Recensione: A Portrait of Life

Di Flavio De Angelis - 10 Novembre 2010 - 0:00
A Portrait of Life
Band: Karlahan
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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85

“The sounds you are about to experience were designed specifically to create a feeling of euphoria”.

È così, semplicemente, che inizia il primo ed unico full length degli spagnoli Karlahan, nati nel 2006. I nostri hanno deciso di cimentarsi in un’avventura complessa ed entusiasmante: un progetto ambizioso, reso vacillante dalla dipartita del batterista Victor, seguito a ruota (per l’eccessiva complessità delle orchestrazioni, come specificato nel Myspace) dal tastierista Ivó. Ciononostante il quintetto iberico decide comunque di non fermarsi, registrando questo lavoro.

Non sempre l’ambizione porta buoni risultati. Talvolta, infatti, ambizione può essere sinonimo di avventatezza se mancano le abilità e di monotonia se manca l’originalità, trasformando la varietà in eccessiva frammentazione. Occorre aggiungere poi che l’uso di massicce orchestrazioni, se non amalgamate al meglio con la parte metal, rischia di essere un handicap per il suono anziché un suo naturale arricchimento. È ciò che è capitato a band di spessore e con grossi budget a disposizione: orchestrazioni grasse e pompose, suoni vari e potenti… ma a sostegno di cosa, se mancano spunti melodici interessanti e buone idee?
Fortunatamente non è questo il caso dei Karlahan, che sorprendono sotto ogni punto di vista. La produzione è buona (nonostante, ricordiamolo, si tratti di un’autoproduzione), le melodie sono interessanti e le orchestrazioni si presentano estremamente varie: a volte leggere, talvolta drammatiche, ogni tanto “moderne”. Tutto questo condisce un disco che si pone come una sorta di Progressive Death Metal ricco di accelerazioni black e alcune clean vocals.
Dopo la title track strumentale introduttiva che da sola è già in grado di far apprezzare il talento del complesso spagnolo, si comincia con Remnant, che si presenta con una semplice sfuriata black. Dopo qualche secondo, però, ecco le tante decantate orchestrazioni e la vera natura dei Karlahan, quel mix di Black, Death, Progressive ed una piccola matrice Folk che colpisce per la perfetta fusione tra le parti, indice di classe compositiva e di idee chiare. Ottima anche la prova del cantante e dei due clean vocalist, rispettivamente chitarrista e batterista. I numerosi rallentamenti del brano conferiscono al disco quella capacità di rilassare e generare benessere, quel feeling of euphoria che si proponeva la band al momento della stesura di A Portrait of Life.
Il vero capolavoro però lo si ha con The Harvest, già presente nel demo Twilight del 2007, la traccia più folk del disco che ha dalla propria parte una melodia vincente, la giusta potenza e dei break atmosferici da pelle d’oca. Qui viene fuori anche un altro pregio di questa talentuosa band, ovvero la capacità di ricreare qualsiasi emozione senza dilatare all’inverosimile la canzone (infatti nessun brano supera i sei minuti), cosa non propriamente scontata dato che molti necessitano di lunghe ed interminabili suites per ottenere lo stesso risultato. Con Involution invece subentra la paura, la paura che quanto ascoltato precedentemente fosse solo un fuoco di paglia, per il suo incipit moderno ed elettronico misto a ritmiche quasi “etniche”. Si tratta però solo di qualche secondo di sbandamento, perché la band riprende in mano il bandolo della matassa e continua a stupire (per quanto, comunque, reputi Involution la traccia più debole del disco).
Le successive Twilight e Reverie, riportano l’album sugli ottimi livelli delle prime tracce: se nella prima (anch’essa, come The Harvest, presente nel demo) sembra quasi di ascoltare gli Equilibrium più progressivi con ottimi risultati, nella seconda potenza e melodia rendono Reverie la degna chiusura di un disco inaspettato. Inaspettato per la gioventù artistica dei Karlahan, per il budget limitato della band, per i problemi di line up (purtroppo interminabili: proprio quest’anno anche il lead vocalist Tony e il chitarrista Jordi hanno deciso di lasciare la band). Inaspettata perché si pensa sempre che essere originali non sia più possibile. In attesa di una nuova release, godiamoci questo piccolo e sorprendente capolavoro, coinvolgente ed emozionante (scaricabile gratuitamente a questo indirizzo).

Flavio “Due soli inverni” De Angelis

 

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Tracklist:

1. A Portrait of Life (3.28)
2. Remnant (5.38)
3. The Harvest (4:25)
4. Involution (6:49)
5. Twilight (4:53)
6. Reverie (4:51)
 

Line up:


Tony González – Growling vocals
Guillem Rejón – Guitars and clean vocals
Jordi Bolíbar – Lead guitars
Sergi Nuez – Bass
Aleix Valverde – Drums and clean vocals

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