Heavy

Intervista Hesperia (Hesperus)

Di Giuseppe Casafina - 15 Aprile 2017 - 14:29
Intervista Hesperia (Hesperus)

La recensione di “Caesar (Roma Vol.1)” è disponibile al seguente link.

 

1 – Ave a te Hesperus, benvenuto sulla pagine di TrueMetal.it!

AVE!

 

2 – Presentaci il tuo progetto Hesperia: creatura la quale, partendo da basi fortemente rumoristiche e sperimentali radicate in qualche modo al black metal più atmosferico, è sempre più giunta a delineare un sound epico, debitore al metal più classico, infarcito di un puro spirito italico.

Hesperia nasce dopo la mia esperienza col black metal italico degli anni ’90 con i Sulphuria (’92-’98).

Già con loro furono realizzati dei demo completamente in italiano, con alcune cose in latino, era una mia esigenza che proposi alla band già dal ’94. Nel ’97 lasciai i Sulphuria per costruire questo progetto, sicuramente ambizioso, chiamato Hesperia, uno dei nomi più antichi della nostra penisola, e forse più ricchi di significato simbolico-esoterico.

Hesperia è il nome dato dai Greci all’Italia, la terra della sera, e quindi dell’oscurità, poiché essi vedevano tramontare il Sole qui ad Occidente (spesso Esperia ha voluto indicare l’Italia e parte delle terre occidentali). Il nome deriva dal pianeta Venere, che  i greci individuavano nella parte occidentale della volta celeste, e chiamavano al mattino Lucifero ed alla sera Espero. Il nome doveva rappresentare un progetto musicale concettuale che parlasse della nostra penisola e delle sue ere in ordine cronologico, partendo dal periodo italico pre-romano e arrivando grosso modo all’età contemporanea. Questo per quanto riguarda il compendio storico, che deve comprendere degli album incentrati sulle ere storiche. Terminato il discorso con la storia avevo in programma un compendio di vari album incentrato sulle ere precedenti a quella pre-romana, trattate in maniera tradizionale-mitologica-esoterica, ma sempre riguardante l’Italia. E poi forse un altro compendio  di alcuni album basato su un’ipotetica era futura, concepita come un ritorno all’età dell’oro, come concetto Tradizionale. Non so se una vita mi basterà per tutto, intanto però siamo all’era romana del compendio storico.

Inizialmente la mia idea prendeva spunto un po’ dal discorso Bathory (periodo epico-pagano, soprattutto Hammerheart) e da quello che era l’album Dark Medieval Times dei Satyricon (che parlava di medioevo con il bm) ed era mia intenzione traslare il tutto su tematiche ed atmosfere appunto italiche, senza fermarsi ad una sola era (come il medioevo, la classicità, etc.), ma trattandole tutte. Non è detto che debbano essere trattate in ogni album solo in maniera storica: a volte faccio ricorso alla mitologia e alla letteratura, nonché al teatro e al cinema.

Dopo un rehearsal (quasi inascoltabile direi) destinato solo alle etichette, iniziai con l’idea di trattare l’era preromana con quattro album sull’ENEIDE di P.M. Virgilio. Un’intera tetralogia dedicata a quella che per me è l’opera più importante e rappresentativa in Italia, il poema sacro romano: è ricco di riferimenti alle epoche preromane, alla mitologia, al simbolismo esoterico, al paganesimo in sé, e trasuda epicità da ogni poro… insomma, siamo italiani, e poco abbiamo a che spartire con un’epicità fantasy in stile Signore degli Anelli, opera oltretutto impregnata di mitologia nordica (senza nulla togliere ai capolavori di Tolkien, ma non mi sento portavoce di questo tipo di cultura) . Potevo trattare in altro modo l’epoca preromana, magari trattando dei vari popoli italici prima di Roma, ma a mio avviso la scelta è stata la migliore, perché oltretutto il poema narra della discendenza di Roma (la gens Iulia, di Romolo e Cesare) dall’unione del sangue troiano (Enea) e latino (Lavinia). Ovviamente il linguaggio usato doveva essere necessariamente italiano e latino. Sicuramente per rendere al meglio l’ENEIDE non potevano bastare i presupposti delle influenze di partenza, e fu così che me ne infischiai, dando spazio a qualsiasi influenza possibile, per rendere quello che all’epoca chiamai Metallo Hesperico o Hesperiano (arcaico italico), e poi Metallo Italico. Differenzio il termine italiano, che ha connotazioni solo geografiche, da italico, che per me racchiude concetti più profondi e culturali.

Arrivare al debut “Aeneidos Metalli Apotheosis pars I” (nome composito, latino e greco; i greci non sono gli eroi come nei poemi omerici, ma i nemici dei troiani, dico questo perché purtroppo troppe volte ho letto  gente dire che io tratto tematiche greche, probabilmente confondendosi con l’Iliade di Omero) non è stato facile, poiché il disco è stato registrato tutto in “analogico” e solo alla fine riversato in digitale. La stessa grafica e la traccia multimediale con la storia illustrata è stata realizzata cercando ritagli cartacei, fotocopie in biblioteca da vecchi libri, dato che non possedevo un PC, e tanto meno usavo internet (ma credo che pochi lo usassero all’epoca). Lo stesso carattere dei titoli è stato realizzato a mano da me. Poi un grafico ha scansionato tutto secondo le mie direttive e ha realizzato l’artwork. Una gestazione di ben 5 anni, per un prodotto lo-fi che usava il basso (e nessuna chitarra, né tastiere) con distorsioni apocalittiche al limite del rumore, oppure suoni ambient, che all’epoca non assomigliava a nulla da come mi dicevano le critiche, e che solo pochi amarono davvero molto. Effettivamente il mio intento era sia  di rendere l’atmosfera dell’ Eneide al meglio, sia creare un prodotto molto grezzo e rumoroso, secondo i miei gusti, sia realizzare qualcosa di “unico”. Non è a mio avviso tanto importante l’originalità o l’originarietà, ma l’organicità di questi elementi, e l’organicità di un’opera che possa riunire in sé passato (influenze e storia), presente e futuro (originalità ed esperimento), che insieme sono “eternità” in sé ed “eternità dell’opera”. L’album vide la luce nel 2003.

Per gli album che continuarono la saga sull’Eneide il genere si spostò su qualcosa di più “concreto”, usai chitarre ed anche tastiere, mi riavvicinai alle mie vecchie influenze black metal per poi riplasmarle ancora in una sorta di involuzione di influenze che toccò generi sicuramente più vecchi del bm, che lo avevano anticipato o influenzato: la nwobhm prima, poi subentrarono il rock identitario, il prog italiano, la musica lirica, le colonne sonore, il folk italico e romano e via via fino ad arrivare di nuovo ad un prodotto (Metallvm Italicvm, che chiuse la saga sull’Eneide) che non era pienamente accostabile a nessun genere… semplicemente perché Hesperia è Metallo Italico, non potrebbe essere altrimenti. In parallelo avvenne il passaggio da sonorità lo-fi e distorsioni esagerate ai limiti dell’ascoltabile, a sonorità più hi-fi con distorsioni più calibrate che non avevano più l’intento di compromettere i timpani dell’ascoltatore, ma di avvicinare a questo tipo di tematiche anche persone non abituate a suoni efferatamente estremi. Con Caesar probabilmente mi sono spinto ancora oltre. Ma la cosa importante non è che tipo di generi ci sono nel calderone, ma è “perché”: non è un connubio fine a se stesso, ma i generi e gli elementi musicali vengono usati al fine di rendere appieno la storia, l’epoca trattata, trasportarci dentro l’ascoltatore, e chiaramente definire questo tipo di METAL tutto italiano.

