Intervista Black Widow (Kip Trevor – 1985)
Quella che segue è da considerarsi fra le interviste vintage davvero imperdibili finora proposte su Truemetal. Si tratta della chiacchierata effettuata fra Piergiorgio “PG” Brunelli e il cantante Kip Trevor, una fra le anime dannate che diedero vita al progetto Black Widow, ovvero quanto di più malvagio sia stato vomitato dalla scena Heavy Rock Progressive inglese all’interno della propria storia. L’intervista uscì nel numero 55 del magazine Rockerilla, anno 1985. Ben due articoli di prefazione precedono l’intervista vera e propria, così come accadde decenni fa: un inciso di Beppe Riva e una farneticante traduzione di alcuni testi della Vedova Nera inglese, peculiarità che viene proposta, così come nell’originale cartaceo, anche alla fine dell’ultima riposta di Trevor.
Last but not least, il mio grande amico Steve Sylvester, leader dei Death S.S., su precisa richiesta, mi ha gentilmente fornito alcuni suoi pensieri riguardo il verbo (o, per meglio dire, il “morbo”) Black Widow, che ho prontamente pubblicato qui di seguito.
Buona lettura,
Stefano “Steven Rich” Ricetti
STEVE SYLVESTER
Ciao Steven!
Posseggo il vecchio numero di Rockerilla con l’intervista in questione e lo conservo ancora gelosamente! Posso solo aggiungere che le cose non sono poi cambiate di tanto dai tempi di Kip Trevor ad oggi….! Stessi problemi di censura e fraintendimenti per chi decide di allestire uno spettacolo basato su seri presupposti “occulti”. Quanto raccontato da Kip mi suona terribilmente familiare. Forse è per questo che ho sempre amato i suoi Black Widow!
L’unica cosa strana che ho notato è che nel corso dell’intervista non menziona mai l’ex partner Clive Jones che, per quanto ne so io, aveva sempre sostenuto e difeso l’orientamento dark della band (almeno così mi ha sempre detto). Sempre da Clive ho appreso la notizia, che sicuramente farà felici tutti i sostenitori di questa cult band, che è imminente la pubblicazione ufficiale su DVD di uno dei concerti a supporto degli Yes di cui viene fatta menzione nell’articolo. Un piccolo pezzo di storia che viene finalmente recuperato!
Steve Sylvester, 25 ottobre 2007
INIZIO ARTICOLO/INTERVISTA DA ROCKERILLA
…GIÙ NELLA CRIPTA!
Agli amanti dei suoni misteriosi dei primissimi anni ’70 — la miglior era nella storia del rock — Rockerilla dedica un “colpo” favoloso, la rievocazione delle gesta dei mitici BLACK WIDOW — genuini campioni dell’originale DARK SOUND — attraverso la voce di KIP TREVOR, cantante ed autentica “anima” dell’incomparabile formazione. Riviviamo nella sua lucida esposizione (non paragoniamola alle fesserie sparacchiate da Venom e affini…) la magia di un’esperienza votata come nessun’altra al connubio fra rock e occulto, un’autentica lezione per i troppi “satanisti” dell’ultima ora, spesso privi di credibilità.
BEPPE RIVA
1970… “ASTAROTH”
L’ultima volta che fu liberata sulla terra, ella possedette la donna del suo mago. La povera ragazza fu tormentata terribilmente fino a che, impazzita, si suicidò. L’anno: 1764.
Ora, due secoli più tardi, un giovane occultista, avendo scoperto il potere di tornare con la mente al passato attraverso le sue precedenti incarnazioni, ripercorre la sua precedente vita in Egitto e, ascoltando il riferimento ad Astaroth da parte di un demonio con cui aveva congiurato in quei tempi, egli continua a rivivere i tragici risultati del suo esperimento.
“In Ancient Days”
“The way to Power”
Quasi pazzo per il desiderio di vendetta, egli decide di usare il prossimo Sabbat come mezzo per ottenere il potere necessario per evocare la Lei Demonio sotto le sembianze della sua defunta compagna. Se lui riuscisse a sedurla all’interno del suo pentagramma, un servizio di esorcismo rappresenta to su di lei gli restituirebbe la compagna morta e, legato dalla vecchia legge “Una vita in cambio di una vita”, Astaroth sarebbe distrutta.
