Recensione: Abyssal Menace
Originariamente uscito via Fallen Temple lo scorso ottobre, “Abyssal Menace”, album d’esordio degli Hanunted Cenotaph, viene ora ripubblicato dalla statunitense Redefining Darkness Records, label specializzata in produzioni Death/Black Metal. Formatosi nel 2017 dall’incontro di quattro musicisti della scena Black/Thrash polacca, il gruppo rilascia dapprima un demo e successivamente un self titled EP a cui fa seguito, a circa un anno di distanza, questo primo full lenght. Gli Haunted Cenotaph sono dediti a un Death/Doom marcio e mortifero, scevro da qualsiasi contaminazione melodica, le cui coordinate stilistiche sono da ricercarsi nei seminali Winter di New York, nel Death old school di scuola scandinava (in particolare Morbid e Treblinka), negli Hellhammer e nei primissimi Cathedral.
La intro “The Music of Erich Zann”, titolo mutuato dall’omonimo racconto di H.P. Lovecraft del 1921, apre “Abyssal Menance” con uno stridio di violini che mette l’ascoltatore sull’attenti, avvertendolo dell’incubo sonoro in cui sta per avventurarsi. “Cursed Abomination” traccia sin da subito le direttrici dell’album: un pezzo dall’ incedere lento in cui si fanno spazio un paio di accelerazioni che ricordano i Sepultura di “Morbid Visions” e “Bestial Devastation”. Segue “Rotten Exsistence” che, se tematicamente chiama in causa un altro lavoro di Lovecraft (“The Outsider”), musicalmente si destreggia tra sezioni mid-tempo e rallentamenti lugubri e cavernosi.
Gli oltre nove minuti ctoni e funerei di “Miasmatic Malodour” rievocano i Cathedral di “Forest of Equilibrium”, specialmente nelle chitarre. La title track e “Funeral Candles” (che si apre con rintocchi di campane a lutto, espediente non certo originale ma efficace) tornano ad alternare passaggi mid-tempo, od occasionalmente più veloci, a lente marce catatombali. La conclusiva “Seed of Belial” (che trae ispirazione da “Nosferatu, eine Symphonie des Grauens” di Murnau, film muto capostipite dell’horror cinematografico) non si discosta dalle tracce precedenti, se non per un riffing più tagliente e stacchi di batteria che preludono a brevi rasoiate metalliche, che in alcuni frangenti le conferiscono un sapore Death/Thrash vecchia scuola.
Con questi brani gli Haunted Cenotaph sfornano quaranta minuti di musica putrida e orrorifica, al cui risultato concorre una produzione vintage che, se da una parte ben restituisce le atmosfere retro così care al combo, dall’altra determina in alcuni momenti un evidente calo di intensità. L’album ha indubbiamente il merito di evocare in modo genuino una stagione grandiosa del Metal estremo, quella a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, ma non è privo di debolezze: quella principale risiede in un ventaglio di idee e soluzioni troppo limitato, che determina un’eccessiva omogeneità sia tra i diversi episodi della tacklist che all’interno dei singoli brani. Un maggiore ricorso a stacchi, interludi, assoli e altri espedienti sonori avrebbe certamente giovato, contribuendo a una più marcata differenziazione di mood e atmosfere.
Ciò nonostante è corretto riconoscere che “Abyssam Menace” è un disco onesto che, sebbene non traguardi picchi espressivi ragguardevoli, nemmeno scende al di sotto di standard qualitativi discreti. Altro aspetto da considerare è che nella cerchia del Death/Doom underground contemporaneo non sono molte le formazioni con un approccio al genere così ricercatamente grezzo e old school come quello degli Haunted Cenotaph, che contribuisce a conferire loro una certa personalità: i ragazzi, considerata la loro giovane età, hanno quindi le carte in regola e tutto il tempo necessario per aggiustare il tiro e mettere a segno una proposta più incisiva.