 

La copertina delle edizioni standard & digipak di “Caesar (Roma Vol.1)”.

 

3 – …ed eccoci arrivati ad un traguardo molto ambizioso: la storia di Cesare in salsa Metal-Opera!

Ascoltando il disco, si evincono subito le cospicue dosi di studio, passione e costanza necessarie alla messa in atto di un traguardo così avvincente, quasi una sfida con se stessi e, perché no, con il proprio pubblico. Il tuo sincero fanatismo riguardo il disco pare anche aver generato una singolare edizione box limitata a poche copie contenente un gioco a tema appositamente realizzato da te!

Deduco che tale operazione (  -Il concept su Cesare e non il box – Nda )  sia stata messa in atto per celebrare il ventennale di Hesperia… deduzione esatta o forse ho osato troppo nel porre tale coincidenza sul piatto?

In realtà l’album su Cesare era previsto da anni come monografia da trattare per iniziare il percorso sull’era romana.

Invece l’edizione in box è stata proprio pensata per celebrare il ventennale di Hesperia.

Direi che quello che hai percepito dell’album è giusto, ed oltre alla costanza dietro c’è un ammontare di lavoro davvero esagerato su tutti i fronti, che stavolta mi ha portato davvero allo snervamento. Hesperia è diventata una sorta di lavoro a tempo pieno praticamente non retribuito, e per questo sono giunto ad un crocevia: in futuro o rallentano i tempi d’uscita degli album, o devo trovare gente motivata per collaborare.

Caesar è stato realizzato in due anni, prima con la creazione del canovaccio del concept, poi con la composizione dei brani, poi con un periodo di pre-produzione di un mese e mezzo per decidere i vari strumenti, i software, pre-registrazioni demo, quali accordature fossero più adatte ad ogni brano (nell’album sono state usate tre accordature diverse), etc. Poi gli arrangiamenti, la produzione e la registrazione di tutti gli strumenti , la post-produzione, e infine diversi mesi per realizzare la grafica. Più di due mesi solo per la copertina, e quasi due settimane con la seconda copertina del box (poiché l’aquila romana è stata disegnata e creata interamente da me). Tutto per creare l’effetto finale che volevo anche nella più piccola sfumatura. Ti dico solo che l’artwork è un file di circa 200 layer, e deve rispecchiare la nostra epoca, il punto d’incontro tra l’eccessivamente artefatto ed il reale (vediamo delle foto che sembrano rendering e rendering che sembrano foto), quindi c’è una base fotografica reale ma fortemente artefatta ed elaborata. Non mi era mai successo prima di creare un artwork così elaborato, ma credo che non si ripeterà. Il concetto di copertina è un’allegoria dell’antica centralità e supremazia ITALICO/ROMANA,con riferimenti alle vicende salienti della vita di Giulio Cesare. La donna a sinistra è allegoria della GALLIA (e in generale rappresenta i popoli antichi a nord e ovest di Roma/Italia); la donna a destra in basso è Cleopatra d’Egitto (e in generale rappresenta i popoli antichi a sud/est di Roma e dell’Italia).

Ho chiesto consulenza per alcune cose riguardanti le divinità gallo-celtiche e la cultura gallica a M degli Skoll/True Endless e Abibial degli Imago Mortis. Abibial, oltre all’attività con gli Imago, ha scritto anche un libro ed è uno studioso del substrato culturale dell’Italia del nord, in particolar modo del folclore locale della bergamasca, e collabora con l’associazione identitaria Terra Insubre. Per non parlare poi di Behoram Uallas di Fortebraccio Veregrense che ha fornito la Crotta (CRWTH) per le registrazioni, un antico strumento gallo-celtico che può essere pizzicato o suonato con l’archetto.

Nel brano Aegyptvs (Tema di Cleopatra) sono stati necessari un approfondimento e una rispolverata anche musicale dell’uso delle scale egizie per rendere l’atmosfera al meglio.

Molto laborioso è stato anche il fatto di voler usare la pronuncia antica dell’epoca romana ai tempi di Cesare, per le parti in latino, in luogo di quella accademica. Quindi CAESAR non è stato pronunciato Cèsar, ma CAISAR.

A questo proposito non era sufficiente la mia conoscenza del latino, ma è stato necessario rivolgersi ad un consulente: Andrea Verdecchia, autore del libro “I MITI ITALICI”. A volte è capitato di dover ri-registrare parti di voce in cui avevo sbagliato quel tipo di pronuncia, molto difficile per chi ha imparato il latino nella maniera canonica.

Mi è capitato di leggere di gente che parla di latinisti semplicemente per aprire bocca e dargli fiato, come se l’album fosse stato creato senza le dovute accortezze, e questo senza aver neanche ascoltato l’album. E’ incredibile la superficialità di gente, che si pone in maniera tale da sparare a zero su un album che non ha neppure ascoltato.

A prescindere dal fatto che il risultato finale possa piacere o meno, trovo che il “preconcetto” sia ben individuabile all’interno di un giudizio, ed il preconcetto non è altro che uno dei tanti parenti dell’ignoranza (dato che si ignora, non si conosce bene ciò di cui si sta parlando) figlia di un sistema che non sa più nemmeno lontanamente cosa voglia dire “approfondimento”. Ancora più grave se questo atteggiamento non viene da un’utenza media, ma da gente che scrive libri, o articoli di giornale.

 

4 – Ascoltando il disco (che, non per sviolinare  a caso, in ogni caso ho apprezzato davvero molto) si evince una forte inclinazione verso dei suoni di fortissima matrice Heavy, come Iron Maiden, Warlord, Virgin Steel, Savatage: persino il basso sembra trarre ispirazione dal buon Steve Harris, senza contare la tua rielaborazione sinfonica del noto pezzo ‘The Ides Of March’ (qui ‘Le Idi Di Marzo’) di Maideniana memoria.

Parlaci di quanto le influenze siano fondamentali per l’attuale muro sonoro di Hesperia, ma allo stesso tempo esprimici fino a che punto secondo te sia necessario evitare di farsi influenzare per lasciar spazio a quelle che è la propria vena artistica, il cosiddetto tocco personale diciamo. Ti chiedo ciò non a caso, in quanto in “Caesar” percepisco appunto una forte vena personale che si miscela benissimo ad un suono che mai e poi mai si vergogna di esporre le proprie muse ispiratrici. A te la parola.

Come accennavo sopra, agli inizi col primo album, nonostante le molteplici influenze, tra i miei intenti c’era quello “secondario” di creare composizioni che non “ricordassero” nessuna influenza, e quindi di creare qualcosa di unico.