“Come to the Sabbat”
“Conjuration”
Sfortunatamente, Astaroth lo seduce al di fuori della salvezza del suo cerchio magico. Incapace di rivolgersi al Signore, egli urla a Satana, che lo salva dall’ira di Astaroth a condizione che lui stesso si danni offrendosi a lei come sacrificio di sangue.
“Seduction”
“Attack of the Demons”
“Sacrifice”
1985 — Kip Trevor, 15 anni dopo, occupa una posizione importante alla Carlin Music, una compagnia che cura la pubblicazione dei lavori di artisti come Meat Loaf, The Cars, Duran Duran. Nonostante ora si trovi, come lui stesso ha sottolineato, dall’altra parte della barricata, il passato di leader-cantante dei Black Widow è tutt’altro che morto e sepolto.
KT – Mi ricordo ancora tutto quel periodo ed in particolare, il tour che facemmo in Italia a supporto degli Yes. Era il tempo di “Yes album” e loro erano estremamente popolari. Noi eravamo fans di Steve Howe e compagni ed era estremamente imbarazzante il constatare che in Italia riscuotevamo più successo di loro; c’erano poster dappertutto con il nostro nome a caratteri cubitali, come se noi fossimo il gruppo principale: per noi fu motivo di grossa felicità. Noi avevamo questo grosso show visuale basato sul teatrale e l’occulto, questo faceva la differenza.
PG – Cosa rappresentava per voi il lato occulto o satanico dello show?
KT – Lo studiammo a fondo, seriamente. Al tempo avevamo 18-20 anni e a quell’età si è molto curiosi, desiderosi di sapere cosa accade nella vita. Eravamo molto coinvolti nei vari aspetti dell’occultismo; non necessariamente le “Arti nere”, il “Male”, il “Demonio”, quanto la curiosità di scoprire se c’era qualcosa dietro tutto ciò. Tutta la nostra energia di ventenni era riversata in questo e la nostra musica era al 100% indirizzata in quella direzione.
PG – Cosa offrivate visualmente nei vostri show?
KT – Era molto teatrale. Passammo sei mesi iniziali in un teatro a provare lo spettacolo, le luci e le attrezzature per renderlo il più realistico possibile. Leggemmo molto sull’occulto e nei nostri rituali usammo sempre oggetti autentici: incenso, acqua santa, tutto quello che era menzionato in questi libri. Quando andammo al Royal and Albert Museum leggemmo un libro (di cui non ricordo il nome e di cui esiste un solo esemplare) in cui erano descritte tutte le cerimonie, i sacrifici, i rituali che vengono rappresentati nelle arti occulte. Basammo il nostro show su appunti presi da questo libro, tutte cose vere. Era molto eccitante, perché sapevamo che erano tutte cose genuine, autentiche, eravamo seri ed il pubblico sentiva queste vibrazioni. Rappresentammo quello spettacolo per tre anni in tournée in Europa: era magico, splendido.
PG – Cosa mi puoi dire della parte riguardante il sacrificio?
KT – C’era una ragazza, un’attrice. La storia è complicata, ma cercherò di semplificarla; la ragazza prendeva le forme di un demonio, io la evocavo, cosicché lei appariva in un punto della sala in fondo o vicino al palco (ogni volta si cercava di cambiare la posizione per creare un elemento di sorpresa per il pubblico). Poi con delle funi, illuminata dalle luci, veniva portata sul palco, un po’ come fa Peter Gabriel che appare in diverse parti della Hall durante lo show. Dal pubblico la ragazza non sembrava umana e dava l’illusione come di volare al di sopra delle loro teste, c’era molto fumo, candele sul palco per creare l’atmosfera. C’era anche molto incenso: era quasi irreale. Lei appariva e cominciava una specie di danza attorno al cerchio dove io ero. Lei cercava di tirarmi fuori dal cerchio magico, mentre io cercavo di tirarla dentro ad esso; se io fossi riuscito a trascinarla nel cerchio il demonio che era in lei sarebbe stato sconfitto per sempre e lei sarebbe tornata quella bellissima donna che era. In effetti, lei mi faceva uscire dal cerchio magico così io non ero più sicuro. Quella parte si chiamava “Attack of the Demon”, mentre la parte chiamata “Seduction”, che precedeva, era ricca di suggestioni sessuali. Il suo potere era forte e coincideva con una parte musicale estremamente suggestiva, con un tempo molto aggressivo e potente. C’era il mio finale tentativo di invocare il “Bene” per sopravanzare il “Male”.
