Hard Rock

Intervista Elektradrive (Simone Falovo)

Di Stefano Ricetti - 26 Aprile 2006 - 15:17
Intervista Elektradrive (Simone Falovo)

Una delle cose che più mi venivano rimproverate, sia a voce che via e-mail, da parte dei lettori di TrueMetal amanti del metallo di casa nostra, era la mancanza nel roster del nostro (e vostro) portale di un’intervista agli Elektradrive. Ebbene, dopo aver tribolato un po’, sono riuscito ad acciuffare il chitarrista storico del combo torinese: Simone Falovo, che si è dimostrato entusiasta di rispondere alla mia sfilza di domande.

Brevi cenni di storia.

I Nostri nascono dalle ceneri degli Overdrive, cambiano il nome in Elektradrive nel 1983 e partecipano alla storica compilation Heavy Metal Eruption con il brano Lord of the Rings. Il combo torinese è l’unica band nel panorama italico (insieme agli Steel Crown), a comparire anche nella compilation “concorrente” Metallo Italia del 1985 con il brano Winner. Nel 1986 l’esordio discografico con il disco …Over the Space e un tour di supporto all’album abbastanza corposo. Nel 1989 esce Due, disco Aor di straordinaria bellezza che su guadagna il massimo dei voti dalla rivista inglese Kerrang!, nota per osteggiare tutto quanto era made in Italy. Nel dicembre di quell’anno gli Elektradrive suonano in compagnia di Manowar, Sabbat e Shy a Torino. Tentano la fortuna trasferendosi negli Stati Uniti ma, nonostante le ottime premesse non accade nulla di concreto. Nel 1993 è la volta di Big City, grande lavoro di class metal cromato con una produzione di livello internazionale con relativo tour di supporto. Poi più nulla di significativo fino ai giorni nostri: la band torinese è in questo periodo al lavoro per la pubblicazione, prevista per il dopo estate, del nuovo album dal titolo “Living 4”. I pezzi candidati a finire sul Cd sono dodici e della formazione originale sono rimasti Simone Falovo (chitarra), Alex Jorio (batteria) e Elio Maugeri (voce).

Stefano “Steven Rich” Ricetti


 

Inizio chiacchierata.

Come scritto in sede di presentazione dell’intervista intorno al progetto Elektradrive c’è ancora un grande interesse da parte dei fan, soprattutto per quanto attiene i cultori della NWOIHM che leggono TrueMetal. Sei stupito o in qualche modo te lo aspettavi?

Tutte e due le cose… se i fan di TM sono in gran parte di ultima generazione, sono maggiormente e piacevolmente sorpreso da quest’interesse dimostrato nei ns. confronti; se invece sono ns. coetanei, o almeno un po’ più giovani, la cosa mi fa ovviamente piacere, ma non mi sorprende affatto perché con TUTTA l’attività svolta nell’80-90 e le produzioni da noi effettuate, penso che meritiamo di diritto uno dei posti prioritari nella storia dell’hard/heavy italiano…

Hai qualche aneddoto legato alla vostra partecipazione alla compilation Heavy Metal Eruption del 1983, l’inizio concettuale del movimento HM in Italia? E poi, soprattutto, come avete fatto a partecipare anche alla compilation “concorrente” Metallo Italia del 1985?

Di aneddoti ce ne sarebbero parecchi; comunque ai tempi (’83), una volta mi fermai ad un semaforo e c’erano dei ragazzi che mi riconobbero (stavamo recandoci entrambi ad un ns. concerto), e tirarono fuori uno striscione col nome del ns. gruppo. Un altro aneddoto, stavolta negativo, è che molti kid dell’epoca (gli anni in cui iniziava a spopolare il thrash, che non è proprio il ns. stile), appena decidemmo di prendere le tastiere fisse nella formazione, per mescolare un sound duro con effetti di synth, ci voltarono le spalle… ma poi con gli anni hanno capito che noi abbiamo SEMPRE cercato di essere originali, e comunque tante cose si possono dire di Elektradrive, tranne che non siamo stati originali. Insomma: chi ci sente e conosce, ci riconoscerebbe fra altre 100 band… Per concludere ti posso dire che siamo stati sempre seguiti anche da ascoltatori non proprio hard’n’heavy.

