Recensione: 35 Years of Evil Existence – Live in Lycabettus

A un anno di distanza dall’ultima fatica in studio, Pro Xristou, i creatori del black metal ellenico e di molte successive evoluzioni tornano con un monumentale album dal vivo di due ore di durata, lavoro che abbraccia l’intera (multiforme) carriera dei fratelli Tolis e dei loro sodali. Dopo aver celebrato il Giubileo d’Argento dieci anni fa con Lucifer Over Athens, i Rotting Christ celebrano 35 anni di malvagia esistenza con un’uscita davvero entusiasmante per i fan della band che, come già detto, si è distinta per non aver temuto l’evoluzione del proprio sound, a prescindere dal gradimento di fan e stampa. La suggestiva cornice di questo concerto è il teatro di Lycabettus, realizzato nel 1964 dall’architetto Takis Zenetos per poter mettere in scena i miti greci dell’antichità. Dunque i Rotting Christ non sfigurano affatto su tale palco, rappresentando indubbiamente una parte della mitologia greca, seppur più recente!
La Season Of Mist offre come di consueto edizioni di lusso per gli amanti del formato fisico: triplo LP colorato (arancione o nero marmorizzato) e limitato (200 copie) con laminatura effetto lino e rifiniture in foglia d’oro (!!) che caratterizzano anche il digipak dotato di libretto da 10 pagine. Qualità che si riflette anche in ambito di ascolto, con una registrazione potente e cristallina in grado di restituire il feeling che solo un’esibizione dal vivo può generare. Sakis incita il pubblico ateniese ed evoca tutti i demoni possibili ed immaginabili con un cantato che, forse per esigenze dovute ai monumentali tour-dates dei Rotting Christ, si avvicina quasi ad un furioso cantato punk/hardcore, radice peraltro del sound originario dei giovani frequentatori di squat della capitale ellenica.
L’introduttiva ‘666’ ci cala in una vera e propria dimensione rituale, sensazione che ritornerà anche in altri brani della setlist ma che qui è predominante: ritmo ossessivo con riff e groove ostinati a fare da solida base a suggestive invocazioni diaboliche. Nonostante la presenza di canzoni tratte da pressochè ogni uscita in studio, stupisce l’assenza di un qualsivoglia brano tratto dal secondo seminale album Non Serviam, inclusa l’anthemica title track. La celebrazione degli albori dei Rotting Christ, a metà scaletta, offre i due brani introduttivi del debut album, Thy Mighty Contract: la breve ed iconica ‘The Sign Of Evil Existence’, che più o meno dà il titolo a questo live album, e la più atmosferica ‘Fgmenth Thy Gif’ ad accompagnare idealmente la misteriosa ‘Forest Of N’gai’ (dall’EP Passage To Arcturo), inframezzate però da un brano che mai sentiremo dal vivo eseguito dalla band che lo ha realizzato, vale a dire ‘Societas Satanas’ dei Thou Art Lord (storico progetto parallelo di Sakis Tolis e The Magus dei Necromantia). Senza stare a citare ogni brano, non trattandosi di un’analisi track-by-track, una piacevole sorpresa è la presenza dei tre album “gotici” del periodo d’oro della Century Media: Triarchy Of The Lost Lovers, A Dead Poem e Sleep Of The Angels, i cui brani – con le loro intriganti melodie dark anni Novanta – fanno da cornice al cuore del live caratterizzato appunto dai primi lavori dei Rotting Christ.
L’ultima fatica in studio è rappresentata dalla sola ‘Like Father Like Son’ e dal suo incedere epico che lascia trasparire l’amore dei greci per certo heavy metal classico. Non poteva mancare la furia cieca di ‘Kata Ton Demona Eaytoy’ che ti fa dannare l’anima per non aver studiato il greco antico ritrovandoti perciò incapace a cantare a squarciagola insieme a Sakis! Forse però si può recuperare con un poco di latino per l’arrivo del poderoso inno ‘Grandis Spiritus Diavolos’, sempre tratto dall’omaggio a Crowley del 2013. I brani di questa release lasciano pochissimo respiro perchè i Rotting Christ sono vere e proprie macchine da guerra (molto rodate) sul palco e – con uno spirito mutuato dal punk ramonesiano delle origini – le chiacchiere tra un brano e l’altro non trovano spazio, il riposo tantomeno mentre invece la musica travolge l’ascoltatore senza pietà fino alla degna conclusione: il doppio assalto della cadenzata ‘The Raven’ (da The Heretics) e il salto indietro nel tempo di vent’anni con ‘Under The Name Of Legion’ (da Genesis, del 2002). I Rotting Christ non tradiscono né i fan né le loro aspettative con questo compendio della loro musica che ha lasciato un segno davvero profondo ed eterno nella scena estrema mondiale.