi ricordo che era una imitazione di una Gibson SG “diavoletto”, ma non ricordo esattamente la marca… poi finalmente i primi gruppi, i primi confronti con altri ragazzi che suonavano, niente di veramente interessante se non il fatto di imparare a far parte di una squadra e cercare di scrivere materiale proprio.
Hocculta – Warning Games, 1984
Periodo Hocculta, dal 1982 al 1985: esce Warning Games… Che ricordi hai di quel periodo? Aneddoti? Cosa pensi di quel disco? Come mai poi sei uscito dalla band?
Conoscevo Tony Chiarito, che allora lavorava al Discotto, negozio di dischi di Sesto San Giovanni, e sapevo che suonava il basso. Chato Buratti era un altro cliente e batterista. L’idea di mettersi insieme è stata naturale. Massimo Lodini si è aggiunto subito dopo che l’ho contattato, visto che suonavamo insieme in un gruppo precedente. Il periodo in quattro fu veramente stimolante e creativo. Poi il passaggio a cinque, con due chitarre e Marco Bona entrò nella famiglia. I concerti non erano male ed eravamo veramente potenti, la scena metal italiana nasceva proprio allora e devo dire che noi potevamo esserne gli alfieri. Warning Games fu il prodotto di quegli anni e fu la prima esperienza discografica, non male come esordio. Di quel periodo ricordo il piacere di stare in una band di amici e dello spirito di collaborazione… Tony era un grande conoscitore di musica e lui mi ha insegnato molto nel distinguere la nutella dalla merda. E Marco era un ottimo chitarrista e il fratello che non ho mai avuto. Massimo e Chato: due persone che davano sempre il massimo per la band, veri amici e compagni. Se devo essere sincero, col senno di poi, Warning Games è ovviamente pieno di difetti dovuti all’inesperienza dello studio di registrazione, ma i brani contenuti nell’album sono forti… sarebbe bello riregistrarli con le nuove tecnologie di studio e vedere che roba salta fuori! Poi Chato mollo il gruppo e entrò Daniele Pobbiati alla batteria. Nuova linfa per la band, ma qualcosa andò storto, non so dirti esattamente il motivo… forse erano diversi motivi. Tony voleva andare verso un genere più dark, pesante e oscuro; io non ne potevo più di quei riff da caverna e i miei gusti stavano cambiando. Ascoltavo sempre più rock americano, più melodico e, se vuoi, più piacione, ma in effetti quello che suonavo con gli Hocculta non mi stimolava più. Decisi di cambiare aria, anche se mi costò molto dal punto di vista affettivo.
Hai visto recentemente qualche concerto degli Hocculta che, come spero tu sappia sono ancora in giro?
Certo… ho partecipato a una piccola reunion in quel di Pavia, un paio di anni fa e devo dire che la nuova line-up mi piace molto. Il loro nuovo singolo è proprio valido! Aspetto con ansia l’uscita di un album.
Ronnie Alberti e Luca Trabanelli, Drama
Per un anno circa fai parte dei Royal Air Force, dall’85 all’86. Come entrasti nella band e come mai ne uscisti, poi?
Nei RAF entrai perché ci suonava un altro caro amico, Renzo Sgroi, che mi invitò nel gruppo perché un loro chitarrista aveva lasciato da poco. Fu un bel periodo, i pezzi mi piacevano molto e i gusti musicali loro erano più vicini ai miei. Mi ricordo bei concerti, specialmente uno a Parigi e poi avevano un’organizzazione più efficiente rispetto ad altre band. Si lavorava più professionalmente. Nel maggio dell’86 dovetti mollare per ragioni di forza maggiore: il servizio di leva… una bella sfiga! Ma fui rimpiazzato subito da Marco Bona e rimasero in buona compagnia.
T’è spiaciuto non far parte della line-up dei R.A.F. quando suonarono al Monsters of Rock ’88?
No, assolutamente… nella vita sono un fatalista, le cose succedono e si accettano. Anzi ero contento per loro, credo che in quel periodo fossero il gruppo più tosto del panorama italiano.
Come nacque l’idea di formare i Drama?
Nell’estate dell’87 (no, non è un pezzo di Bryan Adams!), finito il mio anno di vita regalato allo stato, insieme a Luca Bona, fratello di Marco e bassista, decidiamo di formare un gruppo assieme. Volevamo fare qualcosa tipo Van Halen, Bon Jovi, Ratt e roba similare, ma l’idea della cover band non ci interessava: volevamo scrivere materiale originale. Ronnie e J.L. Brochiero venivano da un altro gruppo, ma il drummer fu sempre un problema per noi e la band si presentò alla prima incisione senza un vero batterista. Mario Riso infatti appare come special guest nel disco.