Ho sorprendentemente notato che la Markuee ha fatto uscire su Cd il vostro primo lavoro dal titolo …Over the Space. Quanto c’è di Elektradrive in un scelta del genere? Come mai il primo e non il pluriacclamato Due?

Questa è una domanda che… gira il coltello nella piaga… purtroppo uno dei discografici di Over the Space è uscito fuori dal nulla dopo vent’anni di silenzio, e sostiene di avere diritti sul nostro primo album. Lo ha pubblicato senza ns. autorizzazione: per il momento siamo per vie legali in attesa di arrivare ad una soluzione. Questa edizione è stata comunque realizzata frettolosamente, soprattutto nella parte grafica, dove non si sono neanche preoccupati di contattarci per inserire gli indirizzi nuovi della band. Senza parlare poi della parte audio, dove non è stato fatto nient’altro che copiare il vinile originale. Ribadisco che non c’è assolutamente niente di Elektradrive in questa scelta e di conseguenza non siamo ovviamente contenti di come è stata fatta.

Dopo l’uscita di quell’album, nel 1986, foste etichettati come “Space Metal Band”, per via dell’uso dell’elettronica, in pieno boom thrash metal. Come faceste a sopravvivere in un periodo dove sembrava che l’unica maniera di suonare fosse lo stile Bay Area e soprattutto a trovare gli stimoli per scrivere un album fantastico come Due?

Ho già in parte risposto alla domanda precedente: noi ci siamo sempre preoccupati di essere originali nella composizione dei ns. pezzi, e allora, come oggi, non ci poteva minimamente interessare nulla della tendenza del momento, tanto più che quello stile musicale non faceva parte del nostro background culturale, quindi era impossibile che potesse rientrare nello stile espressivo della band. Per noi la cosa più importante è sempre stata scrivere dei bei pezzi, il più originale possibile e suonati con precisione. E’ anche vero che in quel periodo ci sentivamo un po’ derisi per la nostra scelta, in cui credevamo veramente, ma ripeto, i ragazzini dell’epoca non si rendevano conto del nostro sforzo, quello di proporci con una vera e propria identità originale del gruppo. Lo hanno poi riscoperto anni dopo e, comunque, questo ci gratifica abbastanza, anche a distanza di tempo. Possiamo forse azzardare che, in seguito e nel nostro piccolo, non abbiamo avuto poi uguali a livello italiano.

Dopo le entusiastiche recensioni di Due da parte di Kerrang! e gli attestati di stima internazionali, avete mai pensato sinceramente di “avercela fatta” e poter vivere finalmente di sola musica?

Siamo sempre stati una band realista…e quindi neanche dopo che aver ottenuto 5K di Kerrang!, (quando Slip of the Tongue dei Whitesnake otteneva 3K nello stesso numero), non abbiamo mai creduto di essere riusciti, soprattutto perché non avevamo una major alle spalle, che avrebbe permesso di far conoscere (e vendere) Elektradrive in tutto il mondo. Allo stesso tempo ci siamo sempre arrangiati a voler realizzare ugualmente tutte le cose in modo autonomo in quasi totale autoproduzione, e quindi inconsciamente non siamo mai riusciti a ragionare come il gruppo che ce l’ha veramente fatta e non deve pensare a null’altro che salire su un palco per suonare. Stesso discorso per quanto attiene le fasi in studio: insomma, tutto ciò è rimasto una vera utopia per noi e tuttora lo è…

Personalmente ritengo il vostro concerto di Torino nel 1989 insieme a Shy, Sabbat e Manowar, il punto massimo delle vostre performance dal vivo. Concordi?

In quanto a entusiasmo/grinta/tiro/botta, sono abbastanza d’accordo col dire che quello è capitato nel nostro periodo migliore: dalle registrazioni di quel gig si riesce anche abbastanza a cogliere questo spirito. Di contro c’è che proprio a Torino, al Palasport, (quindi in casa), ci arrivarono un po’ di sputi sul palco in nome del cosiddetto “death to false metal”, e questa cosa ci fece capire quanto eravamo (e siamo) comunque atipici da certi ragionamenti musicali “a compartimenti stagni”, quindi l’opposto di come noi siamo. E’ vero comunque che per noi fu un’ottima performance, e molti dei Manowar ci fecero i complimenti per la nostra musica e per come suonavamo, quindi nonostante tutto fu un episodio molto positivo, e degno di un piacevole ricordo per noi.

