Recensione: A Treacherous Ascension
Il 2006 è stato un anno prolifico per il funeral doom, con diverse uscite molto valide; il 2007, da poco iniziato, già ci porta il nuovo capolavoro dei Longing For Dawn, e se il buongiorno si vede dal mattino, l’annata non poteva cominciare il modo migliore.
I Longing For Dawn nascono dalla mente di Frederic Arbour, proprietario della label ambient/industrial Cyclic Law, e già attivo nei gruppi dark ambient Instincts e Visions; il background musicale del mastermind dovrebbe già dare un’idea di quale sia una delle principali influenze dei Longing For Dawn.
Il gruppo si era già fatto conoscere due anni fa con One Lonely Path, un disco forse passato in sordina, ma in realtà uno dei migliori album mai usciti nel funeral doom. La lentezza e la pesantezza del funeral erano impeccabilmente fuse con la desolazione di soundscapes ambient, e il risultato finale era una delle esperienze più emotivamente annichilenti del doom. Adesso i Longing For Dawn tornano sulle scene con A Treacherous Ascension, un disco dalle coordinate musicali praticamente identiche al precedente, che però ne rifinisce e ne potenzia tutti gli aspetti positivi, evidenziando un lavoro assolutamente meticoloso e volto alla ricerca della qualità.
Qui la parola d’ordine è “atmosfera”: ascoltando i Longing For Dawn sembra di stare in una vasta pianura desolata, senza la minima traccia di vita intorno, sovrastati da un cielo grigio denso di nuvole che scorrono veloci, e che portano via con sè i nostri pensieri, lasciandoci svuotati nell’anima. Nei Longing For Dawn non v’è spazio per esplosioni di violenza come accade per altri gruppi doom o funeral doom: qui la tragedia si consuma silenziosamente, nell’ombra, in una tranquillità effimera in quanto custode di più tristi verità; i Longing For Dawn non vogliono stupire l’ascoltatore catturando la sua attenzione con l’eclatante, ma vogliono scavare lentamente, ma profondamente, nel suo inconscio.
In questo gruppo risiede uno dei migliori esempi di tastiere d’atmosfera: non trainano il sound, ma creano un substrato ambientale insostituibile sul quale vanno poi a costruirsi le melodie di chitarra. Il bilanciamento degli strumenti è assolutamente perfetto, e la produzione pulita esalta la pregnanza di ciascuno. Quattro tracce compongono l’album, tutte molto lunghe, tutte lente e opprimenti nel loro incedere cadenzato; quattro capitoli che compongono la colonna sonora ideale per un’apocalisse interiore, forti di melodie la cui caratterizzazione esula dalla semplice malinconia, ma induce invece alla riflessione, alla catarsi, all’abbandono. Ad esaltare la forte carica emotiva della musica c’è una prestazione vocale da parte di Stefan Laroche assolutamente eccezionale: il suo growl è espressivo, disperato, come se le sue fossero le ultime urla di agonia in attesa di un destino ineluttabile, ed inoltre alcuni passaggi sono sottolineati da brevi sezioni di una voce pulita alienata, amelodica, cantilenante.
A completare il pacchetto, un artwork molto bello, che riesce perfettamente a tradurre in immagini le emozioni suscitate dalla musica.
I Longing For Dawn, con A Treacherous Ascension, sono riusciti a bissare l’eccellenza di One Lonely Path, grazie ad una visione precisa e lucida degli obiettivi prefissi, e grazie ad una maestria fuori dal comune nel plasmare la loro musica. Grande atmosfera e grande qualità per quella che, fin da adesso, a 2007 da poco iniziato, può già considerarsi una delle migliori uscite doom dell’anno.
Giuseppe Abazia
Tracklist:
1 – The End of Laughter
2 – Discidium
3 – Ephemeral Cure
4 – Once Supreme