Con il passar del tempo ho iniziato a far percepire maggiormente certe influenze, in maniera quasi “tributaria”, tanto è grande la mia ammirazione e la mia passione per certa musica e certe band grandiose, ma nonostante tutto ho notato che il suono di Hesperia rimaneva personale, con i suoi marchi di fabbrica ormai ben distinguibili, e soprattutto dopo tutti i cambiamenti involutivi od evolutivi che siano, si può notare tra il penultimo e l’ultimo album una sedimentazione degli elementi che creano uno  stile, che mantiene determinate costanti e raggiunge una sua stabilità. Non per nulla il penultimo album si intitola proprio Metallvm Italicvm, ed oltre a concludere la tetralogia sull’Eneide è anche un manifesto di questo stile da cui prende il nome.

Parlando di influenze, sono davvero molteplici le band metal, o rock, o di altro tipo che amo e che spesso mi provocano scintille creative, e mi continuano a regalare momenti di pura pelle d’oca tanta è l’arte che hanno espresso nella loro musica e concettualità. Ma personalmente ho cercato da sempre di acquisire la musica facendola mia come lezione, e mai scimmiottando le mie influenze. Ho cercato di capire, di sentire, cosa animasse quelle note, evitando di ricalcare (come troppo spesso succede nel nostro genere). E soprattutto ho cercato di studiare sia i concetti che la musica.

Tra quelli che hai citato, sicuramente i Maiden (i primi 7 album) sono da sempre al primo posto delle mie preferenze, e nel caso di Ides of March non si tratta di una scelta arbitraria, ma vincolata e allacciata al concept dell’album; essa è una cover “concettuale”, inserita nel tessuto concettuale e narrativo dell’album, poiché Cesare morì proprio alle Idi di Marzo, e ho trovato quel brano strumentale dei Maiden perfetto per il suo titolo e per la sua atmosfera. Lo stile con la quale è stata “coverizzata” è però quello di Hesperia; il brano è stato eseguito con la stessa identica struttura ma in forma orchestrale, e solo le soliste elettriche sono rimaste le stesse, cercando addirittura di fare gli assoli di chitarra nella maniera più simile a quelli originali. Il primo assolo è stato eseguito da me, il secondo dall’ottimo Clemente Cattalani (Sleazer, Scala Mercalli). Tra le altre band da te citate, direi i Warlord, ma soprattutto i Savatage hanno avuto su di me una grossa influenza, e più che i Virgin Steel direi Manowar e Manilla Road, e tutto l’epic old school degli ’80, nonché il metal e l’hard ‘n’ heavy old school, ma anche thrash/speed, death metal vecchia maniera, black e proto-black degli anni ’80: tante band Nwobhm, Running Wild, Wasp, Cacophony, Celtic Frost/Hellhammer, Mercyful Fate/King Diamond, Motorhead, Death (primi 3 album), Possessed, Coroner, Bathory. Parte a se costituisce la scena italiana degli anni ’80, inizio ’90, e possono citare i The Black di Mario Di Donato, i Bulldozer (Neurodeliri su tutti), i primi Necrodeath, gli Schizo ed i primi Sadist.

Sicuramente anche gli anni ’70 hanno da sempre una forte ascendente su di me: Black Sabbath, Rainbow, Uriah Heep, progressive rock italiano (Goblin e Simonetti, Biglietto per l’Inferno, Orme, Banco, PFM, etc.), prog estero (Genesis, King Crimson, etc.).

Anche i primi anni ’90 hanno avuto un forte peso soprattutto per la spinta che, agli esordi di Hesperia, venne dal bm: primi Immortal, i primissimi Satyricon, Necromantia, Graveland, Carpathian Forest, certo pagan bm e nsbm e altri… fino a poco più di metà ’90.

Nei ’90 considero grandiosi gli italo-sloveni Devil Doll, musica al di là di ogni genere, di classe, oscura, eterna.

Altre influenze di Hesperia sono il folk, il neo folk, il martial industrial, le colonne sonore (soprattutto film italiani), l’ambient, la lirica, la classica.

In CAESAR possiamo anche aggiungere certe influenze del rock psichedelico di fine anni ’60 (Arthur Brown, tra l’altro il primo ad aver inauguarato il corpse paint; The Moody Blues, The Cream, etc.), influenze perfette per rendere il lato sciamanico romano dell’album; poi il rock ‘n’ roll, persino nelle componenti che lo hanno originato, perfetto per rendere un brano come il Tema di Bruto, il brano dell’antagonista, dal feeling swing, blues, blackened rock ‘n’ roll (ci trovi da Elvis, all’italiano Buscaglione ,ai Carpathian Forest, ai Savatage).

Tuttavia in Caesar oltre a convivere influenze decisamente più vecchie rispetto alle mie solite, ci sono anche influenze più moderne; in effetti non disdegno qualcosina di più moderno, come alcune cose dei Rammstein o dei Tool.

Nonostante questo “metallo italico” sia qualcosa di nuovo o diverso da tutto, non considero Hesperia “avantgarde” ma “retrogarde”. Non creo esperimenti sonori avanguardistici fini a se stessi semplicemente per “innovare” l’arte o la musica. Io creo un suono italico adatto a storie italiche, è chiaro che sia diverso da tutto; i contenuti pescano dalla storia italiana e della musica, guardano al passato, ma non in maniera nostalgica, bensì per andare verso il futuro, e per creare qualcosa di concreto per il presente. Guardare solo al passato è revival e nostalgia, guardare solo al futuro è pura avanguardia, sperimentazione sradicata dal passato, guardare solo al presente è moda. Se si vuole ambire all’opera “eterna” devono essere presenti le tre componenti temporali, che insieme sono l’eternità.

Per quel che riguarda il basso, be’… ho iniziato come bassista, sicuramente Harris è stata una grossa influenza, davvero preponderante, come anche De Majo, col suo stile quasi chitarristico, ma anche Cliff Burton, Di Giorgio, Geddy Lee, lo stesso Lemmy Kilmister, ma con il tempo sono subentrate influenze di bassisti anche extra metal. Mentre all’inizio cercavo di fare molte note col basso, andando avanti nel tempo ho cercato un equilibrio, cercando di capire il vero groove di un brano, perché a volte può bastare anche una sola nota di basso che si ripete, ma suonata con vero groove e precisione. La stessa cosa per le plettrate. All’inizio ero un purista delle dita, adesso uso le dita, ma anche il plettro, dipende dal suono che voglio; su Caesar le tracce 9 e 11 sono suonate con le dita, le altre col plettro. C’è da dire però che negli ultimi 17 anni mi sono dedicato di più alla chitarra. In musica non c’è una tecnica migliore o una peggiore, o una quantità di note minima (c’è chi dice meglio poche, o meglio molte), dipende sempre da cosa devi fare, cosa devi rendere, cosa ti serve, cosa vuoi comunicare.

 

Artwork di “Caesar (Roma Vol.1)”

 

5 – Sempre parlando di “Caesar”, il cantato non è certamente il tipico stile da “sirena power metal” per così dire, in quanto tutto il disco dal punto di vista vocale si mantiene su toni bassi, epici e quasi narrativi più che cantati. Da qui nasce appunto quel tocco personale citato poc’anzi: come mai questa scelta inusuale in un mondo come quello del metal, dove la bonaria esagerazione verso l’estremo in ogni senso ne è la caratteristica distintiva?