Chi era la bella corista che avevate insieme a voi quella notte? Siete ancora in contatto con lei?

Si chiamava Sharon May Linn, e l’avevamo inserita nella formazione per poter “far fronte” alla enorme quantità di cori che erano stati registrati in “Due”; ha suonato con noi per tutto il periodo del tour di Due, poi con Big City ci siamo esercitati per poter fare i cori noi musicisti. Non siamo più in contatto con lei anche se ogni tanto negli anni ci siamo incontrati, principalmente per caso.

Nella foto: Simone Falovo

 

Avete ricevuto dei proventi dalla pubblicazione di Due e Big City da parte della giapponese Brunette?

Sì, anche se purtroppo quando era ora di ristampare dopo la prima tiratura, noi ci siamo un po’ dissolti nel nulla (ironia della sorte), e quindi non abbiamo più potuto sfruttare quell’occasione.

Racconta tutto, ma proprio tutto (scherzo… dai!) della vostra trasferta negli Usa nel 1990 in cerca di fortuna… (contatti, label, speranze, chicche etc. etc.)

La cosa più importante è che abbiamo suonato al Roxy Theatre, che è il tempio del rock sul Sunset Strip Un’emozione incredibile, e il fonico del locale durante il soundcheck, disse: “This band is great”. Poi tantissimi contatti presi con label, ma tutto questo richiedeva un periodo di permanenza molto più lungo e sono tutte cose sfumate Vivere a L.A. è vivere in un’altra dimensione: conosci musicisti di calibro e se hai veramente talento puoi farcela, a dispetto di tutti gli scetticismi che la situazione impone. Vai al Musicians Institute e vedi i seminari di musicisti top: li puoi incontrare al Rainbow e puoi scambiare con loro opinioni.

Simone, dopo tanti anni penso che tu possa vuotare il sacco sulla scena HM torinese degli anni ottanta: famosa per le ripicche, le invidie e i sabotaggi. Un episodio su tutti il boicottaggio nei confronti di Morgana quando fece da supporter ai Saxon.

In realtà, abbiamo sempre cercato di star fuori da queste cose, anche se sappiamo che si sono verificate… penso che non abbiamo mai messo il bastone fra le ruote a qualcuno, anche se c’è stato un periodo (mesozoico-1984) in cui qualche musicista di altre band ci dava dei “montati”, ma forse questo era a causa del fatto che ci sforzavamo, in maniera autonoma, di organizzare le cose nel modo più professionale possibile.

Pensieri e parole riguardo gruppi della Nwoihm a voi vicini (e non) a livello di proposta musicale.

Halloween
Un power-trio, con un gran chitarrista, abbiamo suonato insieme a Padova nell’86: molto bravi!

Steel Crown
Ho conosciuto di persona Yako, che era veramente molto simpatico, ed era un personaggio. Un gruppo tosto, che aveva una gran grinta…

S.p.a.
Non me li ricordo…

Gow
Abbiamo condiviso con loro parecchi concerti nel panorama torinese, ed avendo iniziato un po’ prima di noi, all’inizio guardavamo a loro come obiettivo da raggiungere; erano quelli con cui ci assomigliavamo di più come genere musicale, e va riconosciuto che come organizzazione si sono dati veramente da fare per “farcela”, prova ne sia le partecipazione ai primi Monsters of rock italiani…

Shining Blade
Non me li ricordo…

Morgana
Non abbiamo mai avuto modo di conoscere bene la loro musica…

Death SS
Eccezion fatta per Ozzy, non siamo mai stati amanti del “grandguignol” metal, quindi non ci hanno mai particolarmente entusiasmato.

Vanexa
Me li ricordo per la loro partecipazione a Metallo Italia, ma non ho mai avuto l’occasione di ascoltare un loro disco intero.

Crying Steel
Da quello che ricordo, mi sembravano molto bravi, ricordavano lo stile dei Judas Priest.

 

Elektradrive 1986

 

Qual è l’album degli Elektradrive che ha venduto di più?

