Recensione: A Virtual World
Nuovo disco per la band svedese dedita ad un metal melodico con pesanti influenze di musica elettronica, per un (sotto)genere in grande crescita negli ultimi anni avversato da tutti i puristi del True-metal. Non stiamo parlando degli Amaranthe ma dei connazionali Metalite, che con “A Virtual World” giungono al terzo album in carriera. Attivi dal 2015, dopo il primo disco “Heroes in Time” (2017) uscito per Inner Wound Recordings i ragazzi si separano dalla cantante Emma Bensing, che alcuni ricorderanno danzare in maniera irrefrenabile quanto inconsueta nel video di “Afterlife” (oltre 2,5mln di visualizzazioni su Youtube), brano particolarmente rappresentativo della proposta degli svedesi. Nel 2018 Emma viene sostituita dall’attuale frontwoman Erica Ohlsson. La band passa ad AFM Records con il successore “Biomechanlcals” (2019), disco appena discreto che confermava la forte attitudine dei ragazzi ad ibridare metal con trance music anni ’90.
Anno 2021. I nostri fanno di nuovo capolino con “A Virtual World”, non un concept album in senso forte ma composto da diversi brani accomunati nei testi dalla rivoluzione digitale che stiamo vivendo: assieme alla titletrack si rilevano le affinità di brani come “Cloud Connected”, “Artificial Intelligence” e “Synchronized”, a rafforzare anche in senso metaforico la tesi della necessità di un’ibridazione tra la componente elettronica e il vecchio mondo analogico. Un binomio ormai perseguito da una pletora innumerevole di band in ambito metal: dagli Stratovarius agli Within Temptation a band italiane come i Volturian, fino all’ultimo esperimento in ambito gothic dei Sirenia in “Riddles, Ruins & Revelations” uscito qualche settimana fa.
Dal punto di vista musicale, il metal melodico dei Metalite convince. I ragazzi sanno scrivere pezzi catchy, leggeri e positivi, tutti debitamente tarati attorno ai quattro minuti di durata per non appesantire l’ascolto. Il disco scorre infatti molto bene senza momenti significativi di calo, con buoni brani come i singoli “A Virtual World”,“Peacekeepers” e “Cloud Connected”, la trance “Beyond the Horizon” o l’incalzante “Vampire Song”. Dietro alla facciata più melodica e commerciale che si identifica nel buon cantato e nella carismatica presenza della Ohlsson in copertina del CD e dinanzi alle telecamere nei videoclip (diremmo anche “dal vivo”, quando sarà possibile) si segnala un ottimo lavoro alle chitarre di Edwin Premberg e Robert Ornesved in particolare nei solos, ma a convincere davvero è il drumming serrato della batterista Lea Larsson, a garantire una sezione ritmica più prettamente metallica per un genere che si allontana progressivamente dai propri stilemi originali. Convincente e di estrema qualità anche la produzione, ad opera del solito Jacob Hansen (Volbeat, Amaranthe, Epica, Delain etc.), che garantisce ad ogni componente le giuste frequenze in un mix asciutto e moderno.
Cosa non va allora in questo “A Virtual World”? Per quanto apprezzabile la coerenza della band, il sound rimane fin troppo legato a band come i già citati Amaranthe, risultando fin troppo stucchevole e derivativo con pochi elementi davvero identitari, in un periodo come l’attuale in cui l’ibridazione tra metal melodico e sintetizzatori da discoteca avviene con sempre maggior frequenza. In secondo luogo, i ragazzi dovrebbero concentrarsi sulle liriche: è impossibile nel 2021 ascoltare passaggi come il ritornello di “Peacekeepers”, che con quel: “Peacekeepers / Keepers of peace” ha stuzzicato l’ironia di decine di commentatori su Youtube (qualcuno ha proposto “Fire fighters / Fighters of fire”). Lo stesso discorso si potrebbe fare con brani come “Cloud Connected” o la titletrack, un po’ a rappresentare il fatto che i Metalite sono bravi a scrivere pezzi catchy ma hanno ben poco da dire attraverso le proprie canzoni. A volte anche con un vocabolario limitato (penso in ambito happy metal ai Freedom Call, per non citare il lessico dei Manowar) è sufficiente mettere assieme le (poche) parole giuste per scrivere un testo epico che ti faccia scorrere quel piccolo brivido mentre canticchi il ritornello. Nel caso dei Metalite, questo non avviene.
In definitiva, “A Virtual World” degli svedesi Metalite è un disco orecchiabile e catchy di metal melodico con importanti influenze trance da disco music anni ‘90, ben composto e prodotto in maniera eccellente, che tuttavia paga il suo essere eccessivamente derivativo ed una più che scarsa cura nei testi. Gli appassionati del genere troveranno in quest’album un ascolto estremamente piacevole e leggero, tutti gli altri l’ennesima copia degli Amaranthe con più sintetizzatori e meno metal.
Luca “Montsteen” Montini