Recensione: 40 Years At War – The Greatest Hell Of Sodom
Che il thrash lo abbiano inventato gli americani è fuori discussione, ma è altrettanto innegabile che un forte contributo alla sua storia arrivi anche dalla Germania. Infatti già dagli albori di questo genere musicale, al grido di guerra lanciato dall’America rispose presente anche il vecchio continente. Grazie ad un’ondata di band a trazione tedesca che, chitarra in una mano, birra nell’altra e bratwurst in bocca, riprendeva la lezione dei capiscuola statunitensi, riproponendola in una versione ancora più violenta e veloce. Non deve stupire quindi che anche dalle lande teutoniche si sia elevato un Big Four al pari di quello più famoso a stelle e strisce. E così se dagli USA schieravano la coppia d’attacco Metallica e Megadeth dall’altra parte dell’oceano rispondevano con Destruction e Kreator. La faccia giocosa e burlona del thrash aveva i volti dagli Anthrax da una parte, e dei birraioli Tankard dall’altra. Infine c’è la componente più intransigente, che mentre in America veniva rappresentata dagli Slayer, in Germania rispondeva al nome dei SODOM! Ma se per Tom Araya e company pare ormai scritta la parola fine, la compagine dell’altro Tom, sembra rivivere una nuova giovinezza. Allargata la formazione da tre a quattro elementi i Sodom di oggi possono contare sull’esperienza dei veterani Tom Angelripper e Frank Black Fire, a cui vanno ad aggiungersi l’energia dei nuovi arrivati Yorck Segatz e Toni Merkel. L’ultima opera in studio ‘Genesis XIX‘ e le recenti esibizioni live fanno ben sperare per gli anni a venire, ma per il momento ci fermiamo un attimo a celebrare quelli passati. Quaranta per l’esattezza, che vengono festeggiati con la nuovissima raccolta targata Sodom: ‘40 Years At War-The Greatest Hell Of Sodom‘. Un album che ripercorre tutta la storia della band, la quale viene ben illustrata nella bella copertina ad opera di Eliran Kantor. L’artwork, infatti, ritrae Knarrenheinz (il soldato in maschera NBC che appare in moltissime copertine del gruppo) intento a suonarsele di santa ragione con il boia incappucciato di ‘In The Sign Of Evil‘. E nonostante quest’ultimo pare stia soccombendo continua ad opporre una tenace resistenza. Un immagine che rappresenta abbastanza bene la proposta musicale dei nostri, con il thrash dalle tematiche sulla guerra che ha preso il sopravvento sul old school black dalle liriche horror degli esordi, il quale però non è mai totalmente scomparso dal dna della band.
Tornando alla musica nell’album troviamo 17 canzoni, una per ogni lavoro pubblicato. L’intenzione di Angelripper e soci era quella di ripercorrere la storia della band non necessariamente tramite i grandi successi, ma ripescando anche brani sottovalutati o mai proposti dal vivo. Un’uscita che non vuole essere un semplice best of, ma una vera celebrazione dei 40 anni di attività del gruppo. Tutti i pezzi sono stati riregistrati con la formazione attuale restando comunque fedeli alla versione su disco senza particolari stravolgimenti. Si parte così dai primissimi anni, con i nostri dediti ad un black metal fortemente ispirato dai Venom, con ‘Sepulchral Voice‘ e ‘After the Deluge‘, che come immaginabile qui troviamo con una resa sonora migliore. Con questo non voglio comunque sminuire le versioni originali dei sopracitati brani, che nonostante la registrazione acerba dell’ epoca, ancora oggi riescono ad essere efficaci rispecchiando fedelmente l’attitudine e la ferocia che aveva la band agli esordi. Si procede con ‘Electrocution‘ da ‘Persecution Mania‘ e ‘Baptism Of Fire‘ da ‘Agent Orange‘, il disco che ha fatto decollare la carriera dei Sodom permettendo a zio Tom di lasciare la miniera per poter vivere finalmente con la musica. Ancora ‘Better Of Dead‘ seguita da ‘Body Part‘, con i suoi ammiccamenti al death metal che sono ancora più marcati in questa nuova versione. La punkeggiante ‘Jabba The Hut‘ e ‘Gathering Of Minds‘ datate rispettivamente 1994 e 1995, sono qui a ricordarci come, anche negli anni più bui per il thrash metal, Angelripper non ha ceduto di un millimetro con la sua proposta per giungere trionfante fino ai giorni nostri.
Procediamo con il riff killer di ‘Book Burning’ da ‘Code Red‘ e ‘Genocide‘, con la quale veniamo catapultati nella guerra del Vietnam, argomento trattato dai Sodom nel loro album ‘M-16‘.
E siamo arrivati così agli anni 2000, quando finalmente il thrash si riprende il posto che gli spetta nella scena musicale con i Sodom fra i protagonisti di questa nuova rinascita. Infatti il terzetto tedesco non si accontenta di vivere di rendita adagiandosi sugli allori del suo glorioso passato, ma anzi, vuole dimostrare di avere ancora molto da dire con una serie di album micidiali che qua vengono rappresentati con ‘City Of Gold‘, ‘ S.O.D.O.M.‘ ed ‘In War And Pieces‘, canzoni devastanti tanto nella versione originale quanto in questa riedizione.
Arriviamo così agli album più recenti: ‘Caligula‘ da ‘Decision Day‘, in questa nuova veste privata di quel tocco di epicità per renderla ancora più aspra e cruda, ed infine ‘Euthanasia‘, praticamente identica alla versione su ‘Genesis XIX‘.
Si conclude così questa nuova fatica discografica, un album che come già detto non deve essere inteso come un best of, ma come una celebrazione della carriera degli storici thrasher teutonici.
Detto questo a conti fatti resta comunque una raccolta con tutti i pregi ei difetti del caso. Infatti a parte l’iniziativa di riregistrare tutti i brani con la nuova line up, il disco non offre grandi sorprese o spunti di particolare interesse. Per quanto i pezzi risultino potenti e ben suonati, sono brani che chi possiede i dischi della band bene o male conosce di già. Un lavoro che potrebbe interessare essenzialmente ai fans più sfegatati, che vogliono avere tutto dei loro beniamini, oppure a chi non li conosce e vuole farsi un’idea sulla loro proposta musicale. A questi ultimi va ribadito però che i brani presenti, per quanto buoni, sono pezzi secondari e mancano all’appello molti cavalli di battaglia del combo tedesco. Magari per celebrare la carriera quarantennale coinvolgendo anche la nuova formazione, un live album avrebbe potuto destare l’interesse di una fetta di pubblico maggiore (anche perché l’ultimo live targato Sodom risale ormai al 2003).
Detto questo lasciamo che ognuno faccia le sue considerazioni. Noi concentriamoci sull’attuale stato di salute dei Sodom, che possiamo decretare più che buono. Quindi tanti auguri per questo traguardo raggiunto. Quarant’anni e sentirseli….a tutto volume però!