Recensione: A Sigil Burnt Deep into the Flesh
Originariamente uscito nel 2009, “A Sigil Burnt Deep into the Flesh” è il primo e per ora unico lavoro in studio dei francesi Helel. Debemur Morti Productions decide di riproporre il disco, cercando di dar spazio ad una band che indubbiamente ha molte frecce al proprio arco. Parliamo di un black metal caotico, bolgia infernale nella quale si sentono limpide le voci degli Helel.
Il sound si arricchisce via via di sinfonie ed accelerazioni che ci riportano alla mente la fredda ed iraconda solennità degli Anorexia Nervosa. L’industrial sfuma ed impreziosisce l’inumana interpretazione vocale, il cui approccio ci rammenta i progetti di Attila Csihar. Paragoni importanti che ci devono però far comprendere meglio la natura alienante di un progetto che punta ad ambientazioni apocalittiche ed allo stesso tempo solenni. Ci troviamo idealmente in un un’opera in cui il caos si intreccia con infernali patimenti, in cui follia e tortura regnano sovrane.
Leggende e storie infernali vengono come attualizzate dai suoni cibernetici dei francesi, un po’ come se un vetusto spirito fosse rimasto in vita fra noi e si fosse “vestito” dei panni dell’attualità. L’impasto di voci è il vero motore di un’ espressività che tende a portare sempre al limite i brani, conato di disprezzo che tutto abbraccia mortalmente.
Unico neo del lavoro forse la durata troppo breve, perché ventisette minuti potrebbero essere tranquillamente definiti un Ep. Al di là di queste disquisizioni, resta una sostanza che farà la gioia di chi ha un concetto di black metal che guardi oltre determinati orizzonti.
Stefano “Thiess” Santamaria