Once and for All, Drama, 1988
Nel 1988 esce il full lenght Once and for All. Hai ricordi particolari di quel periodo?
Once and for All lo registrammo ai BIPS Studios, dove io lavoravo come fonico. Riascoltandolo mi rendo conto che è un po’ acerbo, ma i brani sono tuttora molto belli e alla gente piacque molto. Facevamo molti concerti in giro per la penisola e il riscontro era sempre favorevole. Mentre registravamo entrò nel gruppo Paolo Martella come batterista e la band fu completa sia dal punto di vista tecnico che di amalgama. I ricordi più belli che ho sono lo spirito che pervadeva il gruppo, molto unito e consapevole.
Come arrivaste alla Metalmaster?
Alla Metalmaster ci lavoravano amici comuni a tutti noi e proponemmo di fare l’album. Accettarono semplicemente perché in quel determinato periodo eravamo la punta di un iceberg che era la scena musicale rock-metal milanese.
Quali le maggiori soddisfazioni di quel periodo, Luca?
I concerti erano sempre una festa, tanta gente ci seguiva, i nostri live erano apprezzati perché suonavamo duri e puri. Ricordo una serata dove aprimmo per i Bonfire a Milano e secondo me rubammo decisamente la scena ai più rinomati tedeschi. Giocavamo in casa…
Nonostante la caratura di un album come Once and for All a suo tempo non godeste di molta promozione, per usare un eufemismo, tanto che, a parte gli appassionati di heavy rock italiano, il prodotto passò sottotraccia. Colpa vostra oppure cosa?
Sai, le produzioni di quel periodo erano per forza di cose indipendenti, e se escludiamo i Vanadium che avevano un’etichetta vera e propria, le altre band si appoggiavano a label minori che non avevano il potere economico e politico per promuovere un disco nuovo. La Metalmaster fece quello che si poteva fare e noi non potevamo certo affrontare una spesa promozionale pari a quella che l’industria discografica esigeva.
Sink or Swim, Drama, uscito nel 2015 per Minotauro Records
In che momento iniziaste a lavorare sul secondo album Sink or Swim?
Nella scrittura del materiale non c’è un momento preciso; già finito Once and for All ed eravamo in sala prove a produrre nuovi brani. Nell’estate dell’89 ai Bips Studios, che era formato da due studi distinti, arrivò un nuovo sistema informatico per accoppiare due 24 tracce. Per testare il tutto, Nicola Calgari, proprietario e grande musicista, mi propose di registrare un album dei Drama su 48 tracce… ci diede due mesi tutti per noi. Due mesi in studio 24 ore su 24 erano un sogno per qualsiasi band, ma fu anche molto duro e impegnativo. Ormai lo studio era diventato casa nostra, mi ricordo sessioni di registrazioni alle 4 di mattina… un delirio!
Puoi spiegare come nasce un “pezzone” del livello di Far Away from Home?
Era un giro di chitarra che usavo per riscaldamento ogni tanto, e leggermente modificato mi sembrava un ottimo pattern per una canzone “slow tempo”. Una volta trovata la melodia della strofa il resto venne fuori da sé, di getto. Il testo è abbastanza drammatico, un ragazzo con problemi in famiglia che desidera fuggire da tutto e tutti. Mi ricordo che registrare i cori per quel pezzo fu devastante data l’altezza della chiave. Poi l’assolo di sax di Nicola Calgari è, secondo me, molto bello, fuori dai soliti canoni hard rock… un po’ spiazzante.
Spiega poi i veri motivi per i quali non vide mai la luce il disco…
La Metalmaster fallì miseramente, non poteva esserci né una promozione né un risarcimento riguardo al master dell’album e quindi decidemmo di tenerlo in caldo per una eventuale nuova etichetta… che mai si presentò. Il gruppo ebbe una delusione cocente e si sfaldò come neve al sole: la voglia, l’entusiasmo, la grinta che erano la spina dorsale dei Drama venne a mancare più o meno definitivamente.
Da dove è nata l’idea di ripescare il disco quest’anno?
Non c’è stata un’idea scatenante, il master dell’album è sempre stato nel mio garage per anni, dimenticato in una scatola. Qualche anno fa l’ho riascoltato e suonava ancora!!
Come nacque la copertina? Che ti confesso non avere la penetrazione giusta, secondo me, Luca…
La copertina non è mai esistita. E’ stata creata ex-novo per la stampa del disco… mi piaceva l’idea di una nave che affonda perché rappresenta molto lo stato d’animo degl’ultimi momenti dei Drama e poi ha attinenza con il titolo che è quello originale. Non sono mai stato per le copertine “epiche” o “glamour”, mi piacciono le copertine che esprimono un idea o suggeriscono una riflessione… per dire “Presence” dei Led Zeppelin è una grande copertina, ma so che non piace a molti.
