Recensione: Abysmal
A distanza di quasi due anni dal debut album tornano i tedeschi Thron e lo fanno in maniera egregia con un album schiacciasassi,che spazza via ogni minimo dubbio sulle capacità della band.
Non uno ma dieci passi avanti rispetto al self titled uscito a inizio 2017 che già presentava una band sì al suo esordio ma dannatamente solida e con le idee ben chiare; questo Abysmal, rilasciato a ottobre, è l’espressione di una prestazione maiuscola di una band che, se dovesse continuare su questa scia, farà parlare di se noi addetti ai lavori.
Nulla di nuovo o di geniale, sia chiaro, ma questo dischetto contenente dieci tracce di metallo ortodosso e senza fronzoli scorre via che è una meraviglia. Ovviamente si tratta di un blackned death nel senso più ampio del termine, dove i nostri vengono ispirati dalle atmosfere più decadenti e malinconiche dell’estremo nord con frequenti up tempos, blast e tremolo picking intervallati da qualche fraseggio acustico o rallentamenti in mid tempos evocativi dove lasciano più spazio a tutte le doti in serbo ai ragazzi, capaci di esprimersi continuamente a livelli esagerati. Le ispirazioni ai Maestri Dissection e Necrophobic sono più che palesi ma mai si è portati a parlare di plagio.
Dal promo a nostra disposizione purtroppo non si riesce a estrapolare alcuna informazione sulla band che è avvolta dal mistero, nessun foglio illustrativo o bugiardino è stato allegato a questa nuovissima release, pertanto non sappiamo nulla di questi cinque bifolchi a parte che sono incappucciati, come la più classica moda del momento, incazzati e che suonano dannatamente bene.
Partiamo però dalla fine, ossia un commento alla produzione che, anche se la versione nelle nostre mani è in formato mp3, possiamo definirla ottima, un vero e proprio valore aggiunto che ci fa apprezzare ancora di più la performance già di per se eccelsa della band: i suoni sono equilibrati, potenti cristallini e compatti, nulla prevale su altro ma il gioco di squadra dà la forza risultando un’unica amalgama che crea una bestia feroce.
Il songwriting è a ad alti livelli per tutta la durata del platter: dieci capitoli di una bibbia nera dove diavoli e mostri a più teste in confronto alla ferocia del drummer ZIV e del vocalist SAMCA sembrano innocui cuccioli di agnellino pronto a essere sacrificato per il più classico dei pranzi pasquali.
Le atmosfere sono oscure, decadenti e plumbee e il guitar work vorticoso ti trasporta in un viaggio dannato ma piacevole grazie alle tessiture melodiche che vengono continuamente promosse dalle due asce dell’act tedesco.
La melodia appunto, costantemente presente, è uno dei vari punti di forza di Abysmal, ma non pensate a melodie celestiali e scanzonate, qui si tratta di trame oscure e paranoiche che danno spazio a sferzate epiche e da battaglia, un quadro che rappresenta guerrieri a cavallo e altri privi di vita che giacciono in terra. Vinti e vincitori nella stessa immagine grottesca.
Davvero non si riesce a trovare un punto debole in questo album in quanto i Thron riescono nella non banale impresa di scrivere un disco in un genere così tanto inflazionato, in maniera egregia dal punto di vista esecutivo ma fresco e immediato per quanto concerne quello compositivo e assimilativo.
Difficile anche menzionare quale sia il pezzo migliore del lotto perché tutte le tracce si assestano su livelli buoni o più che buoni. Se Beyond The Gates è la classica grande opener, con quel suo intro che funge da pastiglia anestetica per attutire l’impatto devastante che si avventa contro di noi come un mastino dal trentacinquesimo secondo in poi tra urla laceranti e blast a 3000 bpm, A Spark Of Divinity ribadisce, se già non era stato afferrato, le capacità di questi ragazzi. Un mid tempo che alterna rallentamenti ad accelerate con influenze thrash di qualità sopraffina, come gli inserti in radica in una Maserati e arpeggi eterei danno spazio a un riff che genererà un headbanging totale e micidiale.
E’ però in The Wrath Of God dove le influenze dei creatori di The Somberlain fanno capolino per la maggiore: una cavalcata verso gli inferi dove si perde la cognizione del tempo e veniamo catapultati vent’anni indietro. A The Shrines il compito di chiudere il discorso con il suo incedere prima evocativo per poi dare spazio a riff di classica scuola thrash diventando col passare dei minuti una vera e propria sfuriata tanto epica quanto ortodossa.
Se dobbiamo essere pignoli l’unica pecca trovata è nel look dei ragazzi che ormai sta diventando consuetudine per le bands che suonano questo genere; togliessero cappucci e maschere e le lasciassero ai soli Mgla magari farebbero pure un figurone con le belle vampire che vanno ad ammirare le loro performance dal vivo, ma a noi poco cambia.
“Prenotare quanto prima una visita ortopedica e successivamente risonanza magnetica vertebrale tanto è l’headbanging” è ciò che c’è scritto nel booklet del Cd.
Schiacciasassi.