Recensione: Absolution

Di Tiziano Marasco - 16 Ottobre 2019 - 0:00
Absolution
Band: Ashbringer
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2019
Nazione:
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76

Notevole balzo in avanti, quello degli statunitensi Ashbringer. Un balzo tale da indurmi a recuperare “Absolution”, loro terzo album, uscito a fine giugno. Di questo progetto avevo seguito l’esordio, “Vacant”, uscito nel 2015. Per il debut si possono confermare le sensazioni di allora, ovvero quelle che suggerivano un disco carino e molto derivativo con tutti i limiti di una one-man-band dedita al black atmosferico. Il seguito, “Yūgen” (recuperato ora assieme ad “Absolution”), lo si può ritenere un giusto anello di congiunzione tra gli due capitoli discografici.

Con “Absolution”, pur tuttavia, le cose paiono radicalmente diverse, e ve n’è ben donde. Gli Ashbringer infatti non sono più un solo project ma un gruppo a tutti gli effetti. Ciò fa sì che il sound sia più carico di idee e di influenze diverse. Anzitutto la matrice black risulta piuttosto raffinata e soprattutto arricchita. Un ascolto alla opener e title track basta per rendersene conto. Al classico black atmosferico troviamo aggiunti un intro e diversi break di chiara matrice progressive. Ma non il classico prog che si trova abbinato al black, piuttosto il prog della scuola canterburyana, che in questo contesto ci sta parecchio bene, essendo molto più acustico e legato al folk tradizionale.

“Absolution” dunque si presenta come un disco piuttosto singolare, che mischia il solito atmo-black ed il solito post black a un folk molto strutturato e piuttosto atipico da rinvenire in questi territori. Tant’è che alcuni, in relazione a questo disco, hanno parlato di affinità con gli Isis. Ora, l’accostamento pare un po’ esagerato ma bisogna dire che in questa sede gli Ashbringer, per certi tipi di soluzioni, si avvicinano sicuramente più a loro che ai soliti Agalloch e famiglia.

Un limite questo disco tuttavia lo ha, ed è quel limite che penalizza buona parte delle uscite di questo settore – l’eccessiva lunghezza. “Absolution” ci propone sessantotto minuti di atmosfere molto simili e languide. I sapienti cambi di ritmo aiutano a rendere il tutto più digeribile, e va detto che gli statunitensi sono molto bravi a dare calore alle loro trame musicali, un’autentica rarità. Tuttavia arrivare alla fine di questi sessantotto minuti risulta piuttosto difficile. Con uno o due pezzi in meno, anziché di disco notevole, si sarebbe potuto parlare di un piccolo capolavoro – forse.

Questo poi aprirebbe la questione assai più difficile da risolvere del “cosa lasciamo fuori?”. Perché gli otto brani del platter in effetti si equivalgono. Ce ne sono tre che però emergono nettamente. Uno è la title-track, e ne abbiamo già parlato. Gli altri due sono “Dreamscape” e “Spiritual Archtecture”. Manco a farlo apposta, i due brani più lunghi. La prima è una composizione monumentale, dominata da atmosfere sognanti (ma va?) e nella quale oltre che il guitar work si segnalano le spruzzate di tastiere che fanno di “Dreamscape” un pezzo pregno di coloratissima malinconia. Coloratissima malinconia che pervade anche “Spiritual architecture”, solo che qui le tastiere dominano e imperversano e sono le chitarre a dare quel qualcosa in più, qualcosa che stavolta sa molto di Saor.

In definitiva, dunque, “Absolution” è un gran bel disco che in alcuni momenti regala grandissime emozioni. Un disco che ha il sapore della pioggia di primavera e non della classica neve dell’inverno che ci si aspetta da un gruppo di black, atmosferico o no. Un disco che, soprattutto, presenta gli Ashbringer come una piccola voce fuori dal coro per quanto riguarda l’atmospheric black metal americano. Una band con le idee chiare e con una preziosissima volontà di mettersi in gioco. E, sebbene rimanga del lavoro da fare, questo mettersi in gioco sta dando i suoi frutti.

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