Recensione: ABachalipse Now

Di Alex Casiddu - 8 Aprile 2013 - 0:01
ABachalipse Now
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Anno: 2013
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72

Sono passati ben ventiquattro anni dall’esordio discografico di Sebastian Bach, quando insieme agli Skid Row si presentò al mondo pubblicando l’omonimo debutto: da quel momento nulla fu più come prima!
Sono bastati un paio d’album – l’altro è “Slave to the grind” – a far entrare il biondissimo Bach nella storia della musica hard rock ed a farlo ricordare per sempre dagli appassionati del genere e non.
Mai come in questo caso, il successo, arrivato in maniera così fulminea, portò anche all’altrettanto repentino scioglimento della band. Fu così nel 1996, dopo la pubblicazione dell’opaco “Subhuman Race”, le strade di Bach e del resto degli Skid Row si divisero per non incontrarsi mai più.

Oggi le voci di una possibile reunion sono sempre più forti e i messaggi di riappacificamento tra i componenti del gruppo sono sempre più frequenti; ma la realtà odierna ci porta ancora a prendere in esame un album – questa volta dal vivo – di Sebastian Bach in versione solista, intitolato “ABachalypse Now”.
Nonostante il singer statunitense abbia pubblicato due release in studio – “Angel down” e “Kicking & screaming” – questo live pesca a piene mani dal repertorio della sua band d’origine: proseguendo nell’ascolto capiremo il perché.
Il packaging si presenta con due cd, con all’interno rispettivamente le esibizioni al festival francese Hellfest e al Club Nokia di Los Angeles; mentre per quanto riguarda il dvd, troviamo le suddette esibizioni, più quella al Graspop festival in Belgio ed un tris di videoclip.

Dando un’occhiata alle scalette, la prima cosa che balza all’occhio e che, inevitabilmente, va computata come una critica, è il fatto di proporre praticamente le stesse canzoni su entrambi i dischi. Una cosa abbastanza inutile, che porta a non andare oltre l’ascolto di uno solo dei due supporti.
Senza dubbio, un disco singolo con tracce tutte differenti sarebbe stato più opportuno, magari con un collage da più date, ma tant’è.
Venendo alla musica suonata, Seb decide di aprire la sua esibizione francese premendo sull’acceleratore con “Slave to the grind”, suonata ancora più veloce di quanto già fosse in origine; scelta abbastanza discutibile, su un brano spedito già di suo.
La band dimostra comunque di essere ben rodata e formata da buoni turnisti: il giovanissimo chitarrista Nick Sterling – 23 anni – e i “navigati” Johnny Chromatic – chitarra –, Jason Rappise – basso – e Bobby Jarzombek alla batteria, quest’ultimo in particolare già membro di Riot e Halford.
Ovviamente non hanno bisogno di presentazione le varie “Here i am”, “18 & life” o “Monkey business”: chiunque conosce il valore e la bellezza di questi brani ed è innegabile che il  riascoltarle fa sempre un certo effetto. Tutte tracce che trasmettono sempre grandi emozioni, pure se la prestazione vocale di Bach risulta più sporca e fin troppo aggressiva – più da urlatore che da cantautore – tanto da penalizzare soprattutto gli episodi più lenti e creare un pelo di confusione in quelli veloci.
Va detto ad ogni modo, che il singer americano anche negli anni d’oro degli Skid Row, dal vivo non ha mai brillato particolarmente per pulizia e tecnica nel cantato.

Come detto in precedenza, le scalette registrate variano di poco con i cambiamenti principali che riguardano i brani della carriera solista: mentre nel live francese trovano spazio “Kicking & screaming” e “American metal head”, in quello losangelino, oltre a quest’ultima c’è l’aggiunta di “(Love is) a bitch slap” e “Tunnelvision”, situazioni in cui, come scritto qualche riga più sopra, si nota come il livello di coinvolgimento e d’attenzione cali in maniera impietosa rispetto alle tracce scritte con i suoi ex compagni.
La conclusione del secondo disco non poteva che essere affidata a “Youth gone wild”, brano manifesto di un’intera generazione di rockers, che oggi come vent’anni fa, non ha perso carisma e carica. Del resto, come sottolineato più volte, la qualità dei brani proposti è indiscutibile.

Piuttosto, restano da segnalare alcuni altri particolari di rilievo. Su tutti, la scelta di registrare entrambe le esibizioni in presa diretta dal mixer, seppur con evidenti ritocchi che in diversi frangenti abbelliscono fin troppo la voce del singer americano.
Sin troppo artefatte poi le ovazioni del pubblico, che sembrano aggiunte con un sommario copia e incolla.
Aspetti all’ordine del giorno quando si parla di live album, che ormai non fanno più notizia: la cosa a nostro modesto giudizio, poteva tuttavia essere gestita in maniera decisamente più elegante e meno approssimativa. In casi simili, viene, in effetti, spontaneo chiedersi quanto sia utile puntare tutto sulla quantità, a discapito dell’adeguata qualità.

Ad ogni modo, se siete fan duri e puri di Sebastian Bach fate vostro questo lavoro a prescindere da tutto e tutti.
Se invece vi annoverate solo tra gli estimatori occasionali, probabilmente un ascolto ed uno sguardo al dvd potreste darlo, senza tuttavia eccessivi entusiasmi.
Nell’attesa che, nel frattempo, arrivi finalmente il giorno della tanto agognata reunion degli Skid Row…        

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