L’unico modo per distruggere il Male era quello di sacrificare la donna-demonio. La parte strumentale di “Sacrifice” durava 20 minuti e per tutta la sua durata c’era questo duello finale alla cui conclusione io riuscivo ad ucciderla e quella era la fine dello show. Era fantastico dal vivo, difficile da mettere su disco; mi sarebbe sempre piaciuto riregistrare il nostro primo album. I testi e le canzoni erano forti, ma non c’era abbastanza potenza, energia; facemmo anche un album dal vivo, registrato a Montreaux in Svizzera, al Casinò. E’ un posto stupendo, gestito da Claude Nobbs che è l’organizzatore del famosissimo festival Jazz, noi facemmo uno show al casinò che fu registrato in video e la settimana dopo, quando Frank Zappa era lì, qualcosa scatenò un incendio ed il locale andò totalmente distrutto con i nastri ed il filmato del nostro concerto (l’incendio di cui parla Kip è quello menzionato dai Deep Purple in “Smoke on the water”). Quello doveva essere il nostro terzo album, avevamo pubblicato già il secondo Lp e non era di nostro completo gradimento: quello dal vivo doveva essere il mezzo per ripristinare il sound di “Sacrifice”. Nella band c’erano dei contrasti: io e Jim Gannon (chitarrista) volevamo continuare a trattare gli argomenti della magia nera e dell’occulto, mentre gli altri non erano tanto d’accordo, per questo il secondo Lp fu più ordinario, un esperimento più rock che non riuscì. Quello di Montreaux doveva essere il terzo e rappresentava il ritorno all’occulto: una vecchia-nuova direzione da seguire. Il terzo album che pubblicammo era un minestrone senza senso perché il gruppo era spaccato in due. Jim se ne era andato ed io ero praticamente da solo a voler proseguire in quel verso, per cui ara molto difficile per me. I Black Widow sono praticamente esistiti per un solo album fedeli a quella che era la loro immagine.
PG – Cosa ne è stato di Jim Gannon?
KT – Per quello che ne so, è tuttora in Australia a studiare meditazione. E’ ad un livello molto avanzato, insegna anche. lo mi mantengo sempre in contatto, perché entrambi abbiamo forti ricordi del periodo nei Black Widow; non che lo rimpiangiamo, perché quel che è stato è stato, ma siamo concordi che si sarebbe potuto arrivare molto più in alto.
I riti dei Black Widow crearono una ridda di controversie sia fra i promoters, i gestori dei locali dove lo show si teneva, ma anche fra i vari “stregoni” inglesi. Da un lato c’era il timore che la natura mistica e suggestiva della rappresentazione potesse essere pericolosa per il pubblico (influenzato negativamente dal contenuto di certe parti dei rito stesso) e che la demone, una ragazza che indossava solo un negligée trasparente, creasse scandalo.
KT – Ci fu un episodio abbastanza curioso all’Electric Ballroom di Londra nel ’70: c’era molta tensione nel gruppo per quello che poteva essere il risultato del concerto, in quanto, i gestori (Mecca) erano poco permissivi. Il rito si sarebbe dovuto svolgere senza quel pathos che, secondo loro, era di cattivo esempio per i ragazzi del pubblico. Tutto procedette regolarmente fino al sacrificio quando decisi di spogliarla. Fu lo scandalo. Ci fu anche un articolo sul Sun il giorno dopo che raccontò una serie di bugie per assecondare la campagna contro di noi da parte dei gestori del locale che decisero di bandirci. Per quello che riguarda le streghe, non tutti erano d’accordo affinché le pratiche di magia nera fossero rese pubbliche. In effetti, non ci diedero mai nessun problema.
PG – Come mai il brano che più è rimasto nella memoria dei fans è Come to the Sabbat?
KT – Era una canzone inclusa in una raccolta della CBS che usci a quel tempo e che vendette un numero elevatissimo di copie. Inoltre era una canzone abbastanza commerciale; era una cosa abbastanza divertente, tanto che, per lo stesso principio, l’abbiamo ri-registrata io ed i Pendragon (un gruppo della nuova ondata progressive) di recente ai Bray Studios vicino a Windsor, un luogo dove ai tempi si filmavamo sempre i film di Dracula con Christopher Lee. La combinazione luogo-canzone è stata abbastanza divertente.
