Recensione: A tab in the ocean
Tra le bands catalogate come minori rispetto alle formazioni cardine del progressive rock non possiamo non citare i Nektar. Attiva fin dai primi anni 70, questa band propose fin dal primo album, “Journey to the center eye” (disco datato 1971), un tipo di prog rock melodico e ricercato dove trovavano spazio anche alcuni cliché tipici del jazz rock. Il combo proseguì nella ricerca stilistico-strumentale con il seguente “A tab in the ocean”, disco qui oggetto di recensione, dove possiamo trovare una maturazione evidente del sound del gruppo e un brillante lavoro in sede di songwriting.
Apre l’album proprio la title track, sontuosa song della durata di poco più di sedici minuti. La lunghezza del brano è dovuta proprio alla maestosa intro strumentale al brano, che regala all’ascoltatore una esecuzione organistica pregevolmente sostenuta da una sezione ritmica che sottolinea con precisione i vari passaggi d’atmosfera del brano. L’incontro tra melodia e ricercatezza tecnico strumentale qui è ben collaudato e il lavoro chitarristico che affianca quello tastieristico aggiunge una nota di colore essenziale per la riuscita del brano. Interessanti risultano essere anche le vocals, che intrattengono l’ascoltatore con una impostazione quasi da “narratore fuori campo” di un immaginario filmico. Insostanza un brano di eccellente fattura che delizierà l’ascoltatore per la complessità della sua articolazione, ma anche per la capacità di affascinare per la fine armonia che la sottintende. Una drammatica introduzione dove basso e batteria giocano un ruolo rilevante nel sostenere un hammond in bella vista, danno inizio alla seguente “Desolation Valley”. Questo brano ha la caratteristica fondamentale di essere giocato principalmente sul contrato tra momenti di più diretto impatto (…e dalle tinte drammatiche come la parte introduttiva) e atmosfere più soffuse e di impostazione decisamente psichedelica. Proprio la psichedelia , con i suoi cliché stilistici, domina nella seconda parte del brano regalando all’ascoltatore attimi di piacevole rilassamento. Coinvolgente è la progressione strumentale in “Crying in the dark”, brano che in crescendo sviluppa tutta la forza persuasiva sull’ascoltatore, merito di un riffing dinamico e di facile presa. Il lavoro delle chitarre, sostenuto dalla sezione basso/batteria, svolge un ruolo essenziale per la riuscita del pezzo alternando i momenti più rockeggianti alla ricercatezza progressive, o ancora una volta ad alcuni spunti psichedelici. La conclusiva “”King of Twilight” (brano tornato alla ribalta nel lontano 1985 grazie alla cover che ne venne fattadagli Iron Maiden per il singolo “Aces High”) è una song dove chitarre e tastiere costruiscono insieme un riffing deciso e potente che lascia poi spezio ad un’apertura melodica di forte impatto che permette alla batteria di impostare il brano secondo linee melodiche dinamiche e coinvolgenti. Indimenticabile poi risulta il refrain principale, che si stampa subito in mente grazie ad un coro accattivante che, grazie a ritmiche precise e puntuali, sintetizza bene la forza d’impatto del brano.
In conclusione questo “A tab in the ocean”, va ad annoverarsi di buon diritto tra i classici del progressive rock dove la grazia strumentale si sposa alla perfezione con l’originalità compositiva, il tutto in poco più di mezz’ora.
Tracklist:
1. A tab in the ocean (15:31)
2. Desolation valley (5:45)
3. Waves (2:53)
4. Cryin’ in the dark (5:27)
5. King of twilight (4:07)
Line Up:
– Roye Albrighton / guitars, vocals
– Mick Brockett / liquid lights
– Allan Freeman / keyboards, backing vocals, Mellotron
– Ron Howden / drums, percussion, backing vocals
– Derek “Mo” Moore / bass, vocals