Recensione: A Little South Of Insanity
Al nome Aerosmith ultimamente è stato sempre più accostato l’ingrato aggettivo di band commerciale. Certo il fare la discutibile colonna sonora dell’ancora più discutibile americanata “Armageddon” e l’avere una figlia reginetta di Hollywood sono tutti elementi che hanno il loro peso. Effettivamente da Pump in poi Steve e la sua creatura sembrano aver perso la retta via nei loro cd che, seppur dotati di alcuni buoni brani, sono privi di quella forza che aveva caratterizzato da sempre la formazione statunitense. Ciò non toglie che mi sembra decisamente troppo facile e ingiusto criticarli. Forse la gente si è dimenticata che gli “Aero” hanno passato la cinquantina e che il loro sporco lavoro lo hanno fatto fino in fondo come pochi altri con oltre 20 anni di gloriosa carriera, di dischi che hanno dato molto, moltissimo all’ Hard Rock made in U.S.A. Forse è tempo per qualche gruppo emergente di provare a raccogliere la pesantissima eredità lasciata da Tyler e soci ma i cinque vecchietti in questo doppio live album dimostrano di essere ancora dei veri animali da palco e dei musicisti di grande livello capaci di trasmettere come al solito grande forza al pubblico.
La scaletta è veramente di qualità superiore e alterna canzoni cadenzate e incalzanti a lenti d’autore commoventi. L’ugola del signor Tyler regge con facilità disarmante fottendosene di ciò che la sua carta d’identità dice e la chitarra del fido Joe Perry si esibisce in solos guitar in stile “americano” al 100% che arricchiscono le song di puro e semplice Hard Rock. Sono particolarmente affezionato a Hole in my soul. Un lento melanconico come pochi che riesce a farmi sentire male; che mi fa pensare a tutti gli errori che ho commesso, a tutto quello che ho fatto passare a chi mi voleva bene, a quanto sono stato egoista e “stronzo” nella mia, seppur breve, vita. E cosa dire di Rag Doll allora? Quella batteria che inizialmente picchia piano piano e che poi prende forza la conosco a memoria. Quel sound così semplice e per certi versi pacchiano mi ha rapito fin dal primo distratto ascolto ed è stato la colonna sonora delle mie feste ai tempi del liceo! In pieno stile rockettaro la bellissima e “antica” Last Child dotata di brevi ma intensi assoli sporchi e taglienti che permeano per tutta la durata la hit impreziosita da emozionanti urli strazianti di Steve. Dream on ha un coro pericoloso tanto è bello. Ogni volta che lo ascolto ho paura che il mio cuore, causa l’eccessivo patos che riesce a trasmettere, scoppi. Un lento incredibile e senza tempo. Esplosiva la cavalcata Mama Kin che, sulle note pazze di un piano, vola veloce senza problemi con la sua carica contagiosa che non vorrei avesse mai una fine. Come saprete tutti dopo i problemi per droga, avuti alla fine dei ’70, gli Aerosmith tornarono grandi con Walk this way. Singolo cantato nella versione originale con il gruppo rap RUN DMC ( spero si scriva così ). Un sound magico che anche in questa versione live prende vita senza perdere un briciolo della sua potenza nel riffing potente e nelle strofe cantate con rabbia.
Chiude il disco Sweet emotions che a mio modesto parere incarna con maestria il meglio del Rock americano semplice e grezzo che gli Aerosmith ci hanno fatto rivivere per quasi due ore indimenticabili che Vi consiglio di sentire! Chiedo scusa a tutti i fan del gruppo per aver tralasciato nella mia recensione tanti pezzi storici della band ( presenti in questo doppio live ) ma ho preferito concentrarmi sui pezzi che ritengo più rappresentativi tagliandone inevitabilmente altri.
Disc 1
1. Eat The Rich
2. Love In An Elevator
3. Falling In Love (Is Hard On The Knees)
4. Same Old Song And Dance
5. Hole In My Soul
6. Monkey On My Back
7. Livin’ On The Edge
8. Cryin’
9. Rag Doll
10. Angel
11. Janie’s Got A Gun
12. Amazing
Disc 2
1. Back In The Saddle
2. Last Child
3. The Other Side
4. Walk On Down
5. Dream On
6. Crazy
7. Mama Kin
8. Walk This Way
9. Dude (Looks Like A Lady)
10. What It Takes
11. Sweet Emotion