PG – In quale contesto musicale si inserivano i Black Widow? C’era un movimento musicale dark di più vasta portata, oppure i vari gruppi avevano radici e storie diversificate fra loro?
KT – La nostra idea della musica abbinata al teatro era piuttosto intellettuale, non era pretenziosa: noi credevamo in quello che facevamo, sia il soggetto trattato che la band erano qualcosa di tremendamente serio. I Black Sabbath erano molto più una finzione sia nel testo che nell’immagine, tremendamente seri e duri dal punto di vista musicale, ma per niente occultisti. Era un rock molto più commerciale, concreto, semplice nella struttura: Black Sabbath rientravano nei canoni assai più di noi. C’era una struttura a base di cambi di tempo, di ritmo, assai complessi: scrivevamo in modo diverso. Quello che scrivevano loro sull’occulto aveva una angolazione divertente che il nostro modo di scrivere non aveva. Noi ci basavamo su autentici brani di letteratura occultista: era tutto più serio, non avevamo alcun obiettivo commerciale.
PG – Si è parlato a lungo di un presunto dissapore fra voi ed i Black Sabbath, cosa c’era di vero?
KT – Ci incontrammo ad un festival in Germania e la cosa fu abbastanza buffa: quando arrivammo al festival dal nostro hotel ci imbattemmo in Ozzy & Co. e, a causa di questo vociferare riguardo ai due gruppi, immediatamente entrambi abbiamo pensato la stessa cosa. Dovevamo celebrare il nostro incontro in qualche modo, così guidammo entrambi i furgoni l’uno contro l’altro fino a toccarci con i paraurti, uscimmo e facemmo finta di fare una rissa. Ovviamente la stampa fece molto rumore a riguardo: alcuni presero lo scontro seriamente, altri per quello che era, cioè uno scherzo. Da allora tutto andò perfettamente fra le due bands tanto che alla fine ci ritrovammo gestiti dallo stesso manager.
PG – Cosa pensi di gruppi come i Venom o i Mercyful Fate?
KT – Sono O.K., ma non mi sembra che siano autentici come si spacciano di essere, o come credono di essere. La popolarità che raggiungemmo come band fu dovuta a pura fortuna. Come detto, ci interessava l’occultismo, non diventare delle star, non cercammo di diventare famosi e credevamo in quello che facevamo. A me sembra che molti di questi nuovi gruppi cercano di usare l’occultismo per far carriera, è un veicolo. I Black Widow da questo punto di vista erano molto naif, non ci rendevamo conto di quello che facevamo. Oggi è tutto indirizzato verso il denaro, la fama: è un diverso modo di pensare. C’era una certa magia e spontaneità nei Black Widow che non si trova ormai più. E per questo che mi piace Ronnie James Dio: c’è qualcosa in lui che mi ricorda il nostro approccio. E’ ovvio che è business-oriented, cerca di essere commerciale, ma c’è qualcosa di magico in lui ed ha un grande talento. lo mi diverto a fare quello che faccio ora, che, in un certo senso, è come essere in una band: ti mette a contatto con tanti artisti di talento. Non volevo essere trentenne e cercare ancora di affermarmi come artista, i trent’anni sono il limite per valutare se hai avuto successo, oppure no. Alcuni continuano, ok, ma non mi sarebbe andato bene continuare. Ancora collaboro con i gruppi, canto un po’, ma non faccio più le performances di un tempo; il feeling è sempre lo stesso, comunque. Dalla mia posizione posso vedere i gruppi nuovi, crescere, posso loro insegnare in base alla mia esperienza passata, sono più consapevole di come si fa a raggiungere il successo, dei trucchi per sfondare. È divertente fare esperienza da un lato del business e poi passare dall’altra: se ne ha una visione veramente completa.
PG – Cosa è successo agli altri membri dei gruppo?
KT – Jeff, il bassista, ha uno studio a Norwich dove produce vari gruppi locali. Il tastierista credo che insegni musica, ma non sono sicuro. Il batterista era negli Showaddywaddy, ma non so che cosa ne è di lui dopo la fine di quel gruppo e Jim Gannon è, come detto, in Australia.
