Recensione: A Taste Of Extreme Divinity
Gli Hypocrisy sono tornati, e più in forma che mai. Certo c’è da tener conto di come Peter Tägtgren e soci siano stati capaci di diventare una vera e propria garanzia nel corso degli anni, senza mai tradire le aspettative del proprio pubblico. Anche dischi “mediocri” (termine da prendere con le pinze, in questo caso) come The Arrival e Into The Abyss, considerati sì come i punti deboli della discografia, ma comunque ispirati al punto giusto, tanto da non rischiare il fallimento completo. A quattro anni di distanza dal precedente Virus, con l’intermezzo della remastered di Catch 22 uscita lo scorso 2008, arriva nei negozi A Taste Of Extreme Divinity, disco che ci mette di fronte ad una band in forma smagliante, che, oltre a non deludere le aspettative, torna anche ad esprimersi su livelli qualitativi decisamente alti.
A Taste Of Extreme Divinity non è solo una conferma di quello che rappresentano ad oggi gli Hypocrisy, ovvero una delle band di punta del panorama estremo europeo, nonché fra le più longeve (qualitativamente parlando), ma è anche in certi termini una versione “evoluta” del precedente Virus, dal quale riprende in parte la velocità e l’immediatezza, bilanciandola ancor di più con parti atmosferiche ed epiche che ritroviamo soprattutto nelle sezioni in cui la band decide di rallentare i ritmi di marcia. Ma non solo, rispetto al disco precedente si nota una maggiore freschezza di idee che vanno, ovviamente, ad alzare nettamente il livello qualitativo dei singoli pezzi. Alla base di tutto questo c’è un gruppo che tira fuori una prestazione esecutiva letteralmente da applausi: in primis le parti vocali di un Peter ancora più versatile rispetto al passato, seguite a ruota dalla precisione millimetrica della sezione ritmica composta dalla coppia Hedlund/Horgh.
Già gli attacchi frontali delle iniziali Valley Of The Damned ed Hang Him High fanno capire qual è l’elemento cardine di A Taste Of Extreme Divinity, ovvero la potenza, non tanto intesa come velocità (comunque molto sostenuta in molte sezioni del disco), ma piuttosto a livello di un muro sonoro condito da un’immancabile vena melodica, piazzata comunque stabilmente su partiture piuttosto violente. Molto più epiche e cariche di atmosfere sono invece le parti meno votate alla velocità, come nel caso di Solar Empire, No Tomorrow e lo stupendo refrain di Tamed-Filled With Fear. Mentre a dare spazio nuovamente alla violenza troviamo pezzi del calibro Weed Out The Weak ed il finale turbolento affidato a Sky’s Falling Down; pezzi che, statene certi, non mancheranno di mietere vittime in occasione dei live show. Il tutto è impreziosito dalla solita garanzia assoluta che è la produzione degli Abyss Studios di Peter Tägtgren, capace di dare il giusto spazio a tutti gli strumenti, mantenendo comunque il sound moderno e, allo stesso tempo, roccioso come non mai.
C’erano dubbi? In effetti non tantissimi… il male peggiore sarebbe stato forse un disco “sottotono”, ma comunque di buon livello. E invece no, A Taste Of Extreme Divinity è un album ispiratissimo, dove è quasi impossibile riscontrare un qualsivoglia calo qualitativo in tutta la tracklist, anche dopo ripetuti ascolti. Gli Hypocrisy convincono in pieno, dunque, senza troppo badare all’innovazione di una proposta musicale riconoscibile a miglia di distanza e senza comunque scadere nella banalità. Anche in questo caso, l’acquisto è d’obbligo.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
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Tracklist:
01 Valley Of The Damned
02 Hang Him High
03 Solar Empire
04 Weed Out The Weak
05 No Tomorrow
06 Global Domination
07 Taste The Extreme Divinity
08 Alive
09 The Quest
10 Tamed-Filled With Fear
11 Sky’s Falling Down
Line Up:
Peter Tägtgren: vocals, guitars, keyboards
Mikael Hedlund: bass
Reidar “Horgh” Horghagen: drums