Recensione: Abhorrent Dimensions
… e arriva il secondo full-lenght in carriera, per i Sepulchral Curse. “Abhorrent Dimensions”, che segue a distanza tre anni il debutto, “Only Ashes Remain”. Benché la discografia sia un po’ scarna, la band esiste da dieci anni. Lustri in cui è stato perfezionato lo stile attuale.
Stile che si configura come death metal. Interpretato in maniera piuttosto personale. Frutto, appunto, dell’aver triturato mascelle nella fase di preparazione, cui è seguita, appunto, quella relativa alla determinazione dei dettami di base, del DNA che ha dato luogo al platter in esame.
Le trame intessute dalla parte eminentemente esecutiva assorbono a sé la conoscenza integrale del death metal, sin dagli inizi. Lo dice la musica, lo dice il background culturale. Per poi assumere delle forme adducibili solo e soltanto al combo finlandese, molto bravo, giova ripeterlo, ad aver partorito un sound adulto, ricco di personalità, piuttosto facile da legare al combo medesimo.
Il feroce condottiero del gruppo, Kari Kankaanpää, guida la truppa con un growling profondo, soffuso, totalmente inintelligibile nelle sue linee vocali tese a ridurre il tutto a qualche tonalità e niente più. Il che, tuttavia, è davvero la soluzione perfetta da accavallare a una foggia musicale spaventosa.
Le chitarre di Jaakko Riihimäki e Aleksi Luukka, calibrate su combinazioni di note agghiaccianti nonché tenebrose, si mostrano terrificanti quando esplodono in una violentissima bordata di riff clamorosamente devastanti. La sequenza degli accordi non mostra nemmeno un secondo di pausa, giacché il suo incedere terremotante coinvolge visioni apocalittiche di altissimi pinnacoli rocciosi che si sgretolano a mano a mano che si susseguono i brani. Da rilevare, inoltre, che anche per gli assoli c’è manna dal cielo, nel senso che si rivelano sempre in linea con il top del genere in esame, con alcune punte di sorprendente eccellenza (‘Stagnant Waters’).
Occorre considerare, poi, che Johannes Rantala è un batterista dalla forza erculea, potentissimo in ogni tipologia di ritmo, compreso ovviamente i blast-beats, che porta anzi, spara oltre i confini della follia. Una spaventosa macchina che produce una spinta di centinaia di tonnellate se adesa alla disumana, impressionante vigoria del basso di Niilas Nissilä.
Da sottolineare la presenza quasi costante della melodia. Chiaramente da non intendersi come quella del melodic death metal quanto, invece, come quella del doom più orecchiabile (sic!) o giù di lì. Una melodia, insomma, che, come un serpente, svolge le sue spire lentamente, aggrovigliandosi fra le varie componenti che ingenerano i segni caratteristici della tipologia musicale abbracciata dal quintetto scandinavo.
Per meglio dire, nel suo insieme, “Abhorrent Dimensions” rappresenta una delle più feroci aggressioni sonore che siano in giro nel metal estremo. Come un pesantissimo rullo compressore, il disco rade al suolo qualunque cosa incontri nel suo cammino. Dalla violentissima ‘Onward the Legions’ sino all’ossianica, sulfurea ‘Through Abhorrent Dimensions’. Ed è proprio con l’opener-track che si può percepire appieno l’anima del gruppo, volta alla più totale devastazione delle membrane timpaniche.
L’umore cupo e oscuro che permea il disco stesso, inoltre, in certi frangenti (‘The Serpents of Uncreation’), avvicina all’album il black metal. Si tratta di poca cosa, a tutti gli effetti, tuttavia si tratta di una pennellata di nero che non stona con il contesto anzi. Questo perché consente al songwriting una maggiore possibilità di azione. Songwriting che si dimostra più che buono. Capace di mantenere intatte nelle sette tracce tutte le caratteristiche che definiscono univocamente il sound dei Nostri, dà adito a sette canzoni, appunto, irreprensibili nell’essere diverse le une dalle altre, rendendole così pienamente riconoscibili, dotate di vita propria.
In assoluto, e per concludere, i Sepulchral Curse si rivelano essere una gran bella sorpresa, in un genere stra-inflazionato da ogni tipo di act. E “Abhorrent Dimensions”? Semplice. Un’opera che ogni appassionato di death metal non può far mancare nella propria collezione.
Daniele “dani66” D’Adamo