Recensione: = 1

Di Francesco Maraglino - 6 Ottobre 2024 - 8:00
= 1
Band: Deep Purple
Etichetta: earMUSIC
Genere: Hard Rock 
Anno: 2024
Nazione:
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78

Il primo incontro del vostro recensore, un milione di anni fa, con il rock duro è stato proprio quello con i Deep Purple. Ancor oggi, il sottoscritto ricorda nitidamente la sensazione di pericolo che gli indussero, ragazzino,  al primo ascolto, certi riff  per lui minacciosi tipo quelli di Burn (quindi parliamo di Mark III, dunque con in formazione lo zio Glenn e lo zio Dave – che diede lontano inizio puranche ad un’altra passione collaterale, quella per i Whitesnake).
C’è sempre, quindi, da parte del vostro umile “critico musicale”, un poco di timore reverenziale ad accostarsi ad un nuovo album proprio dei Deep Purple. “E se, proprio stavolta che il Capo redattore mi ha affidato la recensione di un loro lavoro, mi toccherà parlare di un loro disco brutto o almeno trascurabile?”

Con questo spirito ci siamo accostati all’ascolto di “= 1”, il parto recente di quella che è ormai la Mark IX della band, e fin dall’inizio ogni timore scompare.

In particolare, ci sorprendono piacevolmente i brani a nostro avviso al top del dischetto, non paragonabili, certo, ai classici del remoto passato, ma all’altezza degli ottimi dischi degli ultimi tempi. Parliamo di tracce tutte catchy ed energiche come A Bit On The Side (ove la voce di Ian Gillan è istrionica, le tastiere di Don Airey imperversano e la chitarra dell’ultimo arrivato Simon McBride è nervosa quanto basta), Pictures Of You, l’opener Show Me (dagli efficaci riff chitarristici e dalla prestazione del canto un tantino “senior” ma espressiva) e Portable Door (in cui Ian fornisce una delle sue prestazioni migliori da queste parti).

Non mancano un paio di slow, come If I Were You (e qui il chitarrista ultimo acquisto della line-up commuove addirittura, mentre il vocalist sembra far più fatica)  e una jazzy I’ll Catch You.

Goduriosamente zompettanti sono, poi, l’accattivante Lazy Sod e un’ Old-Fangled Thing dai riff circolari ed uncinanti.

In definitiva, il nuovo “= 1” dei vecchi leoni dell’hard rock non propone niente d’innovativo (né c’era da aspettarselo, naturalmente).  Snocciola bensì un rosario di brani di rock pesante come si faceva una volta: canzoni dalla grande ritmica e inondate di spazi liberi per tasti d’avorio e chitarre che s’insinuano e si librano dappertutto, a volte assumendo connotazioni quasi prog.
Affiorano frequentemente spunti blues, e la grande attenzione che tutti avevamo sul nuovo innesto arrivato Simon McBride – “giovanotto” di quarantacinque  anni in mezzo a compagni di ventura tutti quasi ottantenni – è premiata da una prestazione maiuscola. La voce, come si diceva, appare un tantino invecchiata ma porta a termine il suo compito comunque grazie a stile, espressività  e mestiere.  Grande show anche per Don Airey, un marchio inconfondibile per il sound dei Deep Purple, come ben evidenziato anche da  No Money To Burn.

I timori (reverenziali, si diceva) del vostro recensore sono dunque decisamente fugati e “= 1”  è senz’altro un bell’ascoltare.

Francesco Maraglino

 

 

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