Recensione: A Dawn To Fear
Se c’è una band che dovrebbe entrare di diritto nel patrimonio dell’umanità metallica sono proprio i Cult Of Luna. Entità mutevole, multiforme e ad un livello tale da poter fare genere da sola, non si è mai fermata di fronte a nessuno e ha sempre proseguito per la sua strada riuscendo a non compiere mai un passo falso. Gli svedesi si possono anche permettere di centellinare l’attività live in favore di poche e selezionate uscite, rendendo ogni show un evento memorabile a cui vale davvero la pena assistere. Ci eravamo lasciati coi Cult Of Luna tre anni fa in occasione del grandioso Mariner, esperimento riuscitissimo in compagnia di Julie Christmas e che a sorpresa veniva dato alle stampe da una band che aveva poco prima dichiarato di essere in stand by.
C’è stato anche il tempo di pubblicare 2 live (Years In A Day e Mariner Live At De Kreun) e il 2019 arriva presto a scuotere i territori post metal prima con la pubblicazione di The Silent Man poi con l’ufficialità e la data di pubblicazione di A Dawn To Fear. Vertikal era un concept ispirato a Metropolis di Fritz Lang quindi distopico e grigio, Mariner virava verso coordinate spaziali e da viaggio interstellare e quest’ultimo nato muta ancora forma senza però essere un concept album. Si ritorna quindi alla base, senza collaborazioni o esigenze di copione e lo si fa con un fresco e meritatissimo contratto con il colosso Metal Blade e otto brani per una durata che sfiora gli ottanta minuti. L’opera dei Cult Of Luna, a differenza di quella dei Tool ad esempio, viene servita su doppio cd invece che disco unico e si rivela una scelta azzeccata; gli stessi Cult Of Luna hanno dichiarato di aver pensato insieme alla label di tagliare un brano dall’opera, cosa poi accantonata perché il taglio avrebbe totalmente stravolto la sua totalità e la sua ragione di essere.
Giustissimo impuntarsi, A Dawn To Fear è come il maiale: non si butta via nulla.
Premesso questo, ciò che balza all’orecchio sin dai primi ascolti è il sentore di stare ascoltando l’ennesimo capolavoro, e così è. Allo stato attuale delle cose possiamo tranquillamente considerare i Cult Of Luna come il gruppo di punta in ambito post metal; la padronanza della materia ormai è a livelli siderali e irraggiungibili dai comuni mortali, che possono solo fermarsi e imparare.
A Dawn To Fear è un disco aperto, quasi open source e lasciato alla libera interpretazione; i toni si fanno più emotivi, psichedelici e melanconici. Già dalla opener, The Silent Man, che è stata scelta come primo singolo, questa dimensione più intima si intravede e le chitarre ariose che fanno da contrappunto alle harsh vocals sono magistrali. I minutaggi dei brani sono altissimi e quasi tutti oltre i dieci minuti; una grande band però è perfettamente in grado di non farteli pesare e questo è ciò che A Dawn To Fear esegue alla perfezione. Si parte per il viaggio, ci si perde e per ottanta minuti si sta zitti come durante un gran film. Il basso martellante di Lay Your Head To Rest ve lo sognerete di notte assieme alla direzione siderale del brano e a un livello di tensione davvero notevole.
La titletrack compie l’ennesima metamorfosi e si rivela un brano di pura e semplice psichedelia, con delle clean vocals fumose e filtrate e un senso di straniamento e alienazione che chitarre e tastiere alimentano avvolgendo tutto. Sembra di vagare nel nulla in un posto dove è stata fatta tabula rasa di qualsiasi essere vivente, un’alba da temere, appunto. Nightwalker e Light On The Hill continuano questo matrimonio perfetto tra sludge e post rock e We Feel The End arriva a spezzare l’idillio più o meno sulle stesse coordinate della titletrack. Si lascia spazio a chitarre, tastiera e voce, la sezione ritmica arriva sul finale in maniera delicata e conclude in maniera sognante l’ennesima perla.
Inland Rain torna alle harsh vocals ed è un brano malinconico e pessimista che cresce ed esplode verso la metà; il gran finale di The Fall continua in apparenza su queste coordinate per poi dilatarsi e cullare l’ascoltatore per minuti e minuti e si vorrebbe che non finisse mai. Ci fermiamo qua, anche perché descrivere un’opera come A Dawn To Fear è un’impresa quasi impossibile. Sarebbe come il creare una sinossi de I Miserabili o il come descriverne la trama: troppi archi narrativi, troppi personaggi, troppe situazioni, troppi fil rouge.
A Dawn To Fear è un’opera totale, zeppa di figure retoriche, di sfumature e di colori che vanno gustati ad occhi chiusi. Con calma. Approcciatevi con la mente libera e predisposti al trasporto; non è un ascolto semplice e non vuole nemmeno esserlo, anzi, richiede tempo e dedizione. Quando poi ci si entra dentro l’amore è totale e viscerale, sanguigno, passionale e contorto. I Cult Of Luna si confermano e riconfermano come sempre; noi possiamo solo pendere dai loro strumenti e ascoltare in religioso silenzio. In questo mondo caotico e bastardo, dal giudizio semplice e dal gusto effimero c’è bisogno come l’aria di gente che sappia ancora fare arte a discapito di tutto e tutti. Alcune di queste persone, messe insieme nella stessa stanza o sullo stesso palco, si chiamano Cult Of Luna.