Recensione: Above
Ok, avete letto il nome Samael lì in alto. Ok, avete letto anche “Black” come categoria musicale, e sapete che TrueMetal ha etichette abbastanza rigide e a volte queste non riflettono la complessità di un genere musicale. Ma qui non c’è nessun equivoco: Above è puro, malvagio, feroce black metal.
A questo punto molti avranno ascoltato l’anteprima resa disponibile settimane fa dal gruppo svizzero, quella Illumination che aveva lasciato basiti tutti i fan abituati ormai al groove industriale dei Samael: come spiegare quindi che quel brano è in realtà uno dei più “catchy” dell’intero disco? I Samael sono impazziti, hanno buttato giù una manciata di brani semplici, grezzi e dannatamente efficaci, con linee melodiche riconoscibili solo dopo qualche ascolto, e si sono resi responsabili di una delle uscite black metal più interessanti dalla fine degli anni ’90 in poi.
Quello che doveva essere un side-project di Xy e Vorph, i due fratelli da sempre responsabili di musica e testi per i Samael, si è in realtà trasformato nel nuovo disco targato Samael, a costo di scontentare i vecchi fan: o magari no, se consideriamo che in realtà quelli davvero vecchi sono coloro rimasti scontenti della svolta industrial/apocalittica di Passage nel 1996! Ma se non ascoltate superficialmente, se andate a fondo e davvero avete capito il percorso musicale del gruppo di Sion, vi accorgerete che sotto la coltre di chitarre taglienti, sotto al bassi rombante e per una volta non groovy di Masmiseim, c’è la stessa filosofia che ha nutrito gli svizzeri per anni: un feeling “globale”, futuristico, ancora ben espresso dalla drum machine di Xy.
Certo, qui sono i blast beat (!) a farla da padrone; non c’è una singola, sperduta nota di pianoforte o synth, se non qualche flebile tastiera di sfondo a un paio di chorus, appena percettibile. Non uno strumento etnico, non uno strumento acustico: solo gelo e impatto frontale. La melodia c’è, ma non è lo scopo dei Samael su Above: è il mezzo con cui i pezzi diventano così affascinanti, e si imprimono a fondo nel marchio “Samael”.
Under one flag, On the top of it all, Polygames, tutti pezzi impensabili fino a solo pochi mesi fa, improntati a una velocità assassina ma ancora capaci di aperture epiche, come pochi gruppi del settore sanno fare: e sono le chitarre a farsene carico, senza il minimo intervento artificiale. Illumination, o le stupende Black Hole e Virtual war giocano invece di più sul groove, ma è sempre un termine relativo: da considerare con attenzione.
Suggella il tutto una produzione semplice, breve ma non affrettata, che fa risaltare quasi solo chitarre e batteria (sintetica), affrescando però alla perfezione un disco che si voleva colorare con poche, contrastate tinte.
Sorpresi? Dovreste sempre esserlo, coi Samael: è quando questo non accade (vedi i leggermente più deboli Eternal e Solar Soul) che la delusione serpeggia. Impossibile non considerare Above come una delle perle del 2009: a patto di conoscere davvero, e a fondo, i Samael e i loro obiettivi.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
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Tracklist:
1. Under One Flag 03:43
2. Virtual War 04:04
3. Polygames 03:55
4. Earth Country 03:55
5. Illumination 03:31
6. Black Hole 03:38
7. In There 04:01
8. Dark Side 03:30
9. God’s Snake 04:07
10. On the Top of It All 04:42
11. Black Hole (Verso Mix) (Bonus Track)