Il cantato di Hesperia prende decisamente spunto dal teatro, e da quelle forme di metal più teatrali come ad esempio un certo King Diamond che usa la voce modulata in maniera tale da interpretare i vari personaggi delle sue storie, la narrazione, e passa dal cantato vero e proprio al teatrale. Parlo di uso della voce non di timbrica, dato che con Hesperia non uso quel tipo di falsetto (che comunque a me piace). Come ti dicevo, cerco sempre di trarre una lezione dalle mie influenze e non di scimmiottarle, quindi per me quello che è molto importante nei cantanti metal che mi hanno influenzato (principalmente anni ’80) non è tanto la tecnica quanto la personalità e l’interpretazione. Prendiamo un Jon Oliva (Savatage), un mostro di tecnica e potenza, ma allo stesso modo un interprete straordinario con una personalità vocale enorme. Lo stesso Dickinson dei Maiden era soprannominato la sirena, ma non ha niente a che spartire con le sirene del power anni ’90; se guardiamo al periodo dei Samson o al suo periodo aureo nei Maiden, anche lui non aveva solo tecnica, ma grande vena interpretativa che lo faceva passare da toni più puliti, a più aggressivi e rochi con gran disinvoltura e personalità. Ma tra le mie influenze vocali potrei citare anche Di Anno, il Quorthon del periodo black, o Dead, o Jeff Becerra dei Possessed, Evil Chuck dei Death (ebbene si, oggi molti non lo ricordano ma all’epoca era soprannominato così), o i Coroner e gli Wasp; ma nonostante questo difficilmente sentirai somiglianza con questi paradigmi, poiché ne ho estratto la lezione e cerco di usare la “mia personalità vocale”, cercando di usare i pregi che ho, e sforzandomi di trasformare i difetti in pregi, ed essere il più interpretativo possibile. Anche il rock italiano è parte importantissima nell’uso della voce, e su tutti Demetrio Stratos degli Area, ovviamente irraggiungibile ed ineguagliabile, o il Pelù degli anni ’80, o i Nomadi, oppure lo stesso Mr Doctor dei già citati Devil Doll.

Diciamo che con Hesperia le timbriche sono diverse, e passo dallo scream, al pulito, ad una voce roca intermedia che forse è il vero Hesperus (spesso usato come narratore), dal recitato al cantato. Se guardi al mondo del metal i cantanti tecnici sono molti, e molti sono poco distinguibili, ma quelli che hanno una voce che dà spazio alla propria personalità inimitabile ed unica (a volte senza enorme tecnica) sono od erano pochi.

 

6 – Per la seguente domanda, partirò con una lucida constatazione di fatto: Hesperia è spesso bistrattato nei propri confini natii per i motivi più disparati (e spesso futili, ad onor del vero), mentre all’estero appare quasi venerato. A tal punto, anche se mi rendo conto che possa apparire velenosa come cosa, parlaci del tuo rapporto con la scena metal italiana: pro e contro della stessa. Cosa vi è già, cosa non vi deve essere in essa, cosa manca tuttora. In fondo nel tuo caso parliamo di un musicista attivo da ben più di 25 anni nell’attività metallica dello Stivale Tricolore, quindi suppongo che avrai molto da raccontare in merito.

Eheh, una bella patata bollente la scena italiana. La scena italiana, che non esiste…

Diciamo che: se per scena (e parliamo di metal) si intende l’insieme delle band, delle etichette, distro, media e quant’altro del circuito italiano, allora usiamo pure il termine scena. Ma se per scena si intende (come si dovrebbe) un’entità compatta che include tutto questo (almeno in un sottogenere del metal), allora la scena in Italia NON ESISTE.

Si hai regione avrei molto da raccontare e se vuoi ne parliamo anche in questa sede, tanto il lettore è comodo di fronte al pc, la sedia ce l’ha, e se si stanca clicca o chiude.

Quando ho iniziato ad avere contatti con questa fantomatica scena, il pc non c’era. Con i Sulphuria (dal ’92) avevamo solo contatti “cartacei” con le band, con le etichette, e quant’altro. Internet non era così diffuso ancora , i pc avevano costi proibitivi, almeno per noi mortali, ed erano per pochi. Noi facevamo black metal in Italia, eravamo tra i pochi dei primi ’90, e all’epoca fare bm in Italia era come essere una specie di marziano, soprattutto in un luogo come “le Marche”.

Non è solo una questione di aspetto, face painting e tematiche, dato che l’Italia (e le Marche) in questo ha una tradizione fin dai ’70, con band antesignane. E’ anche questione di attitudine sonora; insomma parliamoci chiaro, erano già non in moltissimi a sentire metal, ancora meno ad ascoltare death e musica estrema, figurati il black metal che già contava poche band all’estero, ed era stata la svolta più recente.

C’erano quelle poche band contemporanee (o più vecchie se parliamo di un bm inteso come negli anni ’80, cioè hm satanico), con cui ci si scambiavano i demo, le lettere etc. C’erano le etichette spesso inaccessibili, ed altre cosiddette “etichette” che si ponevano più come agenzie, ergo: ti chiedevano fior di soldi per stampare supporti. A quel punto noi preferivamo continuare con i demo, perché a mio avviso, se una band merita e merita davvero, DEVE necessariamente trovare consensi a livello del mercato discografico, e prima di tutto deve trovare un’etichetta disposta a credere ed investire nella sua musica. Altrimenti sarebbe un’ipocrisia (persino verso se stessi), tanto vale continuare ad auto-prodursi, piuttosto che tirar fuori fior di soldi per vantarsi di uscire sotto un marchio che si è semplicemente “pagato”. Questo atteggiamento, che nel tempo è rimasto o peggiorato, non favorisce la diffusione “dell’arte”, ma del business, e dell’inflazione musicale; qualsiasi band o persona insomma può far stampare, promuovere, anche a livello planetario, il suo lavoro, anche se artisticamente penoso, l’importante è che abbia i soldi per farlo. Sono assolutamente contrario a questo tipo di atteggiamento, che purtroppo finisce per favorire chi ha il portafogli pieno, piuttosto che favorire chi crea “arte”. Ancor di più posso dire che questo sistema di cose è peggiorato da altri fattori, come ad esempio l’omologazione. L’omologazione dei generi musicali, la standardizzazione, sono semplicemente delle forme di commercio che hanno preso piede dagli anni ’80 in poi, a tal punto da diventare la forma principale di pensare ai prodotti musicali, tanto che se qualcosa si discosta da un’etichetta di “genere” e da questa standardizzazione, è sicuramente sfavorita. Ma è proprio lì che spesso troviamo l’arte vera. Attenzione perché io non sto parlando solo di omologazione di genere, dato che ci sono molte band avantgarde ed altro che vanno per la maggiore; io parlo anche di omologazione di criteri di registrazione, del suono e quant’altro. Considera che, quando ho iniziato, il primo di Hesperia andava davvero contro tutti i criteri e gli standard di qualsiasi buona norma da fonico. C’erano distorsioni date da strumenti registrati in analogico a rosso, che facevano clippare tutto di continuo, c’era rumore bianco a volontà, infrasuoni, suoni fastidiosi per la massa e per l’orecchio umano, strumenti che non stavano sulle loro frequenze (alcuni bassi stavano su frequenze più alte delle chitarre!); ma io volevo così e me ne fregavo di tutto.

