Recensione: Absurdity

Di Andrea Bacigalupo - 14 Novembre 2019 - 21:16
Absurdity
Band: United
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2019
Nazione:
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62

Dalla Terra del Sol Levante calano nuovamente gli United con il loro decimo album, dal titolo ‘Absurdity’, disponibile via Spiritual Beast dal 18 luglio 2018 e poi stampato nuovamente dalla tedesca Reaper Entertainment dal 27 settembre 2019.

Band nata nel lontano 1981, ha cambiato tanti di quei musicisti che, ad oggi, nessuno dei fondatori vi suona. L’artista più anziano, colui che ha mantenuto in piedi il combo, è il chitarrista Yoshifumi Yoshida, entrato nel 1988, seguito dalla seconda ascia Shingo Otani, assunto due anni dopo. I restanti membri sono entrati nella band dal 2000 in avanti.   

Devo dire che: da chi è stato definito ‘pioniere’ del Thrash nipponico e che, per quanto abbia subito avvicendamenti, ha comunque maturato una certa esperienza, mi aspettavo un risultato più avvincente e personale, anche perché di tempo per riflettere il combo ne ha avuto, ben sette anni dall’ultimo platter.

Invece ‘Absurdity’, pur non essendo un album da buttar via ed avendo anche alcune qualità, rimane, purtroppo, tra i tanti lavori mediocri degli ultimi anni, di quelli che si disperdono e che non sono destinati ad essere ricordati.

Peccato, perché parlando delle qualità le chitarre fanno senz’altro un lavoro di pregio, sia in sede ritmica che, soprattutto, in sede solista, con tanti scambi avvincenti e parti di Twin Guitar di buona enfasi.

Anche Masatoshi Yuasa (entrato nel 2000, uscito nel 2004 poi rientrato definitivamente nel 2013) fa la sua parte, sfoderando una voce particolarmente adatta: cavernosa e violenta senza però sconfinare nell’ambito del Death Metal. Anzi, durante ‘Empty Eyes’, di cui parleremo in seguito, dimostra di saper fare molto, esprimendo qualità canore che nel resto del Full-Length tiene nascoste; forse, gli United non faranno male a tenerle in considerazione nel prossimo futuro.

Akira Tominaga alla batteria e George Enda al basso non sono da meno, creando il giusto muro sonoro costruito con violenza e fatica.

Per cui non è tanto la tecnica a diminuire il valore di ‘Absurdity’, quella c’è, ma più che altro è il songwriting, scontato e poco personale. Quando poi gli United vogliono ‘spingere’ e aumentare il tasso della violenza, diventano dispersivi ed inconcludenti, come in ‘Don’t Ever Let Me Down’ e ‘Fabbricated the Justice’.

Arise’ è coinvolgente, con un bel lavoro ritmico, ma è rovinata da un refrain senza anima, mentre ‘Dead by Dawn’ pur avendo un buon tiro ha talmente tanti cambi di tempo che bisogna essere un ragioniere per potervi star dietro.

Se contiamo che ‘Absurdity’ è una narrazione ansiogena che fa da intro alle restanti tracce e che ‘May’, pur se cantata magnificamente da Anza degli Head Phones President, alternative band anch’essa proveniente dal Giappone, è a se stante e non c’entra nulla con il resto del platter, rimangono a rappresentare degnamente il Thrash della nazione dei Samurai ‘Settle My War’, veloce ma con buone linee melodiche, ‘Trapped Fake World’ e ‘Alive’, entrambe con dei bei richiami al passato e la già citata ‘Empty Eyes’, al contrario moderna, dalle trame Post-Thrash, con una buona sezione melodica nel centro ed un omaggio al grande Cliff Burton fatto con poche note di basso che riprendono il suo stile. Quattro pezzi su dieci: un po’ poco direi, anche se ciascuno dei restanti ha comunque un qualcosa di buono al suo interno (come già scritto gli assoli od i cori avvincenti, ad esempio).

Insomma, in un periodo storico dove i dischi validi sono altri (non tantissimi a dir la verità) lo sforzo fatto dagli United per rimanere nel giro non è bastato. Rimangono a galla, ma in mezzo a tanti altri di ben minore esperienza.    

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