Recensione: 1348
1348, annata ammaliante, ispirazione per molte black metal band rapite dalla potenza distruttrice della celeberrima epidemia pestilenziale, viatico verso la morte per milioni di esseri umani.
Anche i nostrani Speculum Mortis non sfuggono al magnetismo negativo di cotanta sventura e decidono di impostarvi il loro album d’esordio, scegliendo anche il proprio monicker in relazione ad essa, quel “Speculum Mortis” titolo d’un tomo medievale descrivente l’avvento della peste in Italia.
Concettualmente, il quartetto inscena un viaggio negli anni della sciagura, aprendo con la strumentale “1347”, efficace descrizione atmosferica ed “ambientale” dell’approdo in Italia del morbo a bordo delle navi genovesi. Dall’attracco dei bastimenti inizierà la narrazione dell’album, l’evolversi delle note musicali e del male fino alla conclusiva “1350”, ballata medievale con chitarra acustica, vento e cimbali, quasi un macabro omaggio alla morte vincitrice sull’uomo, che soddisfatta lascia la terra dei vivi.
Musicalmente, la band si esprime su canoni pagan black con richiami melodic, le cui influenze vanno dal duo Satyricon/Emperor fino alla citazione del black italiano dei Mortuary Drape e le corse melodiche dei Dissection. Ne scaturisce un carnet di tracce ben articolate, ricerca di strutture espressive dalla buona complessità strutturale, nota di una fiducia nei propri mezzi tecnici che supportano a dovere le scelte musicali. Certo, qualche lavoro di affinamento è ancora necessario visto il tocco “melodic” già citato che reclama una pulizia di primissimo livello, in particolare sotto l’aspetto della scorrevolezza di alcuni passaggi ritmici, ma lo stato attuale rimane più che incoraggiante.
Degli Speculum Mortis resta la personalità, la voglia di accelerare con vigore nordico come in “Livor Mortis”, di trasmettere il freddo della morte in “Speculum Mortis (Part 1)” con stacco “medievaleggiante” sul finale. Di loro emerge il tentativo, riuscito, di creare un’atmosfera propria per il disco, con tanto di piglio serioso dalla vena arcaica in “Vado Mori”, strumentale in latino dal forte sapore d’antico.
In una cornice convincente, mi lasciano perplesso le scelte vocali, quella tonalità atipica a mezza via con il Conte Varg ripulito in gran parte della ruvidezza dello scream, stile più elastico della regola black ma non altrettanto aggressivo. Posso ipotizzare che la scelta sia scaturita dall’intenzione di trovare un tono più dinamico e caratterizzante, ma più volte ho sentito “strana” la voce di Lord of Pestilence, rimpiangendo il classico strillo quelle rare volte che viene utilizzato. E’ brutto da dirsi così esplicitamente, ma con scelte vocali più aggressive e classiche, il disco avrebbe colpito prima il mio interesse, anche se è obbligatorio riconoscere, tra i vari lati positivi, anche la caratteristica di 1348 di crescere man mano che lo si conosce ed in tutte le fasi che lo compongono, cantato compreso.
Alla luce del concept che merita sempre qualche affascinata parola in più, vista la ricchezza di note contenute nel foglio informativo, mi piacerebbe che anche gli Speculum Mortis potessero seguire il percorso che ha reso famoso, tra le altre cose, il prodotto degli Spite Extreme Wing: includere le spiegazioni già abbozzate dei brani, arricchite ed enfatizzate, darebbe un ulteriore chiave di lettura (in tutti i sensi) all’opera.
Pur con qualche riserva, forse del tutto personale, gli Speculum Mortis restano una band da mettere al centro del proprio mirino e da soppesare con attenzione durante gli ascolti di 1348, perchè un esordio così lascia ben sperare.
Tracklist:
01. 1347 (Intro)
02. Macabre Triumph
03. Livor Mortis
04. Speculum Verae Penitentia
05. Pogrom
06. Speculum Mortis (Part 1)
07. Vado Mori
08. San Leonardo Fossamala
09. Outro (1350 Goodbye Medieval Time)