Recensione: Abyss
I Membrance nascono nel 2012 a Venezia come Black Metal Band; nel 2014 cambiano rotta preferendo dedicarsi al Death Metal, prendendo influenza dai gruppi della vecchia scuola e cercando, al contempo, di trovare una propria identità.
Non limitandosi a questo, vanno ancora più indietro nel tempo e tessono il loro sound con l’anima nera del blues, del rock’n’roll e con il Dark Sound dei Black Sabbath.
In pratica rendono una tra le musiche più estreme un po’ meno estrema, senza rinunciare alla sua carica aggressiva ma solo stemperandola, rendendo il tutto molto orecchiabile, interessante e discretamente originale.
Quanto sopra viene espresso in una serie di Demo e di EP autoprodotti e, soprattutto, in ‘Abyss’, il loro primo Full-Length, distribuito dalla label Ucraina Envenomed Music.
Il songwritin dell’album si amplia includendo il peso oscuro e maligno delle tastiere con lo scopo di enfatizzare il senso del macabro di alcune tracce, o partiture, legate alla fusion od alla psichedelica, per aumentarne l’inquietudine.
Il tutto ben legato ed amalgamato con il perno centrale del Death Metal, creando un unico corpo.
Davide Lazzarini si occupa delle parti di basso e del cantato, rigorosamente in growl e screaming (non si sente una parola in clean neanche a pagarla oro), con voci a volte sovrapposte o che s’inseguono. Si hanno, conseguentemente, scambi di momenti truci o disperati ed altri più maligni e demoniaci, all’interno dello stesso pezzo, che mantengono vivo l’interesse. Solo in alcuni casi il growl risulta un po’ troppo cavernoso, mentre, a parere del sottoscritto, è più godibile quando lo è un po’ meno; ma qui, si sa, è una questione di gusti, essendo Davide molto bravo con entrambi gli stili.
Le parti di chitarra sono affidate a Pietro Battiston, inarrestabile nella parte ritmica riesce a passare dal Death al Blues senza fatica e senza strappi che dividono il pezzo (se non fatto apposta) dando l’impressione che a questo musicista non dispiaccia poi tanto neanche suonare Thrash. Buoni sono gli assoli, gravi o melodici che siano.
Completa il gruppo Giovanni De Fraja, che siede dietro le pelli a ultimare la sezione ritmica. Pur percependo che è legato alla tradizione dà prova di avere anche una certo buon gusto per i tempi moderni.
Il risultato del loro lavoro è un Death Metal interessante, che può piacere anche a chi ha gusti meno estremi. L’unico termine che mi viene per definire il loro sound è ‘divertente’, proprio perché va alla ricerca di completezza senza comunque esagerare e rimanendo legato alla matrice rock dalla quale è nato tutto, senza imbastardire il genere con altre sonorità provenienti, ad esempio dalla musica classica o da quella orientale (senza nessun pregiudizio o critica per chi lo fa naturalmente).
‘Abyss’ è composto da nove canzoni introdotte dalla sinistra ‘Chasm of Blood’, nella quale tetre tastiere assumono una macabra potenza quando ad esse si uniscono le chitarre.
Il primo vero pezzo è ‘Shreds of Flesh’, e da qui ci accorgiamo che non ci troviamo di fronte ad una band limitata, ma bensì ad artisti di larghe vedute, che non suonano giusto per avere qualcosa da fare ma perché il metal fa parte della loro vita (com’è che si dice? l’Heavy Metal è una fede, frase ben attestata dai Membrance). Il pezzo è chiaramente Death Metal, con accelerazioni improvvise e strofe disperate, ma è permeato da un’anima blues, evidente soprattutto nell’assolo, che ne aumenta il senso di pesantezza ed oscurità.
Segue ‘Rotten Broken Bones’, stoppata, lenta e demoniaca con una particolare sezione jazz – fusion evidenziata dal pianoforte prima dell’accelerata Death. Buone le strofe growl unite allo scream.
‘The Devil’s Dance’ inzia cadenzata e sulfurea prima di una sezione Death rallentata. Poi uno ‘stop and go’ improvviso conduce all’assolo, lento e melodico, anticipazione di un’accelerazione furiosa.
‘Tarantula’, che porta dentro di se un po’ di Thrash, è suonata ad una velocità non troppo sostenuta fino ad un assolo grave, poi abbiamo un po’ di movimento prima di arrivare alle strofe ed alla parte Death.
Superata la metà dell’album arriviamo a ‘Endless Torture’, che ha un buon riff, delle strofe controllate ed un buon assolo che ad un certo punto si sdoppia. Il Rock’N’Roll si unisce al Death e diventa un corpo unico fino ad un rallentamento reso tetro da tastiere demoniache. Anche in questo caso non è la velocità a comandare ma la pesantezza del sound.
‘Groovy’ è un buon Death condito da svariati cambi di tempo. Niente da dire, un buon pezzo.
Così come è molto valida ‘Goat’s Guts‘, dalla cadenza oscura e con un refrain reso enfatico dall’uso simultaneo del growl e dello scream. In questo pezzo il growl è meno cavernoso ma molto efficace. L’assolo e le tastiere che seguono sono quasi allucinogene, arricchendo il pezzo di nuove sensazioni.
‘Acid Satanism’ è un altro pezzo che va sul classico, con un Death furioso che esplode in fase finale.
Siamo alla fine: ‘High-Tide’ è un pezzo che esce in parte fuori dagli schemi dei Membrance con la prima parte elettronica e psichedelica. Poi il tutto si ferma ed inizia una sezione metal alla quale segue un basso cupo che si allaccia alle tastiere. Poi, dopo uno stacco, riprende un veloce Death che rallenta improvvisamente e porta il disco alla fine.
Infine, la copertina è un dipinto della bravissima Giulia Croce (nome d’arte Ivory Crux) che va ulteriormente ad impreziosire il lavoro degli artisti.
Un esordio molto buono quello dei Membrance, gruppo dalla idee chiare e di larga mentalità che ci si augura continui ad evolvere seguendo la strada intrapresa. Una storia che sta iniziando ma da seguire con cura.