Recensione: A.D.A.M.
A memoria dello scriba e salvo smentite, per la prima volta nella sua storia gloriosa la Minotauro Records di Marco Melzi si mette a sguazzare nelle putride viscere del Metallo estremo – Lp dei Ritual escluso – andando addirittura a solleticare una band polacca, formata da musicisti originari di Vladivostok, ossia la punta orientale più estrema della Grande Madre Russia.
Trattare il concetto di “estremo”, oggi, nel 2018, può far sorridere i più, vista la cacofonia dilagante a tutte le latitudini e la tracimazione nei confronti di qualsivoglia “paletto” legato alla tradizione più rigorosa sia a livello di look, che di dichiarazioni, che di testi, oltreché copertine. L’heavy metal non fa più paura a nessuno, e forse proprio da quando iniziò questo trend, dimostratosi poi inarrestabile, che le fondamenta dell’intera scena mondiale iniziarono a scricchiolare, partorendo la mancanza di ricambio generazionale, in primis. Evidentemente i messaggi forniti da altri generi musicali hanno più appeal dell’Acciaio, beninteso declinato in tutte le sue componenti, nei confronti dell’immaginario giovanile. Fine della divagazione.
I Begerith, questo il nome dei quattro metaller autori di A.D.A.M., secondo capitolo discografico della loro storia, rispondono – o dovrebbero rispondere, visto che all’interno del booklet non appaiono – ai nomi di Thorian (batteria), Alexey “Wiedzmin” Bushuev (chitarra/voce), Egor “Slayer” Menshikov (basso) e Andrey “Mr. Undead” Karasev (chitarra). Più semplicemente, come amano presentarsi, Begerith I, II, III e IV. Special guest Michal Staczkun (samples) e Nikolay Kislov (organo e synth).
Stessa solfa anche per le canzoni, due manciate senza conteggiare l’intro inziale, intitolate A.D.A.M. I, II, III e così via fino all’ultima, la decima (X). La loro proposta si incanala nel solco di quella delle tipiche lande facenti capo a Varsavia, la loro città di residenza e dintorni. Quindi robuste dosi di Behemoth, in primis, qualcosa dei Vader e poi via di incorruttibile gelo sino al termine.
Le mazzate Death’N’Black regalate a piene mani e senza economia di sorta dai cinquantuno e rotti minuti di A.D.A.M. garantiscono violenza cieca e assoluta dall’inizio alla fine, che è poi quello che si esige da uscite di questa natura. Beninteso, niente di nuovo sul fronte occidentale; ops, orientale in questo caso: un frullatore siderurgico di epica algida ove la carica nichilistica e selvaggia dei Begerith colpisce nel segno, nera e malvagia quanto basta. Libretto con disegni ipnotici arricchito dei testi dei vari brani per sedici pagine in totale incluso nel prezzo, alloggiato al di sotto di una copertina double face a tema come da cliché, a opera di Denis “Forkas” Kostromitin.
Stefano “Steven Rich” Ricetti