DUE in Italia e Big City in Giappone.

La più grande soddisfazione e la più grande delusione da quando sei il chitarrista degli Elektradrive.

Delusione: non essere riuscito a diventare un musicista professionista. Da sempre siamo stati un gruppo che ha prodotto cose di livello professionale, ma paradossalmente sempre nei ritagli di tempo, perché attivi in altre professioni. Fino a ora è rimasto un sogno quello di suonare e basta!

Soddisfazione: aver vissuto la composizione e la realizzazione dei nostri dischi e, in alcuni concerti, vedere che la gente canta i pezzi che hai scritto. Più in particolare, l’emozione vibrante (e mi auguro non irripetibile), di aver suonato negli Usa, cioè essere andati là più da turisti che da musicisti, e aver ottenuto una serata al Roxy, con la scritta del gruppo fuori dal locale sul Sunset Blvd… fantastico! Ricordo inoltre che tutti coloro che ci hanno visto suonare là, ci fecero grandissimi complimenti…

Negli anni Ottanta c’erano delle band italiane con le quali andavate particolarmente d’accordo?

Quelli con cui andavamo d’accordo erano i Gow e gli Steel Crown.

Mai avuto scazzi con altre?
Penso proprio di no.

Visto il vostro amore per certe sonorità class metal di stampo Usa, non posso non chiederti cosa pensi di band come:

Dokken
Il vero class-metal: dove sentivi una band che suonava da paura e realizzava degli album con pezzi intrisi di riff potenti. Inoltre dei grandi musicisti.

Cinderella
Non li abbiamo mai particolarmente amati

Poison
Una brutta copia dei Motley Crue?

Queste ultime due band, se vengono paragonate ai Van Halen, (che sono forse il mio gruppo preferito di hard rock di tutti i tempi), è probabile che si dissolvano come neve al sole… A mio parere molto look e poca sostanza.

White Lion
Visti dal vivo e seguiti marginalmente: musicisti con gran maestria, ma i loro pezzi non sono forse rimasti nella storia.

London
Non li conosco per niente…

Con quali artisti ti piacerebbe collaborare?

Con Devin Townsend, qualsiasi membro dei King’s X, Nuno Bettencourt e Kip Winger.

Descrivi con parole tue i tre album della band.

…Over the Space
Genuino, ma allo stesso tempo molto ardito per i tempi: il tentativo di miscelare l’heavy tradizionale con effetti synth funzionò, e penso che questo primo episodio sia comunque significativo nel panorama italiano. La cosa che più mi affascina è che se lo senti, c’è l’obiettivo raggiunto di creare un disco in cui tutti i pezzi abbiano una stesura logica, e un filo conduttore comune fra di loro. Nonostante fossimo ancora un po’ acerbi dal punto di vista tecnico, si sente però che ci sono cinque ragazzi di venticinque anni circa con le idee molto chiare. Oddio… è brutto giudicare (positivamente) sé stessi, non vorrei rischiare di passare come un montato, ma è veramente quello che penso. Inoltre si nota un’energia forte in tutto il disco. In sostanza ci sono molto affezionato e mi dispiace che avendoci lavorato personalmente ed alacremente sul ri-editing del disco, se ne sia uscito qualcuno all’ultimo momento a farci le scarpe…

Due
E’ forse l’apice compositivo della band, dove viene fuori al meglio la passione per il songwriting e penso che l’obiettivo sia stato raggiunto. A sentire come fu giudicato da tutta la stampa estera e italiana, peccato che qualche major non se ne sia accorta o non ci abbia creduto. A ogni modo in quel disco siamo veramente maturati anche a livello tecnico e penso che si senta dalle nostre performance. Ci sono sedici tracce sovraincise di voce su tutti i pezzi del disco e penso che un lavoro così certosino non sia mai stato compiuto prima in Italia neanche dai “big della canzone italiana”. Elio ha veramente dimostrato di essere oltre che un grandissimo singer (forse uno dei migliori in Europa), anche un musicista a tutto tondo.

