Recensione: A Brief Introduction to Human Experiments
Nuovo full-length per i francesi Ad Patres, “A Brief Introduction to Human Experiments”, che segue a sette anni di distanza il debut-album “Scorn Aesthetics”. Considerando che si sono formati nel 2008, alla fine c’è voluta più di una decade per attendere la nascita del secondogenito.
Un lasso di tempo che non è trascorso invano, giacché il livello tecnico or ora raggiunto si può dire in linea con le migliori produzioni internazionali nel campo del death metal.
Death metal macchiato di nero, sì da poter essere definito blackened come si usa dire da qualche lustro a questa parte. Questa non è una componente evidente come nel caso di altri act fra i quali non si possono non citare i Behemoth. Tuttavia il suono secco, freddo anzi a tratti gelido del platter rimanda, assieme alle tematiche trattate, a un mood cupo, oscuro, nel quale il sole non fa mai capolino. Ma non solo. La capacità esecutiva dei Nostri è davvero elevata, per cui anche un certo flavour di technical non si può non menzionare.
Il tutto per uno stile a onor del vero poco originale. Sì che la formazione transalpina è riuscita a disegnare con forza luci (si fa per dire) e ombre del proprio marchio di fabbrica, tuttavia “A Brief Introduction to Human Experiments” non è un album che lasci esterrefatto l’ascoltatore per evidenti stacchi evoluzionistici oppure per qualche deciso passo in avanti dal punto di vista dell’evoluzione musicale. Il suo sound, difatti, abbraccia un cliché piuttosto consunto dal fluire delle note di altri ensemble che hanno fatto della dissonanza la propria musa ispiratrice.
Dissonanza. Dissonanza. Dissonanza.
Sembra essere questo il leitmotiv che muove le meningi di Axel Doussaud e compagni. Un’attitudine che fiacca letteralmente ogni resistenza umana a un suono da schiaffoni in piena faccia. In questo, essi sono assolutamente senza macchia nel proporre, appunto, un muro di suono mostruosamente compatto su cui sbattere all’infinito senza che esso si muova nemmeno di un millimetro. Questo anche se il drumming di Alsvid non ha la potenza necessaria per devastare tutto e tutti. Soprattutto in occasione dei blast-beats, durante i quali l’insieme tende ad appiattirsi, ad assottigliarsi (‘Symbiosick’, ‘Verses Void’). Con che, a tenere su le song del disco ci pensano le due chitarre di Olivier Bousquet e Pierre-Yves Marani, impegnate sino allo stremo per erigere l’anzidetto wall of sound con una moltitudine di riff compressi dalla tecnica del palm-muting. Ulteriore elemento, questo, che accartoccia in se stesso il percorso che si compie dal classico intro orrorifico ‘Shock Therapy’ sino alla closing-track ‘The Floating Point’, semi-suite in cui la disarmonia e lo stridore di accordi totalmente amelodici la fanno da padrone.
Uno stile, quindi, che non va di pari passo con il talento esecutivo, nel senso che l’ostinazione a proporre accidenti musicali in successione taglia la creatività, obbligata a tuffarsi in un ginepraio inestricabile rappresentativo di tutto ciò che offre il metal estremo quando il tasso di perizia è molto alto. Con che, rimane arduo incamerare in memoria qualche singolo episodio dotato di elementi di riconoscibilità diversi da un andazzo che non pare mai cambiare passo; come se l’unico obiettivo degli Ad Patres fosse quello di mettere in risalto la propria abilità con gli strumenti.
Per questo e soprattutto per l’insufficiente ricchezza compositiva delle tracce, “A Brief Introduction to Human Experiments” è un’opera che resta impantanata nella sporca fanghiglia della noia.
Solo per iper-appassionati del genere.
Daniele “dani66” D’Adamo