Drama, Sink or Swim line-up
Che fine hanno fatto gli altri Drama? Sei rimasto in contatto con qualcuno di loro?
Per anni non ci siamo mai sentiti, ma ultimamente facebook fa i miracoli e ci siamo ritrovati tutti.
Com’è nato il contatto con Minotauro?
Per caso sono venuto in contatto con Marco Melzi perché cercavo una copia su cd di Once and for All e tramite il web abbiamo cominciato a scriverci. In una occasione è venuto fuori che avevo un disco dei Drama inedito in cantina. Alla reunion degli Hocculta che citavo prima, ci siamo incontrati e si è offerto per pubblicarlo. Ci ho pensato un po’ su e alla fine ho deciso che non avrebbe fatto male a nessuno.
Il Cd Minotauro è frutto del solo riversamento del master oppure avete lavorato sopra ai suoni?
Il master l’ho leggermente riequalizzato e normalizzato, ma è fondamentalmente l’originale.
Tornando al passato, se non erro, dopo la delusione legata ai Drama, che nel frattempo si sciolsero per sempre, te ne andasti negli Usa…
Si, io, Paolo Martella e Luca Bona con una valigia piena di incoscienza e bei sogni, prendemmo l’aereo per Los Angeles. Paolo purtroppo tornerà in Italia quasi subito per problemi familiari e io e Luca troviamo spazio nei Doctor Whiskey, con Suart Bailey e Mike Monasterio. Stuart era ed è il fratello del più conosciuto William Bailey aka Axl Rose. Stuart (non me ne volere, bro!) era un pessimo cantante, ma data la parentela ci permise di avere un ottimo management che ci fece girare gli States suonando. Tutto sommato il gruppo non era male e andare in tour negli Usa è il sogno di chiunque.
Riguardo gli States, Luca, scarica tutti gli aneddoti che ricordi.
Devo dire che fu un periodo di eccessi di ogni genere, veramente devastante nel più profondo significato del termine… dovrei scrivere un libro su quei momenti, ma non potrei farlo leggere a mia figlia! I ricordi e gli aneddoti sono tanti, belli, simpatici, brutti, terribili e ancora presenti. Sicuramente è meglio che certe cose te le racconti in privato ma forse questa si può scrivere: una sera suoniamo insieme ad una band di quattro ragazzi di colore, tutti sopra i 120 Kg di peso, di nome “FAT” e suonano roba tipo Living Colour… si sbattono parecchio sul palco e la gente apprezza. A un certo punto il batterista sfonda il seggiolino del drumkit e il pignone dello stesso quasi lo uccide… un po’ come andare in bicicletta “alla bersagliera”! Beh… ambulanza, polizia e concerto sospeso, non potevamo suonare su un palco inondato di sangue!
Poi nel ‘92 torni nel Belpaese. Uno shock dopo esserti sciroppato le Freeway Usa oppure no?
No, avevo bisogno di un ritorno alla normalità. Gli Stati Uniti sono un posto meraviglioso dal punto di vista naturalistico, ma in altri contesti si possono anche detestare. Ci ritorno sempre volentieri da turista.
Di cosa ti occupi, oggi, Luca?
Ho una bellissima famiglia, suono e insegno, ho una grande band di amici e riproponiamo il repertorio del Banco del Mutuo Soccorso… suoniamo davvero bene.
C’è la possibilità di rimettere insieme i Drama per un concerto celebrativo?
Sarebbe bello, ma credo sia impossibile. Rimarrà un sogno. E poi non eravamo i Led Zeppelin…
Hai vissuto sulla pelle e sulle corde della tua chitarra gli anni Ottanta metallari di Milano, che ricordi serbi di quel periodo?
Ottimi ricordi direi, c’erano un sacco di band, alcune buone, altre meno e tante che facevano schifo, ma c’era un fermento che non si è più rivissuto. Era veramente come percorrere strade nuove e sconosciute, fare i dischi era un salto nel vuoto, la tecnologia che c’è adesso ce la sognavamo. Eravamo cosmonauti alla ricerca di nuovi universi e poi avevamo vent’anni: ribelli, incoscienti, coraggiosi, avanguardisti… cose che si perdono con l’età. Di quel periodo rimangono gli amici, qualche disco tuttora ascoltabile e vecchie foto che cominciano a ingiallire… troppo nostalgico?
Chiudi l’intervista come vuoi, Luca, spazio a disposizione, grazie.
Ringrazio il mondo intero per la splendida avventura che è la vita. Ai più giovani rockers che leggono questa intervista, il consiglio è: “non pensate, fate!” , per i più vecchi ovviamente il contrario! Ciao a tutti!
Stefano “Steven Rich” Ricetti