Non dico che questi siano canoni da seguire, ma dico solo che oggi il 90% dei prodotti suonano “tutti uguali”.

Ovviamente questi sono problemi che non coinvolgono solo l’Italia. L’Italia o meglio l’Italietta del metal sicuramente ha  più problemi, e il più grosso è l’enorme esterofilia, sia conscia che inconscia:

– il fatto di scimmiottare tutto quello che vien dal metal o dal rock estero. Il metal e i suoi sottogeneri troppo spesso sono stati percepiti come Bibbia da seguire, piuttosto che come lezione da immagazzinare e ri-vomitare in maniera personale.

– il fatto di favorire tutto quello che viene dall’estero, e di sminuire tutto quello che viene prodotto dall’Italia.

Si guarda con diffidenza al prodotto Italiano, e spesso gli stessi recensori tendono ad accorciare le braccia piuttosto che  pompare le band di casa, atteggiamento completamente opposto rispetto agli altri paesi. Considerando che in Italia avere un lavoro è grasso che cola,  suonare è manna dal cielo e portare avanti un progetto con costanza è utopia, suonare poi metal in Italia è come suonare la polka in Africa, il recensore che taglia le gambe è senz’altro la ciliegina sulla torta.

– L’invidia profonda e viscerale tra le band. E’ giusto che ci sia un po’ di competitività… insomma parliamo di Metal, e un po’ di combattività è vitale, non guasta mai, ed  è molto più stimolante del lisergico, ipocrita e 70iano peace & love; ma a tutto c’è un limite, ed in Italia questo limite spesso si sorpassa, creando situazioni ai confini del grottesco che rendono davvero sterile ogni tentativo di creare una scena, o di lavorare per dar voce a qualcosa di fruttuoso.

– ed ancora il mancato senso dell’orgoglio di appartenenza a questa cazzo di terra, che porta certa gente a non capire che se qualcuno fa qualcosa che riesce ad oltrepassare i confini, va SUPPORTATO, non demolito, perché la sua voce è anche quella del resto del paese. Si potrà anche non apprezzare in pieno la proposta, ma in ogni caso il resto cosa fa? Parla male, spara merda. Si parla si parla si parla, e quando qualcuno “agisce” o raggiunge certi obbiettivi, l’italiano medio (oppure l’italiota) è infastidito, perché non riesce a far altro che seminare vento e raccogliere tempesta. Per fare un esempio: vedo una news che parla di Hesperia, e del fatto che è stata trasmessa una canzone ad una radio inglese. Ci si dovrebbe rallegrare che un brano tratto da un album su Cesare, cantato oltretutto in italiano, compaia in una scaletta in mezzo a band mainstream tutte anglofone, perché è “la nostra cultura” che sta facendo breccia. Invece vedo subito commentini infastiditi, di gente che senza aver ascoltato l’album (non è ancora in streaming) già fa sparate sull’artwork. E’ una situazione che definirei vergognosa.

Per questi ed altri motivi Hesperia ha trovato più riscontro all’estero in questi 20 anni. E’ strano se si pensa che parliamo di un progetto che porta uno dei più vecchi nomi della nostra penisola, e che canta in italiano e latino tematiche culturalmente italiche, ma è così. Sul fronte etichette, se si eccettua il primo periodo in cui fui nel rooster del Male Production di Porz (che raccoglieva voci fuori dal coro), e la Old Italia (etichetta di Lord Inferos, dei Legion of Darkness; che contribuì col Male Prod. a stampare il secondo album), i supporti in glass master di Hesperia sono sempre usciti per etichette all’estero rimaste entusiaste del lavoro musical-concettuale di Hesperia. La prima fu la Blazing Productions, etichetta olandese che produceva band pagan e nsbm (Spear of Longinus, Dub Buk, Dark Thule, Devilry, Legion od Doom, Bannerwar, etc.); poi fu la volta della Sleaszy Rider Records, per la quale sono usciti 3 album incluso Caesar. La SR Records oltretutto è un’etichetta che ha uscite molto note come Rotting Christ, Ancient, Holocaust e ultimamente anche lo split Necrodeath/Cadaveria; ma fa uscire anche album decisamente mainstream in esclusiva per la Grecia: Motorhead, Whitesnake, Blackmore’s Night, Def Leppard, etc.

Nessuna grossa o media etichetta italiana ha mai creduto in Hesperia finora.

Anche a livello di ascoltatori all’estero ho molti più fan (soprattutto Germania, Sud America, Messico, Giappone, Francia, Belgio, ma anche Finlandia), e spesso e volentieri non ho neanche bisogno di aggiornare la pagina su Metal Archives perché lo fa sempre qualcun altro dall’estero. C’è da dire però che quelli che seguono Hesperia in Italia sono pochi ma davvero buoni sostenitori, e colgo l’occasione per ringraziarli del loro supporto.

E’ anche strano vedere come i punteggi ottenuti nella valutazione degli album all’estero in media siano sempre stati più elevati, considerando che canto in italiano e all’estero non è nemmeno comprensibile in linea di massima quello che dico, e considerando che fuori dall’Italia c’è la tendenza di pompare il prodotto di casa, tendenza inversa a quella generale italiana.

Se poi invece guardiamo al discorso di studi di registrazione ed agenzie, mi posso ritenere fortunato poiché fin dai primi passi di Hesperia la F.O.R.A.R.T. (forart.it) di Marco Ravich mi ha sempre seguito e supportato, ed infatti è produttore esecutivo dell’ultimo album. I primi album a livello di studio di registrazione erano co-prodotti dal fonico Fabio Severini, mentre Metallvm Italicvm è stato interamente prodotto da DPF Studio (attualmente Ulag Zone).

Quindi da questo punto di vista ho trovato sempre persone che credevano nel suono e nella proposta di Hesperia.

 

Artwork di “Caesar (Roma Vol.1)” – 2

 

7 – Parliamo ancora del passato del metal tricolore, focalizzandoci sempre sul tuo punto di vista: prima di Hesperia infatti, eri attivo nella black metal band Sulphuria, e persino i tuoi primi passi come Hesperia parevano indirizzati verso una rielaborazione in chiave sperimentale/rumorista del suono Black Metal.

Cosa ti ha spinto verso un cambio così radicale di sonorità? Si tratta di un naturale bisogno di esplorazione musicale oppure di volersi distaccare da un pubblico, quale quello del black italiano, da sempre in parte pronto a criticare tutto e tutti ( – Per i lettori: spiacente, ma aldilà dei luoghi comuni spesso questo è quello che vedo e chi ci rimette siamo tutti noi! E ve ne parlo da sincero promotore a mio modo del metal italiano e del Meridione in primis… – Nda) per motivi come già scritto poco sopra, spesso futili e di poca sostanza?