PG – Quali erano le influenze musicali dei Black Widow?
KT – Si può dire che a tratti il nostro sound avesse un sapore Jazz, più che una influenza; ci interessava molo, ma eravamo soprattutto un gruppo Rock. Il tutto era molto musicale, un caleidoscopio di vari stili, tutto quello che era buono: da C.S.N.Y. ai Led Zeppelin, agli Yardbirds, a Roland Kirk, anche la musica classica era inclusa.
PG – Nel 1985 i Black Widow potrebbero essere ancora citati come leader in quello che gli W.A.S.P. chiamano Psycho-drama abbinato alla musica. Purtroppo non sono mai andati oltre uno status di cult band che in pochi ricordano ormai, ma questo è spesso l’amaro destino di chi precorre i tempi dovendo appianare a sue spese tutte le difficoltà incontrate.
KT – Il gruppo si sciolse perché non eravamo soddisfatti del terzo album. La mia ragione personale era la dipartita di Jim Gannon, senza il quale la band non aveva, a mio avviso, nessuna ulteriore motivazione per esistere. La forza ed il carattere della band era stato quello che rappresentammo all’inizio. Quando lui se ne andò mi sentii molto solo nelle idee e divenne una band qualsiasi per me: aveva perso quel sapore speciale che l’aveva caratterizzata; non era più originale. I Black Widow erano Jim Gannon: lui fu l’ideatore iniziale, lui era il direttore musicale, molto era guidato da lui. lo controllavo la maggioranza degli aspetti visivi della band ed i testi; io e Jim lavoravamo a stretto contatto: per un periodo abbiamo diviso lo stesso appartamento. Abbiamo vissuto tutto il progetto assieme: scrivemmo il secondo album, che doveva fare seguito a “Sacrifice” su temi di occultismo, ma non fu mai approvato dal resto della band e dal manager, così non se ne è fatto niente. Fu quello il momento in cui le cose cominciarono a deteriorarsi, perché il secondo album non era all’altezza. Dopo aver lasciato i Black Widow io andai con Jim in un altro gruppo e ricominciammo tutto da capo.
PG – Come si chiamava?
KT – Il nome era Cottonmouth, ma non facemmo mai nessun concerto, perché ebbe una vita brevissima… Ci sono delle possibilità che io e Jim collaboreremo ancora assieme in futuro, scriveremo qualcosa e ci avvarremo dell’appoggio di un gruppo di ragazzi giovani per sviluppare un nuovo concetto. Non sarà necessariamente basato sull’occulto, sarà qualcosa di nuovo, di magico. Non ci chiameremo Black Widow e non li useremo neanche come veicolo per presentarci al pubblico. Si userebbe l’esperienza acquisita nel periodo Black Widow per un nuovo progetto, non potrebbe essere la stessa cosa perché la curiosità che ci spingeva verso l’occulto non c’è più; i tempi sono cambiati e riproporre la stessa cosa sarebbe una falsità…
…Hai mai letto i libri che ho scritto secoli fa?
La Clavicola di Salomone è niente al loro confronto.
Mettono a nudo le Arti Segrete che hanno sopportato i travagli del tempo e pratiche, una volta più esposte, che ognuno dovrebbe conoscere.
Tu giochi con il sangue, i capelli, il sudore, le unghie, le proprie cose per compiere azioni che la Fratellanza richiede.
Tu hai a che fare con specchi, bambole di cera, le stregonerie che hai imparato a memoria.
Folle tu sei, tu inciti i temporali ed i lampi, la pioggia e le tempeste.
Ti affretto ora a cercare i miei libri leggere le storie e le stregonerie che hanno rovesciato il mondo, confusione dappertutto, i quattro cavalieri dell’Apocalisse aspettano in eterno.
Il Talisman of Set era mio, i cavalieri hanno eseguito i miei ordini.
La Signora della Luna, mia moglie , Astaroth il suo nome.
Fianco a fianco usammo le stregonerie che fecero impazzire gli uomini giusti.
Prendi quindi e metti sottosopra il mondo, cerca e troverai, leggii miei libri, sì, impara da essi, ed il potere acquisterai.
“The Way to Power”, da Sacrifice, 1970
PIERGIORGIO BRUNELLI
Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti