Recensione: A Shadow of My Future Self
Un disco solista è qualcosa di prettamente personale rispetto a un album realizzato collettivamente, da più menti, di conseguenza bisogna stare molto attenti a non fare passi falsi, ma non è questo il caso per Ross Jennings. Se vi aspettate un album in stile Haken o Novena vi sbagliate. Ross con A Shadow Of My Future Self guarda altri orizzonti musicali, forse dal songwriting più semplice e più pop, infatti la domanda che tutti dovrebbero porsi è “Perché no?”.
Ormai è dal 2010 (se non qualche annetto prima) che Ross è sulle scene, era anche il momento di dire la sua, come ha fatto il suo collega Richard Henshall con The Cocoon, disco Prog/Fusion di tutto rispetto. Ma qui, come appena detto, siamo ben oltre. Il lavoro strizza l’occhio al folk rock, al pop e altri elementi radiofonici per intenderci, mentre nella formazione troviamo Simen Sandnes alla batteria (nonché compagno di tour e videomaker per i vari tour degli Haken) Nathan Navarro, bassista di Devin Townsend e Youtuber di successo, Vikram Shankar alle tastiere e Jørgen Lund Karlsen al sax.
L’opener “Better Times” inizia con chitarra acustica e linee vocali melodiche in saliscendi, richiamando lo stile di Neil Young, alludendo forse al suo prossimo progetto con Neal Morse e Nick D’Virgilio. Andando avanti con l’ascolto troviamo brani che sono studiati per un pubblico variegato: il Pop Rock di “Violet”, oppure “The Apologist” con i suoi intermezzi Jazz o elementi Indie Rock in “Rocket Science”. L’album è tutto così ed esplora territori molto vasti e di sicuro tutti gli ascoltatori dovranno farsi l’orecchio diverse volte per apprezzarlo appieno. Il disco poi si conclude con “Year”, un brano che ricorda per certi versi le atmosfere di “Bound By Gravity” (brano degli Haken conteunto in Affinity), un modo semplice ma perfetto per chiudere questo lavoro in maniera coerente.
A Shadow Of My Future Self non vuole stare allo stesso livello con la discografia alla quale Ross ci ha abituati. È un lavoro più semplice, genuino, fatto sicuramente più con il cuore che non il cervello (non che il prog non lo sia); mettendosi nei panni degli ascoltatori più abituali qualcuno storcerà il naso, questo è sicuro. La performance di Ross non perde colpi e anche la band che sta dietro a questo lavoro fanno scuola nel loro piccolo, quindi non avete nulla da temere, fatelo vostro.