Recensione: 666 Weeks Beyond Eternity [Reissue]
I Freedom Call sono in aria di festa. Tanto per cambiare. Del resto, ogni scusa è buona per celebrare quello che fieramente definiscono “happy metal party”. Stavolta il motivo di giubilo per i guerrieri della luce è la ricorrenza della seicentosessantaseiesima settimana dalla release del loro secondo album “Eternity” (2002), a detta di molti il loro album migliore. A voler essere proprio pignoli, dal 3 giugno 2002 al 24 aprile 2015 le settimane sono 672, ma poco importa ai ragazzi (ehr… ormai quarantenni) di Norimberga, forti della migliore lineup di sempre e dell’uscita, appena un anno fa, di un lavoro eccellente come “Beyond” (2014).
In tutta onestà va riconosciuto ai tedeschi di non aver composto capolavori inarrivabili, in quanto soltanto nuovi interpreti di un power metal allegro e zuccheroso che trae le sue origini dai primi lavori degli Helloween e dai successivi Gamma Ray. È infatti noto alla cronaca che gli stessi Freedom Call nacquero nel 1998 come progetto del batterista dei Raggi Gamma Dan Zimmermann e del chitarrista e cantante Chris Bay, assieme al chitarrista Sasha Gerstner (dal 2002 ad oggi in forze agli Helloween) ed al bassista turco Ilker Hersin, unico superstite (nonostante un lungo periodo di assenza) assieme a Chris Bay di quella formazione.
Senza dilungarmi troppo, dopo un debut che già dal titolo è un manifesto programmatico “Stairway to Fairyland” (1999) ed un discreto “Crystal Empire” (2001), la band rilascia il qui celebrato “Eternity”.
“666 Weeks Beyond Eternity” altro non è che una reissue pedissequa di quel lavoro (con tanti contenuti extra), dal quale si smarca presentando le tracce in un ordine diverso e vittima di una rimasterizzazione, con tanto di leggera riequalizzazione e (purtroppo) altrettanto leggero innalzamento di volumi, come da sempre accade in tempi di loudness war. Differenze quasi impercettibili, peraltro: stiamo parlando di un disco che ha solo seicentosessantasei settimane!
Abbiamo quindi la breve “The Spell” usata stavolta come intro, che apre alla tastierosa “The Eyes of the World”, per procedere sulle ali di “Flying High” e nell’utopica e felice “Island of Dreams”. Segue uno dei pochi pezzi ‘tristi’ della carriera dei Freedom Call, “Bleeding Heart”, bilanciata dalla nostalgica “Turn Back Time” al nono posto, a rimarcare un po’ di varietà nel mood del disco. Dopo il mid-tempo “Flame in The Night” seguono, per una chiusura col botto, i veri grandi classici della band: “Metal Invasion” (prima nell’originale), “Ages of Power”, “Warriors” e “Land of Light”.
Veniamo al secondo CD, quello con i succulenti extra: apre l’unico inedito del lotto, la titletrack (della reissue) “666 Weeks Beyond Eternity”, che manowarianamente riprende nel testo espressioni e temi dalla discografia della band nella strofa ed esplode nel solito ritornello altissimo e radiofonico, in un pezzo che ricorda da vicino l’ultimo album. C’è anche un intermezzo per citare “Oh spiritus, oh sanctus/ Adoramus domine…” da “Metal Invasion”, inserita in versione live (2011) nel brano successivo, assieme a gli altri classici “Warriors” e “Land of Light”. Per trovare una registrazione dal vivo di “Eyes of the World” dobbiamo invece tornare al 2004.
La versione speciale di “Metal Invasion” purtroppo non è altro che la simpatica versione folk già sentita nel disco bonus “Masqueraded”, dall’ultimo best-of “Ages of Light (1998 – 2013)”. Peccato.
Novità invece la versione live-unplugged di “Warriors”, che in realtà unplugged non è perché Lars suona la chitarra elettrica. Cribbio che scherzo!
Chiudono tre cover-tributo. “Flame in the Night” dei tedeschi Powerworld reinterpreta il pezzo in chiave heavy, complice anche l’estensione ed il timbro vocale di Michael Bormann, dalla voce molto più roca e grave dello squillante Chris Bay.
Sorprendente e piacevolissimo il riadattamento di “Land of Light” dei Neonfly , con un’intro più oscura e straniante, seguita dalla classica esplosione di positività del ritornello stile Europe. Bella anche la parte di voce su batteria, complice un riarrangiamento in background di gran classe… band molto promettente, ma questo lo sapevamo già).
Bella anche la versione di “Warriors” (pezzo che ascoltiamo per la quarta volta) del giovane Hannes Braun (Kissin’ Dynamite), che parte voce e pianoforte e si arricchisce progressivamente di tastiera e chitarra acustica.
Non mi stanco mai di ripetere che in quest’epoca, nell’era di iTunes e Spotify, della strabordante quantità di band e di dischi che surclassa la qualità degli stessi, del mercato imperante e del mercatismo ideologico, dobbiamo abituarci a questo genere di reissue: mi sembrano strategie commerciali in linea coi tempi per riportare in auge vecchi e validissimi dischi a costi comunque molto bassi, avendo così anche materiale da promuovere per il tour, in questo caso assieme i Sonata Arctica (all’Estragon di Bologna l’11 maggio), che risuoneranno “Ecliptica” (anch’esso vittima di rivisitazione) in un grande revival dell’inizio dello scorso decennio.
Ciò detto, la valutazione non può che essere limitata dall’inutilità della release e dal simpatico pretesto a sua giustificazione. L’ascolto di “666 Weeks Beyond Eternity” è d’altro canto d’obbligo per tutti gli amanti del power metal che se lo sono perso all’epoca, per gli happy metallers irriducibili e per i recensori prolissi ed appassionati per i quali ogni scusa è buona per parlare dei Freedom Call. 😉
We are warriors, born from the light
An army for freedom, defenders of life
Warriors, euphoria will rise
Returning from darkness we bury all lies
Luca “Montsteen” Montini