Recensione: A Sonication

Di Daniele D'Adamo - 6 Febbraio 2025 - 19:00
A Sonication
Band: Obscura
Genere: Death 
Anno: 2025
Nazione:
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84

Dopo la celebrazione live dei primi sei album, a distanza di quattro anni da “A Valediction” tornano in pista i tedeschi Obscura con “A Sonication“. Con una particolarità non da poco. E cioè, un cambio di line-up quasi totale, individuabile negli elementi che ruotano attorno al membro fondatore nonché mastermind Steffen Kummerer.

Elementi non qualunque, ma musicisti dotati di uno spaventoso tasso di tecnica strumentale associato a una lunga esperienza in numerose band che ruotano attorno al nucleo del metal estremo. Un nome su tutti, James Stewart (ex-Vader), a parere di chi scrive attualmente uno dei più grandi batteristi del suo genere.

Logico desumere, conseguentemente, che un act formato da quattro Campioni del calibro di quelli in azione non possa che cimentarsi con naturalezza nello stile già consolidato del combo teutonico. Stile immutato rispetto al passato, difatti, conseguenza evidente che a livello di songwriting le note fuoriescono principalmente anzi quasi totalmente dalla mente di Kummerer.

Il quale è stato abile a riuscire a mantenere intatta la personalità della band, segno di grandissimo talento se non genialità. Un po’ come accade per la musica classica, le cui armonie non cambiano al cambiare degli attori. Le grandi sinfonie di Sibelius, per esempio, sempre le grandi sinfonie di Sibelius rimangono, a prescindere da chi le esegua.

E così, è rimasta praticamente intatta l’unione del technical death metal alle splendide melodie che, da sempre, hanno costituito un segno distintivo dei Nostri. Come se il percorso artistico non avesse subito alcun cambiamento, o quasi. Cosa che, così, è. Inoltre, il technical degli Obscura non è fine a se stesso ma a servizio dei brani, della composizione, dell’orecchiabilità. I mezzi, insomma, per ottenere uno specifico fine e cioè un disco clamorosamente intrigante nel suo complesso.

Disco il cui impatto frontale è semplicemente pazzesco, grazie alla brutale – ma precisa come l’orologio atomico – erogazione di potenza che esplode dalle mani di Stewart e da quelle del bassista Robin Zielhorst. Quest’ultimo protagonista, anche, di introduzioni alle tracce che sanno un po’ di tristezza (“Evenfall“). Malgrado ciò l’umore del CD non cade nella depressione grazie a una struttura musicale dorata, materializzata dalle chitarre di Kummerer e Kevin Olasz. Micidiali generatrici di riff assassini come nella pesantissima “The Sun Eater“, in cui l’Universo pare piegarsi su se stesso, talmente è immensa la potenza in gioco. Accanto a questa naturale attitudine per l’elaborazione di strutture complesse e dalla pesantezza come il piombo, saettano nell’atmosfera le luci blu di assoli straordinari (“In Solitude“, “A Sonication“).

Ma è con le varie canzoni che tutto quanto prende forma. A partire dall’opener-track “Silver Linings“, ferita alla schiena dalle scudisciate dei blast-beats ma baciata sulla fronte da un ritornello indimenticabile, stupendo, quasi commovente per la sua bellezza. La produzione è perfetta per cui si riesce a percepire ogni minimo particolare che, come per incanto, regala momenti di rapimento. Operazione aiutata dalle ottime linee vocali imbastite dal ridetto Kummerer, molto bravo a modulare l’intensità del proprio growling.

Teoricamente questo discorso sarebbe più consono per il rock melodico tipo AOR ma no, invece no, è perfettamente aderente a uno dei sotto generi più violenti del death metal. Il che crea un ossimoro gigantesco. Immane spinta dei razzi a servizio della sezione ritmica da una parte, meravigliose armonie dettate da chi ha in testa le note più accattivanti possibili.

Anche le tracce beneficiano di tutto questo talento, di tutta questa tecnica, di tutto questo amore per la musica. Non ne esistono alcune che inducano alla noia, tutte dotate di un’autonoma personalità. Insomma ascoltare e riascoltare più e più volte “A Sonication” non stanca mai ma, anzi, consente di gustare ogni volta qualche dettaglio che, prima, era scappato dall’attenzione.

Alla fine, che dire? Poco. Che bisogna assolutamente fare proprio la magistrale Opera e masticarla all’infinito per scoprire la grandezza degli Obscura.

Daniele “dani66” D’Adamo

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