Recensione: 7 Sinners
Generalmente considerati come i padri fondatori del power metal più spensierato e scanzonato – o “happy metal” che dir si voglia –, gli Helloween sono (quasi) sempre riusciti, nel corso di una carriera che ha ormai superato i venticinque anni di attività, a soddisfare a dovere l’insaziabile appetito dei propri fan, superando indenni i frequenti sconvolgimenti a livello di line-up, e rinnovando continuamente il proprio sound: dall’eponimo EP di debutto fino all’oscuro The Dark Ride – passando attraverso il controverso (e ancora oggi troppo contestato) Chameleon e i due Keeper Of The Seven Keys –, le zucche di Amburgo hanno infatti dato origine ad una serie di dischi di altissimo livello, al punto da venire proiettate nell’olimpo del metal melodico internazionale, e da divenire in breve tempo un vero e proprio termine di paragone per le band emergenti. Una vena compositiva che si è tuttavia appannata con la produzione più recente del gruppo: lo scialbo Rabbit Don’t Come Easy (2003) e il prolisso Keeper Of The Seven Keys: The Legacy (2005) ci hanno infatti riconsegnato una band piuttosto altalenante a livello di songwriting e complessivamente poco convincente, assai lontana dagli alti standard qualitativi ai quali ci aveva abituato in passato. L’ennesima svolta è però arrivata in concomitanza dell’ultimo full length Gambling With The Devil (2007), un disco che, lungi dall’essere un capolavoro, mostrava comunque dei decisi segnali di ripresa. E’ quindi un gruppo in un discreto stato di salute quello che da alla luce questo 7 Sinners, tredicesimo studio album pubblicato dagli Helloween, dato alle stampe il 31 ottobre 2010 (e quando sennò!?) tramite Sony Music.
Da un punto di vista prettamente stilistico, questo 7 Sinners presenta un sound complessivamente più duro e roccioso (specialmente sotto il profilo ritmico) rispetto al predecessore Gambling With The Devil, per un disco che ha nella compattezza delle composizioni il proprio principale punto di forza, ma che, allo stesso tempo, non trascura certo le classiche melodie allegrotte e orecchiabili che hanno da sempre caratterizzato la produzione delle zucche di Amburgo. Niente di nuovo invece per ciò che concerne la line-up, ormai assolutamente stabile dai tempi di Keeper Of The Seven Keys: The Legacy: confermatissima la coppia di chitarristi composta da Michael Weikath e Sascha Gerstner (ex Freedom Call), entrambi estremamente efficaci sia in fase di riffing che nell’esecuzione degli assoli. Molto buono inoltre il lavoro svolto da Andi Deris (ex Pink Cream 69) al microfono, cantante assai versatile, sensibilmente migliorato con lo scorrere del tempo, mentre invece la sezione ritmica, formata rispettivamente da Markus Grosskopf al basso e Dani Löble (Rawhead Rexx) dietro le pelli, si rende protagonista di una prova solida e assolutamente valida nel sorreggere a dovere le composizioni.
Tredici sono le tracce che compongono questo 7 Sinners, per un minutaggio complessivo che si attesta intorno all’ora di durata. Un lavoro che ci offre una manciata di brani di ottima fattura, abbastanza eterogenei a livello di sonorità, fortemente d’impatto e ampiamente godibili. Ad aprire le danze tocca alla potente Where The Sinners Go, mid-tempo decisamente compatto che si dipana tra riffoni rocciosi e ritmiche martellanti: un pezzo certamente non immediato, considerata anche l’assenza di melodie orecchiabili, ma che nel complesso può sicuramente considerarsi riuscito. Piuttosto gradevole anche Are You Metal?, canzone scelta come singolo apripista che ha dalla sua delle atmosfere piacevolmente vivaci e un refrain che, seppur un po’ troppo scontato e ripetitivo, è destinato a stamparsi nella mente dell’ascoltatore nel giro di davvero poco tempo. La vera gemma del disco risponde però al nome di Who is Mr. Madman?, sorta di seguito della ben nota Perfect Gentleman (“Sixteen years have passed since he, one perfect of his kind, the Casanova of his time, crowned himself to conquer the land in craving for lust“ recita infatti l’introduzione, interpretata da Bill Byford dei Saxon), della quale ne riprende il tema principale: il pezzo, abbastanza simile a livello di strutture a Mr. Torture, si segnala per una serie di melodie di altissimo livello, che sfociano in un ritornello davvero irresistibile. All’allegria e alla spensieratezza delle successive Raise The Noise (che si fa notare soprattutto per un tanto anomalo quanto azzeccato assolo di flauto) e World Of Fantasy – due veri e propri pilastri di questa uscita, a detta di chi scrive –, fa da contraltare la pesantezza della tellurica Long Live The King, traccia ampiamente sottotono (la prima incontrata finora nel corso della tracklist) che non riesce, purtroppo, a lasciare il segno in alcun modo. Con la seguente The Smile Of The Sun, lento complessivamente ben congegnato, ci si sposta invece verso sonorità più ariose e sognanti, salvo poi tornare a spingere prepotentemente sull’acceleratore con l’energica e dirompente You Stupid Mankind. Discretamente riuscita anche If A Mountain Could Talk, canzone piuttosto trascinante e caratterizzata da alcuni spunti compositivi estremamente interessanti, che però si perde un po’ nel finale, risultando in questo modo leggermente prolissa e dispersiva, mentre invece la vivace My Sacrifice, pezzo a metà strada tra Freedom Call, Stratovarius e Gamma Ray, si rivela senza alcun dubbio uno degli episodi più banali del disco, anche a causa di un refrain un po’ troppo zuccheroso e stucchevole. Rimane l’amaro in bocca per la conclusiva Far In The Future, un brano decisamente articolato, pieno di idee valide sotto il profilo compositivo, ma privo della necessaria organicità: la canzone manca infatti di coesione, perdendosi continuamente tra passaggi un po’ troppo slegati tra di loro, e non riuscendo mai a decollare a dovere.
Insomma, che altro aggiungere? Questo 7 Sinners si rivela essere un disco piuttosto piacevole da ascoltare, impeccabile per ciò che concerne il profilo prettamente esecutivo, e sorretto inoltre da una produzione (affidata ancora una volta al solito Charlie Bauerfeind) ottimale sotto ogni punto di vista. Un album abbastanza eterogeneo quanto a sonorità, decisamente compatto, e che propone una manciata di brani assolutamente godibili. Certo, ancora non siamo ai livelli toccati anni fa da lavori del calibro dei due Keeper Of The Seven Keys, di Better Than Raw oppure di The Dark Ride, ma ciò non toglie che quest’ultima fatica targata Helloween risulti comunque ampiamente convincente e decisamente interessante. Bentornati!
Lorenzo “KaiHansen85” Bacega
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Tracklist:
01. Where The Sinners Go
02. Are You Metal?
03. Who is Mr. Madman?
04. Raise The Noise
05. World Of Fantasy
06. Long Live The King
07. The Smile Of The Sun
08. You Stupid Mankind
09. If A Mountain Could Talk
10. The Sage, The Fool, The Sinner
11. My Sacrifice
12. Not Yet Today
13. Far In The Future
Line Up:
Andi Deris – Vocals
Michael Weikath – Guitars
Dani Löble – Drums
Sascha Gerstner – Guitars
Markus Grosskopf – Bass