In fondo la critica costruttiva serve alla costruzione di un nostro futuro, ma se non vi è costruttivismo della critica, tale non è nemmeno una critica quanto un insulto a tratti immotivato: sei d’accordo? Rimembro a proposito, esempio perfetto in tal senso, un commento sul nostro portale proprio a proposito di Hesperia, in quanto secondo taluno l’unico merito apportato dal tuo progetto alla scena italiana sia stato quello di apportare tricolori in ogni dove…un po’ esile come ‘critica’ invero…e perfetto specchio di quanto esposto finora.

Pare che non molti siano a conoscenza dei tuoi vecchi progetti di tentata unificazione della scena italiana (www.scena-italica.org/)…

Più il tempo passava più mi rendevo conto che il black metal era un capitolo chiuso per me.

Non voglio essere frainteso, io stesso continuo a supportare, a collezionare diverse band black metal davvero molto underground, è un genere che amo ascoltare davvero molto, e soprattutto oggi come oggi quando acquisto un album bm, prima mi guardo per bene l’esterno per coglierne l’attitudine, poi mi leggo i titoli, infine se questo per me passa me lo ascolto. Insomma lo considero ancora non semplicemente un genere musicale come tutto il resto della musica che ascolto, ma una corrente di pensiero musical-concettuale.

Però… c’è un però; facciamo un esempio col punk: la vera essenza del punk ha avuto la sua grande fiamma nel ’77 fino al ’79 circa, e poi il resto è stato revival, e business, come nei primi ’90 le band di punk californiano, che non puoi includere nell’attitudine del punk di quegli anni, che rappresentò una vera e propria rivoluzione anche a livello di usi e costumi, come del resto anche il rock ‘n’ roll. Il Black metal, su fronti opposti, ha rappresentato una vera e propria corrente ideologica, sociale e quant’altro, non semplicemente un genere musicale, ma una delle manifestazioni in musica e attitudine meno compromesse dal sistema che si siano mai viste, con tanto di azioni di protesta e ribellione. Il Nero non ha sfumature per quel che ne so, altrimenti non è più nero, ma è grigio o altre tonalità di colore. Oggi nel bm abbiamo una varietà infinita di combinazioni di questi colori, che vengono sintetizzate in etichettature a volte paradossali (ecological black metal? Allora è green, non è nero). Come per il punk, anche il Black Metal ha avuto la sua grande fiamma che ha bruciato in fretta, ma tra il ’91 e il ’95 o ’96 a dir tanto. Il resto è semplicemente musica, chiamiamolo black, o come cavolo vogliamo, ma spesso di ideologico ha ben poco, e di attitudinale ancora meno. C’è ancora qualcuno che cerca di mantenere determinate attitudini “estreme” in coerenza con quel periodo, ma io credo che quell’ondata sia stata un’estremizzazione di ciò che c’era di estremo negli ’80, e sia finito con l’avvento della diffusione via web.

A questo punto posso dire che con i Sulphuria facevamo black metal, e con serena concordia io e gli altri vogliamo che quel periodo rimanga legato a quegli anni, i ’90, e ai supporti fisici, al cartaceo etc. Siamo contrari a diffondere online brani “ufficialmente” (se lo fanno altri non possiamo farci nulla e non è nostro interesse).

Con Hesperia, pur partendo da radici bm alla fine dei ’90, e pur avendo inizialmente consistenti influenze di bm oltranzista, non ho mai voluto etichettarmi bm, poiché per me è stato sempre più importante seguire una strada di definizione del termine “italico” più che del termine black o addirittura “metal”.

Quindi per questo motivo la definizione del suono e del “Metallum Italicum” è stata una sorta di percorso alchemico, dall’opera “al nero” fino all’oro. E quindi pian piano le influenze black si sono fatte meno preponderanti, ma di black è rimasto lo spirito, che spesso anima la musica, che non è mai qualcosa di completamente solare, ci sono passaggi di un’epicità più “dorica” in Hesperia, ma non sarà mai happy metal, o metal per ragazzini, ma sempre metal per chi come me ascolta il genere e la musica da anni. E’ anche questo il punto: leggendo in giro commenti e quant’altro, vedendo  come si è oggi inflazionata la scena black (come il death un tempo, alla fine degli ’80 – inizio ’90), ormai per la maggior parte pullulante di ragazzi davvero giovani nati molto dopo il periodo che io ho vissuto nel genere, ma più che altro osservando la spocchia con la quale molti di essi seguono il genere credendo di dire a te che l’hai vissuto cosa è o cosa non è il genere stesso, o cosa è giusto fare (o magari ti dicono che vuoi insegnargli qualcosa e per questo se la prendono, solo perché gli parli di come era un periodo che hai vissuto dal vero e non in maniera virtuale tramite il web anni dopo)… non ho nessun interesse ad avere un pubblico del genere.

Per quanto riguarda il commento dei tricolori messi un po’ ovunque, be’… forse a forza di schiaffare ed infilare tricolori a destra e manca a caso, me ne è finito uno in qualche posto scomodo o doloroso e forse a qualcuno non ha fatto piacere, ahahah;

A parte gli scherzi: se quanto ho detto finora riguardo all’opera del progetto Hesperia lo azzeriamo, allora sì, allora possiamo parlare solo di tricolori sulle copertine.

Però dobbiamo togliere: il fatto di cantare in italiano e latino fin dai tempi dei Sulphuria , precisamente dal demo del ’96, dobbiamo togliere le tematiche appartenenti alla cultura italica, quindi anche la tetralogia dell’Eneide, dobbiamo togliere l’uso di strumenti italico romani (sistro, crotali, tibia, cimbali etc.), dobbiamo togliere gli esperimenti con l’opera e la musica lirica, dobbiamo togliere le influenze dalla musica romana antica (ricostruita da band eccezionali come i Synaulia), dobbiamo togliere le influenze del prog italiano, l’uso della pronuncia arcaica nell’ultimo album… insomma… dobbiamo togliere tutto il progetto Hesperia; ecco che allora hanno regione queste persone, poiché se togliamo tutto rimangono  i tricolori.

Purtroppo certa gente oggi crede di poter dare un giudizio su un’intera discografia, assai eterogenea per giunta, semplicemente basandosi su di un ascolto “skippando” di qualche mp3 trovato in rete. Sono i preconcetti di cui parlavamo sopra, sarebbe inutile anche l’ascolto poiché costoro già ti hanno bollato da prima. Oltretutto trovo davvero improbabile, se non impossibile, che uno stesso giudizio possa esser fatto calzare alla completa discografia di Hesperia, dato che dal primo album all’ultimo c’è un abisso, ed in comune ci sono solo alcuni segni distintivi della personalità; questa è un’ulteriore comprova che certa gente si basa sull’aria fritta più che su esperienze reali d’ascolto, per generare altra aria fritta.

E’ vergognoso che qualcuno “proprio” in Italia si metta a fare il bastian contrario a progetti che cercano di fare breccia proprio usando la nostra lingua e le nostre radici più genuine.

Cosa posso dire: se non vi piacciono i tricolori, se non vi piacciono le aquile romane, se non vi piace nemmeno la gnocca in copertina, è un problema più vostro che mio… il tricolore dove lo metti lo metti sta sempre bene per un italiano, è orgoglio da ostentare. In definitiva: dove li metto io riguarda solo me, perché l’album è il MIO, e nel MIO album ho la più vasta libertà di mettere la musica che voglio e  l’artwork che voglio e fregarmene di tutto e tutti, quindi se vi crea fastidio “dove vi ho messo il tricolore” ovviamente non potete toglierlo, ma potete non acquistare l’album, non ascoltarlo, non guardarlo, senza blaterare troppo. Imparate a parlare di meno e ascoltare meglio, così almeno potrete commentare con cognizione di causa e non a vanvera, o in alternativa imparate “a fare musica” più che criticare chi “la fa”, perché la musica si fa con gli strumenti in mano, non scrivendo commentini come i ragazzini dispettosi con la tastiera di un pc.

Oggi tutti si sentono competenti su tutto; personalmente ora non esercito più, ma nella vita sono architetto ed ho esercitato per circa dieci anni, quindi credo di avere un briciolo di cognizione di causa in merito a questioni storico-artistiche e culturali, e quindi quando faccio qualcosa, che sia la più  kitsch o che sia la più sobria, lo faccio perché “so cosa sto facendo”.

Ricollegandomi al discorso scena e alla tua domanda, direi che è vero il fatto che c’è stato da parte mia in collaborazione con altri un progetto di unificazione, o meglio “di compattazione” della scena in Italia, e precisamente parliamo del 2006, anno in cui fu creato il progetto ”SCENA ITALICA”.

L’embrione del progetto è un altro progetto precedente, chiamato Civiltà Hesperiana, una sorta di associazione culturale che creai nel 2003 insieme ad altri con rispettivo sito, ed un “dettagliato” MANIFESTO di intenti, diviso in 5 capitoli (lo trovate ancora su http://www.scena-italica.org/hesperiana/). La Civiltà Hesperiana era il contraltare teorico di quello che in pratica è Hesperia, e si prefiggeva di individuare gli elementi che potevano creare un genere “metal” tutto italiano, o meglio italico, appunto “metallo italico”.

Questo portò 3 anni dopo a pensare di poter traslare questo discorso su scala nazionale e nacque il sito della Scena Italica (Optima et Maxima Scaena Italica). Il fulcro era la MAPPA ITALICA, una mappa d’Italia divisa per “regioni”, ed un indice diviso per categorie, dove vennero riportate tutte le realtà italiane (CONSENZIENTI) come band, etichette, circoli di band, artisti, promotori etc. che avessero in comune una sola cosa : l’ITALICITA’, intesa come un approccio alla propria forma d’arte od operato che abbia in sé in qualche modo la “valorizzazione” della nostra cultura. Non era troppo restrittivo come concetto, nel senso che bastava poco (persino band che cantavano in inglese tematiche culturalmente nostre). L’operato della scena italica fu particolarmente attivo tra il 2006 ed il 2012, la mappa fu riempita quasi su tutte le regioni con nomi parecchio famosi nella scena, e con nomi più underground, e nel forum si possono trovare discussioni culturalmente molto interessanti in diverse discipline (precedentemente definite dal Manifesto della Civiltà Hesperiana). Il progetto non si proponeva un’opera di unificazione intesa come“appiattimento” a livello nazionale, ma teneva conto del fatto che l’Italia ha in sé delle forti “realtà regionali” con una propria personalità, ed è proprio questa una delle caratteristiche peculiari del nostro paese, ed è anche questo uno degli elementi che il progetto metteva in evidenza senza snaturarne l’essenza (anche cantare nel proprio vernacolo è qualcosa che può essere considerato chiaramente “italico”); quindi non stiamo parlando di un circolo di band, ma di un’“idea”, un concetto semplice e puro, appunto l’ITALICITA’. Si arrivò ad organizzare due eventi “rappresentativi” chiamati Scaenarium Italicum, divisi in tre parti: conferenza, banchetto e concerto. Il primo evento è del 2009 (la parte della conferenza e del banchetto avvenne al Castello di Caldarola, MC; al concerto si esibirono Morkal e Funera Edo), il secondo del 2010 (si esibirono Malnàtt, Draugr e LCF). Si stava organizzando il terzo, ma trovai molti ostacoli nel panorama italiano per i locali etc. Considera che il grosso del lavoro era sulle mie sole spalle nonostante i collaboratori, e che purtroppo, se si eccettuano alcune realtà davvero collaborative, la maggior parte di chi veniva inserito tendeva a fregarsene “della scena” e del progetto; finché c’è da prendere della promozione va tutto bene, ma quando ci sono da dire due parole qua e là, ai fini di “una SCENA” o di un progetto “per LA SCENA” di cui si fa parte, pochi hanno l’accortezza di ricordarsene.

Stanco e stufo di questa attitudine da parte della nostra cosiddetta “scena” che rema contro se stessa sono giunto alla conclusione che in Italia una scena NON PUO’ ESISTERE, ed ho preferito focalizzarmi totalmente su Hesperia. Come dicevo prima c’è troppa cura del proprio orticello, molti non hanno mai capito che lavorare alla creazione di una SCENA compatta avrebbe portato giovamento ad ogni realtà; basti l’esempio della scena del bm norvegese: una scena rinomatissima al punto tale che il mondo intero valorizza qualsiasi band scalcinata uscente da lì… basta che sia norvegese. Prima di loro c’è stato il Death della Florida, la Nwobhm in Inghilterra, lo speed canadese, quello tedesco, il Thrash Bay Area, etc. Questo meccanismo col Metal italiano non si è mai innescato, è stato sempre episodico. Potremmo forzatamente parlare di una caratteristica e piccola scena black-thrash o protoblack  comprendente Necrodeath, Schizo, Bulldozer, che ha portato alla maturazione di qualcosa ancora più personale con l’esordio dei Sadist; ma niente di più a livello di direzione univoca e compattezza, se non piccoli tentativi di realtà locali e di circoli di “poche” band (ma qui non stiamo parlando delle élite). In passato l’Italia ha avuto delle vere e proprie scene in altro ambito: il prog italiano, l’hardcore (punk) italiano, il rock new-wave sono state scene rinomate e con delle caratteristiche ben definite, che hanno fatto scuola in tutto il mondo (prima tra tutti l’opera lirica…).

Nonostante la non esistenza di una scena compatta, in Italia esistono anche oggi band importanti, e superiori persino ai prodotti esteri, nel metal e nel bm.

Oggi se parliamo di Metal io sono più per l’ANTI-SCENA; tanto se non esiste la scena, meglio che sia così, e cercare di non farla esistere, come è stato da sempre.

In ogni caso la Scena Italica è ancora online, anche se il sito è ormai davvero attempato nei contenuti e nella grafica, al link che hai citato: http://www.scena-italica.org/

Nonostante tutto, in attesa del risveglio della marmotta, se qualcuno riesce in questo intento di creare una vera scena in Italia nel metal, ben venga, mi congratulerò con lui. Chissà forse un giorno…

 

8 – Tornando al presente, parlaci delle fasi di produzione del disco: pare che ad esempio le parti da tenore siano state registrate all’interno di luoghi aperti molto suggestivi.

Qui aprirei una necessaria parentesi sul discorso “luoghi all’aperto, o luoghi particolari”. Diciamo che fin dall’inizio con Hesperia ho cercato di registrare in ambienti particolari, e anche di fare foto in ambienti d’eccezione, e sovente è capitato di dover chiedere dei permessi.

Quando a fine ’90 iniziai la prima parte di Aeneidos, avevo un 4 tracce portatile, alimentabile anche a batterie, quindi era perfetto per portarmelo ovunque. Per la voce molte parti furono registrate in alcune grotte del monte Conero (riviera del Conero), e la foto in copertina è stata scattata a novembre proprio in quel luogo, sotto il monte Conero. E’ un luogo ricco di leggende marchigiane, folclore e magia, e si getta a picco sull’Adriatico.

Per il remake de “Il Ritorno di una Civiltà Arcaica”, la voce e diversi suoni ambient sono stati catturati sui Monti Sibillini o monti della Sibilla, poiché l’ambientazione di quell’album è proprio in quei monti come si evince dalle foto. Le foto sono state scattate in parte in quei luoghi ed in parte alle grotte di S. Eustacchio, nei pressi di S. Severino Marche (non lontano dagli scavi romani di Septempeda). Grotte scavate dall’uomo, dove si trova anche un antico monastero ora in abbandono; rimngono solo rovine in mezzo a boschi e ruscelli.

Per “In Honorem Herois” la batteria è stata registrata in un vecchio casolare in abbandono, nelle campagne marchigiane, un luogo particolare anch’esso oggetto di leggende. E da qui in poi iniziai ad inserire la documentazione fotografica nella traccia multimediale.

Spiritvs Italicvs è stato registrato al Castello di Pievefavera (MC), un borgo-castello di circa 77 abitanti, presso il quale ho abitato per poco più di un anno. E’ un luogo molto affascinante (purtroppo colpito dal terremoto dello scorso anno), ricco di storia. Le foto dell’album sono state scattate alle rovine dell’anfiteatro Romano di URBS SALVIA, Urbisaglia , MC (che d’estate è luogo di rievocazioni con gladiatori e spettacoli teatrali), ma per questo è stata necessaria l’autorizzazione della Soprintendenza, come anche per le foto del successivo Metallvm Italicvm, scattate presso le rovine del teatro romano di HELVIA RECINA (MC). Per metà dell’album sono presenti come sottofondo alcuni effetti “non invasivi” ambient catturati lì e le parti registrate lì, mentre nell’altra metà ci sono altri suoni catturati presso il lago di Pilato (o della Sibilla), nei monti Sibillini, luogo magico ed iniziatico per eccellenza, presso il quale la tradizione vuole che anche lo stesso Virgilio si sia recato.

Arriviamo dunque a Caesar. Questa volta le foto “in costume” non sono state scattate all’aperto, ma le foto per gli studio report sono documentazione dei luoghi interessati dalla stesura dell’album. Mi sono recato a Savignano sul Rubicone, fiume che Cesare attraversò pronunciando la fatidica frase “il Dado è Tratto” e qui ho catturato suoni d’ambiente che si possono ascoltare bene alla fine di “Alea Iacta Est”. Anche se questo piccolo corso d’acqua è indicato come Rubicone, sicuramente il corso del fiume all’epoca era diverso (e il ponte è una ricostruzione postuma). Ma questo non interessa, a me interessa il valore simbolico.

La voce del tenore Christian Bartolacci è stata registrata invece all’Arena SFERISTERIO, a Macerata (MC), mia città natale, con l’autorizzazione dell’ufficio cultura del comune di Macerata. L’arena Sferisterio è un luogo molto rinomato in Italia e nel mondo per gli appassionati dell’opera lirica, e d’estate ospita all’aperto un’eccezionale stagione lirica (in passato ho anche avuto il piacere di partecipare come figurante ad opere di Verdi e Donizetti e viverla quindi molto da vicino e da dentro).

C’è anche un piccolo filmato ufficiale come documentazione di retroscena sulla registrazione del tenore allo Sferisterio.

 

La copertina della versione Box LImited dell’album

 

9 – Il sound del disco è veramente particolare: sulle prime ho anche storto il naso in verità, reputandolo troppo secco e con poco ambiente, ma sono bastati pochi ascolti per rendermi conto che tale scelta produttiva è sicuramente un’ulteriore mossa atta a rendere il tutto maggiormente intelligibile, per far sì che l’epicità narrate tra le liriche possa scatenarsi nella sua vera essenza. O meglio, tutto questo è solo una mia impressione…dimmi la verità, quanto ci ho preso e quanto ho sbagliato? ( – Domanda posta in modo insolito, ma in altra maniera non avrei saputo fare, chiedo venia! – Nda )

Sì giusto. Anche questo è stato un percorso, ed inizialmente registravo con un ambiente anche fin troppo “bagnato” come si dice in gergo, cioè imbevuto di riverberi, nella maggior parte dei casi anche naturali.

Quello che cercavo è la “distanza” dall’ascoltatore, volevo rendere oltre che “l’ambiente” anche “la distanza temporale” degli eventi narrati. Pian piano l’approccio è cambiato, e a tratti l’ambiente e la distanza rimangono (ad esempio sulle parti in stile colonna sonora), ma voglio che la voce sia ben comprensibile, ben vicina “per catturare” l’ascoltatore, la sua attenzione, e trascinarlo negli eventi. La distanza di “tutta la musica e della voce” in qualche modo può anche creare barriere, e sinceramente avevo sperimentato abbastanza su quel discorso; spesso troppo riverbero, anche se crea ambiente, “indebolisce” la potenza della musica, quindi i riverberi in questi ultimi album sono calibrati in vario modo nella durata dell’album, e le parti rock-metal sono più asciutte, altre parti più bagnate, addirittura alcune con delay e riverbero sulla voce, altre con “reverse-reverb”  (effetto che a me piace molto).

La voce in particolare: ho voluto che non si amalgamasse in un unico impasto con la musica , ma fosse bene “in faccia” all’ascoltatore, anche in maniera irruenta. Una voce “all’italiana” se vogliamo, ma è così che deve essere secondo me il prodotto di Hesperia ora come ora. In ogni caso, anche se il prodotto è digitale, i miei riferimenti sono abbastanza old-school anche per quanto riguarda i suoni, e credo che si senta. Il mastering , che è il vestito, avrebbe potuto rendere il tutto abbastanza moderno, ed una prima prova di mastering del suono propostami dal fonico (Ulag, DPF, Ulag Zone) effettivamente mostrava un’amalgama decisamente più moderna e con voce decisamente più bagnata, ma sono stato io a non volerlo in quel modo.

 

10 – Prima di chiudere: hai già qualche idea circa il futuro della tua creatura?

Dopo Caesar c’è un altro disco che chiuderà gli album sull’epoca di Roma, e sarà un excursus dalla sua fondazione all’epoca Augustea. Poi inizierò gli album sul medioevo in Italia, ma ancora una volta con forte focalizzazione sulle Marche e i Sibillini. Per questi album probabilmente ci sarà una maggior presenza di elementi bm.

Poi ci sarà un album sul rinascimento in Italia, e così via fino ad arrivare alla contemporaneità, ma il resto è da decidere.

 

11 – Purtroppo vorrei ancora discutere a lungo, ma purtroppo ogni cosa ha il suo finale! Saluti a te Hesperus e grazie per la tua disponibilità.

Grazie a te e a TrueMetal Giuseppe!