Recensione: A Bleak Reflection
I De Profundis nascono in Inghilterra nel 2005, dopo un primo album autoprodotto e pubblicato nel 2007 intitolato “Beyond Redeption” (solo cinque tracce, ma più di tre quarti d’ora di musica), approdano alla Kolony Records per cui realizzano questo “A Bleak Reflection”. Il nuovo disco non apporta sostanzialmente nessun cambiamento rispetto a quello d’esordio e presenta una band dedita a un doom-death di qualità, con elementi di grande tecnicismo, atmosfera e complessità.
Ascoltando i De Profundis il pensiero vola subito ai loro conterranei più illustri, gruppi come i primi My Dying Bride, Anathema, Paradise Lost, che hanno fatto la storia di questo genere. “A Bleak Reflection” sembra, infatti, un vero e proprio tuffo nel passato agli albori di una musica che, nel frattempo, si è evoluta e ha partorito anche un, fin troppo, nutrito gruppo di emuli. Che i De Profundis facciano parte di questa schiera è timore condivisibile, ma ben presto la loro musica riesce a spazzare via ogni dubbio.
La qualità del songwriting, le prestazioni dei singoli strumentisti (su tutti basso e batteria), la capacità di infilare nelle composizioni anche elementi presi da altri contesti (qualche passaggio alla Opeth dei tempi andati, momenti jazz-blues, stralci black in screaming) fanno si che il risultato finale sia decisamente riuscito. In realtà non si tratta di nulla di particolarmente innovativo, sono elementi che i gruppi citati fino a questo momento hanno già introdotto nel proprio sound, spesso con risultati eccezionali, in tempi ben anteriori. A ben vedere, quindi, i De Profundis non inventano nulla di nuovo, ma, e qui sta la loro forza, riescono a far proprie tutte queste influenze e a interiorizzarle così bene da ripresentare all’ascoltatore qualcosa di assolutamente convincente.
La complessità dell’album, di quest’ora e dieci suddivisa su canzoni che si attestano prevalentemente tra i nove e gli undici minuti, infine, costringe all’ascolto più e più volte, così che anche il più distratto possa rendersi pienamente conto dell’architettura dei brani, degli stacchi, della qualità degli arrangiamenti. L’effetto, probabilmente, è di finire per sovrastimare l’album, effetto che i De Profundis erano quasi sicuramente ben consci di creare, ma, al di là di questo, rimane un disco di notevole fattura con molte frecce al proprio arco e in grado di non annoiare per molto tempo.
Per concludere: questo “A Bleak Reflection” rappresenta il secondo tassello di una discografia che potrebbe rifervare molte luci a questa giovane band inglese. Gli elementi di cui si compongono le canzoni li conosciamo già, i De Profundis non inventano nulla sotto questo punto di vista, ma la qualità delle loro composizioni, la complessità dei brani e le capacità dei singoli strumentisti contribuiscono a dar vita a un disco che merita sicuramente più di un ascolto: sia per comprenderlo appieno, che per godere di un po’ di buona musica.
Tracklist:
01 The Ephemeral Burden
02 Ablaze in Autumn’s Fire
03 Nocturnal Splendour
04 Cease to Be
05 Crimson Black Bleeding
06 Cold is the Grave
07 Longing
08 The Mourner
Alex “Engash-Krul” Calvi
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