Recensione: A Prog Bible
Idea ambiziosa quella del duo siciliano nato nel 2018 e formato da Patrick Fisichella e Giovanni Puliafito, musicisti con un curriculum importante alle spalle. I due musicisti hanno deciso, infatti, di unire il loro bagaglio tecnico e creativo per realizzare un album che mette in musica alcuni episodi del Primo Testamento accostando metal e progressive. Il moniker ApoGod è l’unione di due concetti: “Apocrifo o Apostatica” e “God”, ma a detta del duo le prime tre lettere possono essere anche l’acronimo di Another Point Of (view).
La copertina (con una Giuditta in estasi?) è sicuramente d’impatto e l’uso del bianco e nero la rende un ottimo biglietto da visita per approcciare l’album. L’inizio è orchestrale ed epico, vengono in mente certi Rhapsody of Fire (e i Symphony X di V), bisogna aspettare 180 secondi per l’ingresso della chitarra elettrica e del comparto metal. L’opener vuole mettere in musica nientemeno che la cosmogonia narrata all’inizio della Genesi, impresa delle più ambiziose e sfidanti. I quasi nove minuti di “The Creation” dal punto di vista compositivo propongono diverse idee suggestive: siamo su lidi progressive e si sente, la perizia tecnica non manca, quello che stona è la produzione, poco bilanciata e pulita. Senza questa pecca il disco avrebbe preso avvio nel migliore dei modi. “Adam & Eve” inizia con un riff che punta sul groove, il pezzo punta su sonorità hard rock, con l’apporto delle tastiere di Giovanni Puliafito che spezzano il muro sonoro delle chitarre creando scenari (per così dire) edenici visto il titolo del brano. C’è spazio anche per un finale dilatato con un assolo col giusto pathos.
L’incipit di “Cain’s Pain” ricorda, mutatis mutandis, “Overture 1928” dei Dream Theater, parliamo di un altro pezzo strumentale giocato sugli scambi di assoli tra chitarra e tastiera, con inserti orchestrali. Punta su una maggiore cattiveria “The Great Flood Of Blood” (che si riferisce al Diluvio universale), la voce è teatrale e aggressiva, tra Amon Amarth e Therion, stupisce perciò la parte centrale con momenti fatati e una ripresa orchestrale impreziosita da unisoni di chitarra e clavicembalo. Un curioso mix di generi, dal black, al power al gotico.
Si torna su lidi progressive con “Tower Of Babel”, tre minuti di virtuosismo farcito di dissonanze e note a profusione. Per il brano dedicato a Sodoma e Gomorra ci aspettiamo un altro brano simile a “The Great Flood Of Blood” e invece “Cyber Abraham And The Massacre Of Sodom” vede Salvo Cappellano alla voce e un approccio meno oscuro con le parti di tastiera a fare la parte del leone. Intensa e magnetica la parte psichedelica al quinto minuto, consigliata.
“Egyptian Plagues” e “ Pharaoh’s Rage” compongono una coppia di canzoni incentrate sulle vicende del popolo eletto in Egitto, luogo che diventa metafora della schiavitù del peccato da cui emanciparsi. Francesco Aiello (Firegarden, Larry Smith, Ros & the Nightfly) suona le percussioni all’avvio, mentre Salvo Pennisi (Massive Turbulence) si diverte con il doppio pedale della sua batteria; nel finale spicca un assolo di Patrick Fisichella.
Mancano solo due tracce alla fine dell’album. “Promised Land (A Prayer Of Moses)” è l’immancabile ballad, quasi del tutto acustica e che cerca di trasmettere emozione pura riuscendoci a metà. A Prog Bible si chiude con “The Divine Code”, tredici minuti ambiziosi tanto quanto l’opener. All’inizio dominano le orchestrazioni, viene in mente il nome di Luca Turilli, ma nel prosieguo sono tante le influenze che emergono, su tutti i Dream Theater di Images and Words. Non mancano alcune parole in growl e il disco si chiude in gloria in modo epico e trionfale.
Cosa dire di questo progetto ApoGod che coniuga prog metal e liriche bibliche? La tecnica messa in campo dal duo fondatore raggiunge livelli di tutto rispetto, le idee compositive a tratti convincono, quello che proprio non va è la produzione, sicuramente da rivedere e migliorare in fatto di bilanciamenti e pulizia dei suoni. Aspettiamo un eventuale concept come sequel o quant’altro i nostri sapranno inventare guidati dalla loro creatività.