Recensione: A Deeper Kind Of Slumber
Un album sicuramente da ascoltare, ma penso che anche per voi sarà difficile
seguirlo con attenzione per tutta la sua durata. Dispersivo quanto mai, non
rinuncia tuttavia al raggiungimento di particolari atmosfare che effettivamente non mancano. Ma è troppo poco. Gli arrangiamenti sono ben studiati ma personalmente non trovo
un filo logico, non che sia indispensabile, ma sarebbe come scambiare i termini prigione
e labirinto: in questo album non trovo nessuna via d’uscita. Sarà una scelta
premeditata?
I Tiamat, in tutta la pace e la delicatezza di questo album, hanno questa grande
capacità.La semplicità strumentale e l’ambigua tranquillità che governa la loro musica,
fa parte di una rischiosa attività introspettiva: le tastiere più oscure, gli
arpeggi prolungati alla nausea, una voce che sembra strillare in silenzio per
non farsi sentire, aromi psichedelici e basi programmate in pezzi come
Trillion Zillion Centipedes, The Desolate One, Only In My Tears It
Lasts.
Tuttavia, almeno a mio parere, sembrano veramente varie le sonorità a cui si
ispira questo gruppo. Dalle note prolungate all’infinito, di una chitarra che si
sente poco ma volentieri, alla maniera degli intramontabili Pink Floyd; tastiere
e ritmiche che, seppur molto ma molto raramente, ricordano i Moonspell più
lontani.
Personalmente, penso che l’unico pezzo di questo album che meriti veramente una
caramella sia proprio il primo, ovvero Cold Seed, ma non lasciatevi
ingannare, i minuti di questo disco non proseguono allo stesso passo. Se cercate
qualcosa di movimentato e magari sonorità più sviziose, questo album non fa
assolutamente al caso vostro. Se invece, avete voglia di immergervi nella
riflessione e nell’angoscia che questo album riesce incredibilmente a
trasmettere, come volete. A vostro rischio e pericolo.