Recensione: 1184
Uscito nell’ottobre del 2001, “1184” rappresenta il terzo full-lenght dei Windir, gruppo norvegese nato nel 1994 come one-man group da Valfar, ragazzo che aveva precedentemente suonato in numerose bands death/black. Tuttavia queste opportunità non colpirono il suo interesse e decise di creare un gruppo suo, ma non trovando dei compagni compatibili con le sue idee decise di fare da solo.
Sebbene in questo album si siano aggiunti al gruppo Hvàll e i componenti della sua band Ulcus, Valfar mantiene il posto di leader del gruppo svolgendo ancora una mole di ruoli veramente notevole: programmazione, screams, fisarmonica, basso, chitarra e synth . Il Cd si presenta molto bene già da un primo sguardo, infatti la grafica del libretto è molto curata e rappresenta in copertina un quadro dell’artista romantico norvegese J.C.Dahl: viene raffigurato un gruppo montuoso innevato attraversato da un ampio fiume quieto… Tutto sembra essere statico, avvolto in un vitreo silenzio immutato da migliaia di anni e la stessa immagine è ripresa nel Cd. Le lyrics sono scritte da Valfar e Hvàll in inglese a parte “1184” e “Heidra”, scritte in un antico dialetto norvegese detto “Saognamaol” tipico di Sogndal, paese nativo dei componenti del gruppo. Questo dimostra che i Windir vogliono essere fedeli alle loro origini (abbiamo lyrics in questa parlata locale in tutti i lavori del gruppo) senza tuttavia precludere i loro dischi ad un vasto pubblico.
E’ interessante come il tema delle lyrics non sia omogeneo, ma tratti temi come l’odio, l’egoismo, l’orgoglio nelle songs in inglese, mentre le due sopraccitate canzoni scritte nel dialetto norvegese sono le sole a riprendere il tema del titolo: si parla della più sanguinosa battaglia navale mai avvenuta in Norvegia, scoppiata nel 1184 quando i cittadini del paese di Sogndal cappeggiati da un uomo di nome Arntor si ribellarono al loro tirannico sovrano Sverre per le eccessive tasse da lui pretese. Il re mandò una flotta con lo scopo di sedare nel sangue la sommossa, ma un sovrano locale gli si oppose nella speranza di succedergli e nella battaglia che seguì 2000 persone persero la vita, mentre Sogndal fu rasa al suolo. “1184” e “Heidra” sono dunque state scritte in onore dell’eroico Arntor e del suo odio verso il tirannico re Sverre.
Il Cd si apre con la track “Todeswalzer” (parola di origine tedesca), intro veramente ottima che parte con una malinconica melodia fatta con il synth alla quale si attaccano quasi subito le chitarre con un riff veloce e aggressivo supportato dalla lodevole voce di Valfar. La batteria ha una linea agile ed è molto buono a mio avviso l’effetto che dà la doppia grancassa che si insinua nel riff di chitarre iniziale, mentre le voci pulite (ad opera di Cosmocrator) contribuiscono a dare un aspetto imponente al tutto. Apprezzabili anche i cambi repentini di velocità che spezzano la track rendendola più varia. La successiva “1184” segue il filo della canzone precedente con un intermezzo melodico accompagnato dalla fisarmonica. Questa track rappresenta un perfetto connubio tra arrangiamenti in stile black e ritagli tipicamente folk, realizzazione in perfetto stile Windir. “Dance of Mortal Lust” e “The Spiritlord” partono entrambe abbastanza tirate, ma vari cambi di velocità portano a fasi melodiche accompagnate dalla voce pulita che creano una situazione energica e minacciosa ben riuscita nella sua specificità. “Heidra” ha un’ atteggiamento più ridondante e tende a ripetersi, ma conserva una buona dose di vigore, grazie anche agli egregi screams di Valfar, e verso la conclusione una martellante melodia ci accompagna verso “Destroy” che ha le cadenze di un inno di guerra con la pressante e feroce presenza della batteria unita agli immancabili intermezzi melodici in questa canzone veramente sorprendenti nella loro magnificenza, che creano un tripudio di sonorità contrastanti che raggiungono una maestosa sintonia e rendono questa canzone un altro incredibile esempio di quello che è lo stile windiriano. Ci avviciniamo ormai alla fine del Cd con la penultima song “Black New Age” che funge da tramite verso la conclusione dell’opera snodandosi da riff decisamente black ed aggressivi verso sonorità più quiete che ci introducono alla conclusiva “Journey To the End”. Quest’ultima track mostra una particolarità: mentre l’inizio segue il filo conduttore di tutto l’album e, come spesso accade nelle outro, tende a smorzare l’aggressività in favore di un epilogo volto più a creare un’atmosfera epico-maestosa, qui viene aggiunto anche una coda eseguita con synth e batteria piuttosto insipida che a mio avviso si stacca troppo da quello che era l’armonia dell’album e che tende inoltre a strascicarsi per troppo tempo posticipando in modo eccessivo la conclusione. Questa può a mio parere rappresentare l’unica pecca di un album in ogni caso veramente ben fatto che trova senza problemi un posto accanto a gruppi come Amon Amarth, Enslaved, ma che manifesta anche una certa affinità con dischi come “Enthrone Darkness Triumphant” dei Dimmu Borgir.