Recensione: 2 Ready 2 Live
Niente male quest Ocean Mind, power trio greco capitanato dal cantante e polistrumentista Zach Dulos e completato dai fidi Peter Perrakeas (chitarra e basso) e Lefty Papagiannakis (batteria). Il terzetto proveniente dalla capitale ellenica si costituisce nel 2008 e non tarda, stando alle note biografiche, a registrare e pubblicare un disco di debutto di cui non è dato sapere molto di più. Nel 2011 la svolta: gli Ocean Mind decidono di fare sul serio e si imbarcano per un viaggio verso la luccicante Hollywood: l’obiettivo è dare vita ad un album con tutte le carte in regola per giocarsela ad alti livelli, mettendo a punto il tutto sotto la direzione operativa di due personaggi di rilievo come Lee Popa e Ken Eisennagel, rispettivamente produttore di gruppi come White Zombie, Ministry, Tool e Korn e ingegnere del suono dei Megadeth.
Il risultato si può ben ascoltare tra i solchi di “2 Ready 2 Live”: un album tosto e potente, nel quale l’hard settantiano più minimale e la psichedelia morbida e sinuosa di quegli anni si fondono sapientemente con lo stoner rock. Le chitarre macinano riff grassi e cadenzati a getto continuo, le tastiere (declinate in forma di Hammond) avvolgono il tutto in un patina vintage che rimanda a tratti ai Deep Purple e a tratti ai The Doors, mentre la voce piena e cavernosa di Zach fa il resto, dipingendo melodie semplici quanto gradevoli ed efficaci.
Le canzoni si giocano all’incirca tutte su queste coordinate, mantenendosi su livelli di qualità medio alti e trovando il migliore high-light nella superba “Heavy Load”: un turbinare di chitarre sfrigolanti guarnito da spettacolari scorribande di Hammond e da un fantastico assolo che letteralmente esplode intorno al minuto 2 e 30 in un tripudio di fischi, scale ed armonici. Decisamente notevoli anche la successiva “Scissor Tongue”, un hard/stoner blues suonato e cantato con l’attitudine e l’indolenza dei ZZ Top più crepuscolari, la doorsiana “Am I Getting Right” e la conclusiva “Monkey Ear”, delicata ballata dai toni swing in cui la band dimostra grande eclettismo ed estrema padronanza dei propri mezzi.
Al tirar delle somme si tratta di un buon album di hard/stoner di impostazione decisamente tradizionale al quale non mancano, tuttavia, alcuni guizzi di genio. La qualità media dei brani è ragionevolmente elevata eppure il sasso lanciato dalle tre canzoni precedentemente citate (e, in particolare, dalla mai troppo lodata “Heavy Load”) se ne sta lì a dimostrare che gli Ocean Mind possono fare di più e di meglio, andando a sostituire le “soltanto” buone cavalcate purpleiane di cui “2 Ready 2 Live” abbonda, con brani più tesi ed ispirati in cui il marchio di fabbrica degli ellenici possa davero riuscire davvero a venire a galla in tutta la sua prepotenza.
Stefano Burini
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