Recensione: 90125

Di Abbadon - 25 Aprile 2003 - 0:00
90125
Band: Yes
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1983
Nazione:
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80

“You can Fool yourself,
 you can cheat until you’re blind
 you can cut your heart
 it can Happen”

Yes. Nome che ai neofiti può risultare sconosciuto e banale, quale errore. Infatti, sebbene oggi vadano di gran moda Dream Theater, Symphony X, Fates Warning e Pain of Salvation, i giovani non sanno che se non fosse per gruppi che calcavano i palchi almeno un decennio prima di queste band oggi acclamatissime, il prog non sarebbe quello che è. Lunga vita dunque a band come Kansas, Rush e Yes, che hanno di fatto portato il prog rock a livelli incredibili e forse irraggiungibili dal prog metal di oggi. Ma non divaghiamo, devo recensire un disco. 90125 è la undicesima fatica in studio della band del cantante Jon Anderson e del bassista Chris Squire, ed esce sul mercato sotto la ATCO records nell’anno di grazia 1983. Tra l’altro è il primo disco dopo un cambio di Line Up, che vede arrivare nel gruppo il chitarrista/tastierista Trevor Rabin e il nuovo produttore Trevor Horn. E il lavoro che questi nuovi Yes riescono a fare con 90125 (nome che deriva dal numero che il disco ebbe nel catalogo della Atlantic) è davvero qualcosa che va davvero considerato seriamente, anche se nettamente differente dai più prestigiosi lavori targati Yes. Infatti ci troviamo di fronte a un disco che presenta insieme queste caratteristiche in maniera davvero significativa : tecnica come sempre priva pecche (e fin qui, per un album prog, niente di strano), una notevole fantasia a livello compositivo, un buon estro, ma che nel complesso non è un album prog, non come ce lo si aspetta. Infatti siamo di fronte ad una sorta di pop, da non confondere però con la musica da 4 soldi che gira oggi, in quanto la classe abbonda e straborda anche da 90125. Non è affatto un album veloce, ma trascina in una maniera davvero singolare, in ognuna delle sue nove song. Per quanto riguarda le prestazioni dei singoli basti dire che vocalmente Anderson fà una grande prestazione, intonato, pulito, ed perfettamente supportato dalle backing vocals e dagli strumenti di Squire, Rabin e Alan White.
Questa fatica degli Yes parte subito con un pezzo molto famoso e di grandissimo livello, ovvero “Owner of a Lonely Heart”, che attacca abbastanza decisa, con un riff divenuto storico e molto utilizzato, accompagnato da improvvisazioni che in secondo piano fano davvero un lavoro splendido. Molto incalzante e convincente il cantato, che ci porta allo splendido refrain, interpretato come Dio comanda. Per il resto il pezzo è abbastanza lineare, ma non per questo perde punti, e si velocizza leggermente nel finale, dove gli “effetti speciali” delle chitarre la fanno da padrone. Come degno seguito della opener ci si presenta all’ascolto “Hold On”, che si apre con un buon drumming e una gran melodia di chitarra, che accompagnano un ottimo cantato collettivo, lento e quadrato, come del resto è tutta la canzone, facilmente distinguibile dalla prima per orecchiabilità. Pochissimi i punti deboli per una track che si lascia sfiziosamente gustare. Eccellente anche l’arpeggio che ci introduce a “It Can Happen”, che si protrarrà in grande sintonia col resto della song per oltre un minuto. Ottimo il lavoro di tastiere, sempre al posto giusto nel momento giusto. Diversi cambi di musicalità che però non stravolgono minimamente il senso e la trama della song. Molto particolare l’inizio di “Changes” la traccia più particolare e secondo me bella di 90125, accompagnata da uno xilofono che sembra impazzito, ma che poi riprende la giusta via su uno splendido tema strumentale, carico di sentimento, che Anderson riesce davvero a trasmettere in modo convincente. Ottimo il ritornello, molto diverso dalle strofe, eppure perfettamente integrato al resto della song. Il brano che divide il disco a metà è “Cinema”, strumentale di 2 minuti che però mette in chiaro, se ce ne fosse bisogno, il gusto e la bravura che gli Yes hanno nel suonare (non necessariamente prog), con gran bel drumming ad accompagnamento di una chitarra eccellente, e un basso a dare i giusti tocchi di classe sullo sfondo. Con Cinema finisce secondo me la parte veramente da capogiro dell’album a cui fanno seguito song sempre ottime ma che nel complesso pagano rispetto alle prime. A seguito dell’intermezzo strumentale si presenta “Leave It”, che parte vocalmente come una allegra marcetta, dove gli strumenti in principio sono inesistenti, e vanno ad inserirsi pian piano nel contesto, con grande scelta dei tempi (anche se rimangono sempre in secondo piano rispetto al cantato). Non esattamente la canzone più facile da ascoltare, ma piuttosto rilassante, sempre che non si odino i coretti. Deliziosa intro tastieristica per “Our Song” che diventa subito veloce e solare, tipica colonna sonora che si metterebbe in un film con la classica scena dei ragazzi che partono per le vacanze e corrono sotto il Sole, felici e spensierati. Film o non Film, Our Song merita diversi ascolti, perchè sa mettere brio, il che non è un fattore trascurabile. Estremamente differente invece “City of Love”, un mid tempo che viene accompagnato da un basso davvero “basso”, ma che non ha nemmeno la metà dell’allegria della traccia precedente. Azzeccati invece gli inserimenti della chitarra nella melodia portante, e cantato in modo eccellente il ritornello, che poi è la parte che preferisco della canzone, proprio perchè più raggiante rispetto alle “buie” strofe. Siamo arrivati quasi alla conclusione, ovvero “Hearts”, pezzo che chiude 90125. Inizio molto particolare anche per questa track, rilassante anche se non convenzionale, con un signor lavoro di tastiere (che sembrano quasi un flauto per tonalità assunte), che accompagnano un Anderson molto pulito e comprensibile  all’ascolto. Anche qui cambi melodici e aggiunte strumentali e vocali arricchiscono il brano man avanza, aumentando di pathos e di energia positiva, nonostante la vena malinconica, Hearts. Refrain da cantare in compagnia del classico accendino acceso.
Così si chiude 90125, un altro eccellente lavoro (che comunque ha fatto storcere il naso di diversi “puristi” del genere”) di una delle band dominatrici del panorama prog degli anni ’70 e ’80, qui in vena di sperimentazione ma sempre piena di classe. Sicuramente non è il disco loro più bello, perchè quello rimane un tiro di moneta fra “Fragile” e “Close to the Edge”, ma io questo 90125 lo piazzo in alto nella mia personale classifica. Detto per inciso, Questo disco secondo me è, anche se alla lunga il livello di goduria si abbassa, una figata.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist:

1) Owner of a Lonely Heart   4:27
2) Hold On                            5:15
3) It Can Happen                   5:39
4) Changes                             6:16
5) Cinema                               2:09
6) Leave it                              4:10
7) Our Song                            4:16
8) City of Love                       4:48
9) Hearts                                7:34

 

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