Recensione: A Time Never Come
TrueMetal ha deciso di sostituire la precedente recensione pubblicata il 02/11/2001 con questa versione per fornire ai lettori una descrizione dell’album più approfondita.
Sono del parere che un gruppo quale i Secret Sphere e un album del calibro di A Time Never Come abbiano bisogno di una recensione che renda loro giustizia, perchè le solite parole non servono, i soliti discorsi sono superflui: qui conta solo la musica. E che musica! I nostrani SS ci hanno regalato uno dei migliori album di tutto il panorama Power, stravolgendo la solita storia e facendo trasparire le loro emozioni, la loro voglia di fare, le loro immense capacità compositive. Col senno di poi posso – e potete voi tutti – dire con certezza che non si è trattata di una meteora, di un raggio di luce effimero o di un momento brillante quanto passeggero: ci troviamo davanti ad un gruppo che ha tutte le prerogative per continuare la propria carriera al meglio, ci troviamo davanti ad una realtà del Power odierno, quello che sta lentamente morendo a causa di band anonime, di mediocri plagi di gruppi che meritatamente vengono considerati “nell’Olimpo” o (e ad oggi non ce ne dobbiamo più stupire) di ridicole copie di sé stessi. Vendere quanto più possibile sembra ormai il solo scopo della musica moderna, l’ambizione più grande a cui una band possa mai aspirare. I sentimenti, le emozioni, la gioia di fare e di ascoltare musica sembrano stati sovrastati completamente dall’onnipotente Dio Denaro. Fortunatamente non sempre accade ciò, e questo album ne è la dimostrazione vivente. A Time Never Come è un concentrato di mitiche suggestioni… provare per credere.
Power. Ho sempre e solo parlato di Power fino ad adesso. Ciò però non è la giusta e degna descrizione del sound che i Secret Sphere ci propongono. Se da una parte c’è sì la componente “happy” (come ormai è solito chiamare il genere “delle tastierine”) dall’altra c’è un mix di stili, provenienti dal Metal e non, che concorrono alla creazione di un capolavoro di raffinatissima qualità. Troviamo accelerazioni caratteristicamente Heavy, orchestrazioni epiche e affascinanti, atmosfere tetre e lente, linee vocali alte e cristalline e, udite udite, addirittura riff tipicamente Thrash: grezzi, veloci, incalzanti (e incazzati). Non mancano i momenti più struggenti e quelli più pesanti e diretti e non mancano quindi i momenti per rilassarsi su toccanti melodie né quelli per scapocciare all’infinito sulla componente più propriamente Power del disco. La durata delle canzoni è quantomai notevole – mediamente sui sei/sette minuti, con punte di otto minuti come la conclusiva Dr. Faustus – e ciò potrebbe compromettere l’ascolto. Potrebbe, dico giustamente, in quanto tutte le track dell’album non sono in alcun modo dispersive, ma anzi piene di elementi che ti tengono incollato alla musica mentalmente e fisicamente (provate a togliervi le cuffie su una Under The Flag Of Mary Read, se ne avete il coraggio).
Gate Of Winter, intro della successiva Legend, è cupa e misteriosa: una voce che sembrerebbe venire dall’oltretomba pronuncia parole sibilline su una melodia spaventosamente ossessionante che pare esplodere alla fine, quando in realtà lascia spazio ad un secondo intro, più corto e meno oscuro, suonato con il pianoforte. E finalmente ecco l’esplosione tanto attesa: i primi riff sono già spettacolari, potenti e diretti al punto giusto, originali e trascinanti come si deve.
Della già citata Under The Flag Of Mary Read, nella quale troviamo le influenze Thrash menzionate in precedenza: a esattamente quarantasei secondi dall’inizio tuona con una violenza immane un riff “bastonata sui denti” spettacolare quanto inaspettato, visto l’inizio moderato della canzone.
Che dire d’altro? Beh, inframezzi musicali come la quinta Emotions (un nome una garanzia) o intro come Paganini’s Nightmare e Hamelin, il primo di una teatralità esagerata e il secondo di una dolcezza infinita fanno chiaramente capire che questi ragazzi hanno le idee chiare e che ne hanno pure tante. Ballate zuccherose (nel senso più positivo del termine) e passionali come The Mystery Of Love fanno talvolta venire le lacrime agli occhi, soprattutto grazie – e qui ci spenderei qualche parola – ad un cantante del calibro di Roberto Messina, che non è solo intonato e dotato di un’innata estensione vocale, ma che sa anche emozionare emozionandosi, cosa nella quale pochi vocalist di oggi riescono. L’assolo di chitarra nella parte centrale, poi… Ricorda vagamente gli assoli di Slash, che sono belli proprio perchè non cercano la velocità o la tecnica, che il più delle volte rendono fredde le canzoni, ma cercano di colpire il cuore con una semplicità spiazzante quanto geniale (semplicità come sinonimo di onestà, non di banalità). Insomma, se avete ancora dei dubbi armatevi di liquido e compratevi il CD.
Molto ben fatto quindi ai Secret Sphere, che hanno creato un album che sicuramente rimarrà uno dei migliori in assoluto della scena Power. Vi do un consiglio: non compratelo per poi sentirlo una volta e lasciarlo successivamente in preda alla polvere. Cercate invece di fare ascolti ad intervalli regolari di tempo, né troppo vicini né troppo distanti: questo disco ha la capacità di riservare nuove sorprese ad ogni listening, che sia la terza o la centocinquantesima. Insomma, un album ben pensato, ben suonato e ben prodotto…
…E scusate se è poco.
Curiosità: Buona parte del disco è un concept incentrato su Faust (o Faustus che dir si voglia) di Goethe, uno scienziato ossessionato dal sapere che per ricevere l’onniscienza ha venduto l’anima a Mefistofele, invocato da egli in persona.
Tracklist:
1) Gate of Wisdom
2) Legend
3) Under the Flag of Mary Read
4) The Brave
5) Emotions
6) Oblivion
7) Lady of Silence
8) The Mystery of Love
9) Paganini’s Nightmare
10) Hamelin
11) Ascension
12) Dr. Faustus