Recensione: 66Sick
Sono molte le vie tentate dal metal estremo oggigiorno e molto spesso si
tratta di suoni difficili, a primo acchito incomprensibili o deludenti, ma che
con l’ascolto approfondito rivelano di avere diverse frecce al proprio arco; è
anche vero, però, che una critica musicale spesso cronicamente arretrata
rispetto alle uscite e alla loro novità stronca questo tipo di tentazioni, di
contaminazioni: un atteggiamento che non fa certo onore a chi dovrebbe
intendersene mediamente abbastanza da poter giudicare un disco. Quest’omelia non
è però fine a se stessa: intendo infatti spiegare perché, al di là
dell’indiscutibile voglia di novità dei tedeschi Disbelief, il loro nuovo
66Sick mi abbia per certi versi deluso, pur restando decisamente sopra alla
sufficienza.
Il disco infatti si distanzia in modo abbastanza netto dal sorprendente
predecessore, Spreading the Rage, che mostrava una band influenzata, più o meno
coscientemente, dagli Hypocrisy dell’album omonimo, soprattutto, e si vota ad un
suono decisamente “americanizzato”, con aperture ritmiche di forte
sapore crossover; il che però si unisce al classico mid-tempo dei tedeschi in
questione, da sempre attenti a rendere il più possibile ipnotiche le loro
composizioni. Il risultato lascia qualche perplessità per quanto riguarda la
sincera attitudine del gruppo, che viene però ribadita con forza dai 5
musicisti; ma soprattutto (ed è questo che conta) non sempre raggiunge quella
qualità che da loro ci si può aspettare. Davanti ai classici pezzi intriganti,
presenti anche qui in varia salsa, ci sono almeno un 50% di brani decisamente
più scialbi, che urtano l’ascoltatore per la loro inconcludenza: canzoni come For
God?, Try, Mental Highpost non si imprimono come dovrebbero
nella mente, scivolano via in fretta e sembrano solo evidenziare quella che
invece è la qualità dei pochi highlights presenti.
Apici che per fortuna permettono al disco di stare a galla: l’apertura con Sick,
potente e circolare nella struttura; le atmosfere dark, quasi in contatto coi
vecchi Paradise Lost, di Continue from this Point e la disperazione di Rewind
it all (Death or glory), forse il brano migliore dell’album, con la sua
capacità di coinvolgere e farsi urlare in ogni chorus. Un po’ troppo poco però
per fare un gran disco, anche se i pezzi restanti non sono certo brutti: solo
non all’altezza, quasi forzati nel loro inserimento in tracklist, ed è
obiettivamente un peccato, viste le premesse. I Disbelief si trovano
forse in un punto di transizione, con un sound ancora in via di trasformazione,
e possono contare in primis sulla loro esperienza e sulla ottima voce di Jagger,
che davvero li distigue in mezzo a mille altre band: ma devono ancora sfornare
il disco che li identifichi immediatamente e che esprima al 100% le loro
potenzialità.
Alberto “Hellbound” Fittarelli
Tracklist:
1. 66 (Intro)
2. Sick
3. Floating On High
4. For God?
5. Continue From This Point
6. Crawl
7. Rewind It All (Death Or Glory)
8. Lost In Time
9. Try
10. Edges
11. Mental Signpost
12. To Atone For All