Recensione: Abode Of The Departed Souls

Di Daniele D'Adamo - 18 Novembre 2014 - 20:20
Abode Of The Departed Souls
Band: Obtruncation
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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76

Non tutti, invecchiando, perdono forza, energia e combattività. Una dimostrazione chiara anzi lampante? Gli olandesi Obtruncation e il loro “Abode Of The Departed Souls”, album nuovo di zecca che colma un vuoto di ben diciassette anni, quando nel 1997 uscì l’allora debut-album “The Callous Concept”.

Storicamente, si sa, quegli anni non furono i migliori per il metal estremo ortodosso. Roboanti echi goticheggianti, fuorvianti modernizzazioni ‘nu’, esagerate armonizzazioni catchy, per elencarne qualcuno ma non tutti, furono elementi che allontanarono il grosso pubblico, seppur di settore, dalle band che proponevano, invece, il death metal così come mamma l’aveva fatto qualche anno prima. Così, probabilmente, si spiega il lungo letargo che ha preceduto una reunion totalmente esplosiva, se “Abode Of The Departed Souls” ne rappresenta i presupposti.

Gli Obtruncation, comunque, prima di pubblicare la summenzionata Opera Prima avevano già dato alle stampe due demo incendiari: “Sanctum’s Disruption” (1991) e “Sphere Of The Rotting” (1992). Con i quale si erano imposti nell’underground con la fama di essere una delle formazioni più estreme del momento, in grado di suonare a velocità supersoniche tali da far venire in mente, nella penna di qualcuno, il termine ‘hyper-speed’.

Ora, a distanza di venticinque anni dalla nascita (1989), i cinque musicisti di Dordrecht dimostrano che la classe non è acqua proseguendo imperterriti sulla strada della ricerca della massima pressione sonora possibile. Una ricerca che senz’altro li premia con un ottimo risultato, giacché il devastante drumming di Martin Steigenga spinge così forte sul pedale dell’acceleratore da lambire, in varie occasioni, il limite della coscienza da quello dell’incoscienza, per entrare così nello stato di trance. Un drumming che non perde potenza al crescere della rapidità d’esecuzione e che pertanto non si appiattisce, quando vengono sfondati i confini dei blast-beats. Inoltre, a irrobustire ulteriormente il sound dei tulipani, ci pensano le due chitarre di Martin Steigenga e Bruno, lontane anni-luce, come suono, dagli impalpabili zanzarii di certe realizzazioni. La matrice thrash, dato atto della data di nascita del quintetto, forma la base di un riffing poderoso, massiccio e compatto; eccellente compagno delle rimbombanti linee di basso e delle tremende mazzate del batterista. Il tutto condito dall’isterico cantato di Anton Visser, a suo agio con lo stile tipico dei vocalist thrash provenienti dai Paesi Bassi tipo Maurice Swinkels dei Legion Of The Damned.

Quando forzano al massimo delle loro possibilità, come nell’opener / title-track “Abode Of The Departed Souls”, lo è sfascio totale, assoluto. Malgrado gli elevati valori di BPM, l’ordine regna sempre sovrano, e di ciò bisogna rendere merito alla bravura dei Nostri nel sapersi muovere con estrema sicurezza e decisione nei territori oltremodo pericolosi dell’hyper-speed. Quando decelerano entra un gioco un pelo di ordinarietà, nel senso che si perde per strada un po’ di quella distruttiva originalità che contraddistingue così bene l’ensemble, quasi fosse costretto ad adottare soluzioni scolastiche per inframmezzare le sezioni da delirio completo in cui, davvero, si corre a briglie sciolte.                

Ottimo esempio di fedeltà alla linea e di longevità, gli Obtruncation. Menare le mani con un’intensità come quella che segna “Abode Of The Departed Souls” è un’impresa ardua per chiunque. Anche per le nuove leve, teoricamente più fresche. Teoricamente.

Daniele “dani66” D’Adamo

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