Recensione: 1991.Bloodstained
Ritorno alle origini.
“1991.Bloodstained”, il sesto album in carriera per i nostri connazionali Gory Blister, con il suo titolo – in un certo senso autocelebrativo – , ricorda la loro data di nascita, il 1991, anche se i temi trattati, cioè la descrizione poetica e visionaria delle tragedie e dei disastri causati dalla scellerata specie umana, riportano il tutto al 2018.
Anche la musica, seppur legata al caratteristico stile classico della formazione tarantina, mostra con convinzione un death metal moderno, in linea con quanto di meglio prodotto abitualmente in questo periodo. Ritorno alle origini sì, quindi, ma con i piedi ben puntati al presente.
Lo stile, come già accennato, è, a parere di chi scrive, la caratteristica principale che viene fuori con spontaneità da “1991.Bloodstained”. Si tratta di una tipologia che identifica, con una certa facilità – e qui di deve focalizzare l’attenzione – la formazione pugliese. Un’impresa sempre più difficile, giacché le band che prendono parte all’immensa, come numero, famiglia del death metal, ormai non si contano più per quanto siano numerose. Invece, i Gory Blister riescono a emergere con decisione dalla marea nera grazie a uno stile, si ripete, assolutamente personale. È sufficiente prendere a caso un qualsiasi segmento del platter per poter affermare: «sì, questi sono in Gory Blister!».
Merito, questo, di più fattori concomitanti. Anzitutto, del vocalist Paolo Quaglia (John St. John), il quale interpreta le linee vocali con un specie di growling/screaming del tutto suo, che gli consente di seguire l’onda musicale adattando a essa il suo cantato, peraltro intelligibile e non fissato su un modus operandi che porta invece a vocalizzi incomprensibili. Poi, la chitarra di Raff Sangiorgio, autrice di una moltitudine di riff mai uguali a se stessi, seppur obbedienti a schemi logici e significativamente rilevanti per la precisione delle varie sequenze di accordi. E per pulizia, rimandando in questo caso a un riffing dall’aspetto esteriore venato dalla precisione ritmica del thrash. Da rilevare anche la bontà degli assoli, portatori di melodia che, nel contesto generale, raffigurano un altro dettaglio mirato a costruire, per la sua parte, il Gory Blister-sound. Da non dimenticare la sezione ritmica, assai precisa e pulita, molto presente nel ridetto Gory Blister-sound con la sua costante e continua spinta, evitando di strafare in pattern indistinguibili fra loro, lasciando poco spazio, peraltro, ai blast-beats, comunque eseguiti in modo perfetto.
Ancora, il mood, spesso e volentieri profondo, venato da emozioni meste, trafitte da tristezza e mestizia, come ben esemplificato dalla morbida e trasognante strumentale ‘Mother’, identificabile nel cuore del sentimento che muove bocca, mani, braccia e gambe dei Nostri. In grado, grazie a una tecnica sopraffina, di strizzare l’occhio alla fusion (incipit e break di ‘My Insanity’). Questa song, baciata anch’essa dal morbido abbraccio della melodia, è forse quelle più rappresentativa dell’intero lavoro. In essa, cioè, sono insite tutte le peculiarità sopra citate che rendono i Gory Blister una realtà italiana di cui andare fieri.
Ultimo appunto, la cover di ‘Damage Inc.’, forse inserita per superare la mezz’ora di durata, eseguita tuttavia in maniera impeccabile, forse meglio dell’originale (sic!).
L’anima profonda ed emotiva dei Gory Blister merita di essere apprezzata dai fan del metal estremo e non solo giacché “1991.Bloodstained”, per la sua naturalezza e moderazione, si può dire che sia un’opera per tutti.
Daniele “dani66” D’Adamo