Big City
Abbiamo esplorato campi un po’ inusuali per una band di hard rock, ma penso che quel disco sia stato suonato in maniera impeccabile: è quello dove noi tutti siamo cresciuti maggiormente a livello tecnico. Ci sono dei bellissimi pezzi di AOR, alternati a delle cose più Pop, ma indubbiamente il fatto importante è che è stato decisamente voluto da tutti noi. Diciamo che Big City è il nostro capitolo più tecnorock, (rispetto a Due), ma è indubbio che ci sono dentro dei gran pezzi come Lucille, Still Remember, Big City, Young Guns, Rockin’ on the Bad Side. Ammetto che mi piace anche riascoltarlo dopo tutti questi anni.

So che della formazione storica siete rimasti tu, Alex Jorio (batteria) e Elio Maugeri (voce). Parliamo adesso del nuovo album degli Elektradrive dal titolo “Living 4” che finalmente vedrà la luce nella seconda metà del 2006: dimmi tutto quanto puoi a riguardo.

Stiamo registrando in maniera autonoma l’intero disco su Pc, nel mio studio personale, quindi questo ci dà libertà assoluta di scelta sulla composizione e stesura dei pezzi. Il modo di lavorare è fondamentalmente diverso rispetto al passato: non si fanno sedute di prova per comporre i brani, ma li si monta registrando volta per volta le parti. Fino a ora abbiamo messo giù una quindicina di brani, che a noi piacciono veramente e sui quali crediamo molto. Da questi poi effettueremo una scelta per la scaletta del disco che ne conterrà 10/11. Il genere è un po’ diverso, ci sono riff di chitarra più cattivi, chitarre baritono, ma anche chitarre acustiche, con priorità assoluta per melodie vocali, e un occhio rivolto sempre a una progressione di accordi non scontati. Noi ci crediamo molto, e anche se non abbiamo ancora preso accordi con nessuna label, stiamo ricevendo diversi contatti da qualcuna di queste che è interessata al nostro lavoro. Siamo convinti che quando uscirà avrà un ottimo riscontro!

Farete un tour di supporto all’album?

Sicuramente sì, anche se ovviamente essendo ancora presto non abbiamo ancora pianificato nulla.

Da veterano della NWOIHM puoi tranquillamente tracciare le differenze fra la scena HM italiana di oggi e quella di ieri. A te la parola…

Vedo la scena di oggi con molto ottimismo: è molto diverso da quando abbiamo iniziato, ci sono di base piccole e medie label, che si impegnano a produrre e promuovere adeguatamente le band del genere e questo ci fa ben sperare per il nostro futuro lavoro Ai tempi ti dovevi sbattere fin dalla stampa del disco: bisognava ragionare sempre a livello autonomo e di autoproduzione totale. Dovevi essere quasi sempre il discografico e il manager di te stesso, con tutti gli errori e le brutte esperienze che ne conseguono… dovute al fatto che se uno nasce musicista di talento, non è detto che sia automaticamente bravo a fare anche il manager…

Cosa pensi delle webzine?

Se fosse esistita l’opportunità del web ai nostri tempi, avremmo sicuramente sfondato. Le webzine fanno parte di questo nuovo modo di gestire e usufruire della musica come advertising e public relation e ciò aiuta le band e gli artisti giovani nel far conoscere le proprie produzioni in tempi e modi velocissimi. Sono veramente utilissime per gli spazi di cui si può usufruire.

OK Simone, è stata dura ma sei finalmente arrivato alla fine di questa lunga intervista… chiudila come vuoi.

Per tutti i kid: ascoltate e interessatevi alla musica, non la consumate col paraocchi… informatevi su tutti gli artisti di cui sentite parlare e non conoscete nulla. Oggi è tutto possibile con un semplice click! Ai miei tempi dovevamo implorare il negoziante che ci facesse ascoltare dischi di artisti sconosciuti, e non si riusciva perché occorreva “s-cellofanare” i dischi… Date spazio anche ai talenti nascosti, ci sono in ogni angolo del mondo, non rifocillate solo i mostri sacri (a volte dinosauri spremuti…) acquistando anche le mutande col logo del loro gruppo… Ci sono in giro dei gran musicisti che sono sconosciuti e vale la pena di conoscere per il loro spessore.

Grazie Simone.

Grazie a te Steven, e a tutta la redazione di TrueMetal!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti