Recensione: 0,05%
Metal estremo ed elettronica, quanto tempo è passato dalle prime commistioni
tra questi due generi apparentemente antitetici: si era nel 1999 con Animatronic,
discusso ma innovativo album dei The Kovenant; a cui seguirono poi
diversi esperimenti di vario tipo, tra cui l’ottimo A.M.G.O.D. dei
finnici …And Oceans. Perché questo cappello introduttivo per un altro
gruppo finlandese, gli Scorngrain? Perché le due band citate sono le
prime coordinate stilistiche utili ad inquadrare un album come 0,05%,
e disgraziatamente anche le ultime.
La sostanza stilistica degli Scorngrain è infatti un metal
moderatamente estremo, basato su di un riffing tra il death ed il thrash: suoni
puliti, una pesante effettistica a coprire diverse sezioni dei brani ed una
mancanza pressoché totale di virtuosismi strumentali. Cadenzati, questi nordici
non sembrano voler mai pigiare troppo sull’acceleratore, rimanendo entro i
confini di quel metal “estremo da salotto” che certe etichette (ed il
successo degli album succitati) hanno propagandato persino all’eccesso, fornendo
false chimere a schiere di imitatori.
L’aggravante è che non si tratta nemeno di un gruppo di primo pelo: non ho
avuto il piacere di ascoltare il precedente Cyberwarmachine, ma lo stile pare
sia rimasto praticamente invariato. Così come la voce di quel cantante che
risponde all’eccentrico nickname di Enema Boom Boom, dall’impostazione grezza,
sgraziata, decisamente thrashy e che difficilmente si accorta a suoni così
artificialmente cibernetici, anche perché decisamente poco dotata.
L’elettronica: anche qui, c’è da migliorare. Così come i
Tidfall in passato, anche gli Scorngrain si riducono a considerarla
un orpello per canzoni tutto sommato ascoltabili, ma altrimenti banali, e non ad
usarla per destrutturare uno stile, per reinventare un genere; e il risultato è
a volte quasi fastidioso, per lo scollamento che si crea tra il lato prettamente
‘metal’ del gruppo e quello ‘sintetico’ che gli si sovrappone.
In almeno un caso abbiamo un’idea davvero azzeccata, e parlo dello sporco
effetto di energia statica modulato su un refrain davvero avvincente (che rende
però la canzone un po’ troppo ballabile, forse) di Shot Down, episodio
migliore del disco: un risultato che, se fossi in loro, considererei
attentamente per il prossimo disco. Per il resto siamo di fronte ad un album che
mostra ancora i limiti di una band che troppo facilmente, come mille altre
oggigiorno, arriva a registrare e distribuire un full-length. Se ci fossero
ancora gli esami a settembre gli Scorngrain se ne prenderebbero
tranquilllamente un paio, pur passandoli probabilmente senza troppo problemi.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. The Code 04:22 [mp3]
2. Toadstool Journey 03:23
3. Mural 04:10
4. Off with Their Heads 04:04
5. Übermensch 04:34 [mp3]
6. Draw the Line 04:10
7. Shot Down 04:16
8. Mama Stabber 04:25
9. Teaspoonful 06:27 [mp3]