Recensione: A Reckoning

Di Daniele D'Adamo - 15 Agosto 2024 - 0:00

Siam sempre lì. A volte ci si chiede come sia possibile che una data band, di scarso livello, riesca a vergare un contratto discografico; mentre altre, assai più meritevoli, restano al palo. Perlomeno, gli Arx Atrata, con il quarto disco “A Reckoning“, giovano della distribuzione dell’Imperative PR.

L’introduzione, indirettamente, pone la one-man band britannica sin da subito su un livello tecnico-artistico superiore alla media del genere. Genere che, al momento, quello che regala le emozioni più potenti, quello che tira fuori l’anima, che fa piangere il cuore: l’atmospheric black metal.

Che è quello che, in primis, Ben Sizer scatena nell’anima di chi ascolta. L’intro “To Sunder the World“, con il suo lento incedere e la sua arcana musicalità, tira fuori da dentro sentimenti enormi, profondi, veri. Come la tristezza. Non si tratta certo di una circostanza originale ma c’è modo e modo, di trattare i sentimenti che si nascondono fra le pieghe della mente poiché, da sempre o quasi, sono legati a un certo assioma, totalmente errato, che tali singulti siano retaggio delle persone più deboli. Sbagliato. Più sensibili, invece. Persone che non hanno ne avranno mai, per fortuna, alcun feeling con i cosiddetti duri.

Per viaggiare nell’etere assieme agli Arx Atrata, immaginando di sorvolare mondi sconosciuti, in cui la Natura svolge serenamente il proprio compito lontano dalla fastidiosa follia umana, è semplice: basta immergersi nel mood del full-length. Il quale, più che triste. si potrebbe definire malinconico. Lo mostrano facilmente le meravigliose armonie eruttate dal talento purissimo di Sizer, che – essendo solo – è libero al 100% di tratteggiare, disegnare a pastello o all’acquarello le sette tappe che, dalla ridetta “To Sunder the World“, portano sino a “Our Dark Shadow“.

Tappe legate non solo dalla musica ma anche dalla voce. Roca, molto vicina alle hars vocals cantate con la gola sanguinante dolore; la quale, con il suo tono sofferente, manifesta, esplicita, le mirabili visioni di galassie e supenovæ attivate dalla musica. Musica. Sì, con tutti gli strumenti in Nostro ci sa proprio fare, drum-machine compresa, ottimamente programmata per scandire ritmi molto vari, che transitano dagli slow-tempo per poi scatenarsi buttandosi a capofitto nel buco nero dei blast-beats.

Con tutto ciò, non si creda che l’impatto frontale di “A Reckoning” sia… molliccio. Al contrario, quando la strumentazione spinge, tutta, per superare la velocità della luce smentendo Einstein, come accade in “Mercy Unearned“, la potenza di brani quali “The Ruin of My Past” si rivelano essere pari a quella del raw black metal (si diceva, un tempo, fast black metal). Black metal feroce, aggressivo, possente ma, in questo specifico caso, allo stesso tempo meravigliosamente melodico. Melodico nello sviluppare con la chitarra solista e con le tastiere un sound granitico ma anche dolce e orecchiabile senza essere catchy. Fini ceselli dorati baluginano nel buio quando riflettono la luce che arriva da chissà dove. Sicuramente lontano nello spazio e nel tempo, giacché l’immersione totale nell’LP, l’abbandono fra le sue braccia, veicolano la mente lungo un percorso solido, grazie al corretto utilizzo del basso, che, contrariamente ad altri act anche più famosi, fa sentire la sua voce morbida e tonante (“The Witch“).

Proprio l’inizio di quest’ultimo brano è indicativo della bravura di Ben Sizer alla voce. A buttar giù hars vocals a manate sono capaci tutti, ma a modularle e attivarle per scovare il male di vivere che affligge molte delle persone sensibili più su menzionate, riescono solo i più bravi. I gabbiani volano alto nel cielo, sfoderando tremende picchiate per cacciare il pesce fra le onde di una burrasca in quale mare sconosciuto. Questa, fra le tante visioni, albergano nell’anima degli Arx Atrata e, di conseguenza, di chi ama lo spessore artistico di una proposta musicale dallo spesso taglio passionale, per molti ma non per tutti.

La suite finale, “Our Dark Shadow“, che merita solo di essere fatta propria senza fiatare, socchiudendo leggermente gli occhi per concentrarsi al meglio, è a suggello di un album magnifico, “A Reckoning” che si rileva essere un assoluto must, imperdibile, per gli appassionati dell’atmospheric black metal ma non solo.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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