Recensione: Adios

Di Daniele Balestrieri - 5 Ottobre 2004 - 0:00
Adios
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
76

Trentotto album. Beh, non proprio trentotto, ma se uniamo insieme i full-length, gli EP, i singoli, le VHS e i DVD la cifra è quella, ed è un numero assolutamente ragguardevole per una band che ha mosso i primissimi passi nel 1979 e si è imposta alle orde germaniche anno dopo anno, uscita dopo uscita, per 25 dannati anni, fino a diventare una vera istituzione dell’heavy/hard rock in patria. Chiedete a un qualsiasi tedesco se conosce i Böhse Onkelz, e da Monaco fino ad Amburgo, da Lipsia fino a Hannover, tutti vi risponderanno che li conoscono, e che sono una colonna portante del metallo. Chiedetelo a qualunque altro Europeo, e se siete fortunati vi risponderanno che li hanno sentiti nominare. Questo è quanto: i Böhse Onkelz sono un fenomeno tedesco, fatto da tedeschi per i tedeschi, con testi in tedesco, contenuti affini alla mentalità tedesca e supportati da un autentico esercito di tedeschi, seguaci fedeli e profondamente motivati. Non riesco a non stupirmi pensando a quanto enorme sia il loro seguito (ho sentito racconti deliranti delle loro centinaia di concerti) e quanto riescano a definire la classe dei propri fans. Eppure sono sempre loro quattro, sempre loro, tipici tedeschi con quel misto di heavy tra il pop e il punk, tra il metal e l’humppah, incuranti delle scuole musicali e fondatori di una scuola di pensiero alla quale si sono appoggiate e ispirate decine di band – tedesche, naturalmente. Fin dal primo vagito del 1982 hanno raccontato il loro paese, la loro mentalità, hanno scherzato sugli argomenti più scottanti e sferzato su quelli più delicati, siano essi religione, politica, disagi sociali o semplicemente pura goliardia.

Difficile reperire qualche straccio di informazione su di loro se non si conosce l’idioma teutonico: I Böhse sono lì, una celebrazione della Germania, e farsi conoscere da un italiano o da un irlandese, alla fine, poco gli interessa. La loro fama, dall’alto delle chart, non è mai stata scalfita, e in venticinque anni hanno galoppato come guerrieri in corsa finché un bel giorno, a metà del 2004, esce il loro ultimo album: “Adios“.

Qualcosa non quadra, qualcosa non torna. Perché Adios? È l’ennesimo scherzo del quartetto? Nessuno scherzo: con quest’album, dal top della loro carriera, gli Onkelz ci salutano e abbandonano le scene per sempre. Un duro colpo per tutti i fans, e alla fatidica domanda “perché??” gli zii hanno fermamente risposto: “è giunto il momento per noi di dividerci. Dopo 25 anni di carriera, piuttosto che perdere la vena e sparare un album pessimo, vogliamo lanciare una bomba e abbandonare il campo da vincitori”. Questa è filosofia artistica, una prova di grande maturità, e questo è quanto moltissime band avrebbero dovuto fare, dalle più blasonate come i Metallica alle più oscure come gli Einherjer. Questo si chiama rispetto per i fans, magari eccessivamente protettivo, ma pur sempre grande rispetto. Dubito che molti italiani conoscano i Böhse Onkelz, e sarà complicato per me dare un’idea della loro musica: è pur sempre uno stile molto germanico, un metal eclettico che si lascia trasportare ora da vene da ballad e ora da vene iraconde di heavy convulso, trascinate da una linea vocale pulita ma roca, sgraziata e a tratti anche fastidiosa – ma molto, molto personale.

Dopo il grande successo di “Dopamin” e l’ondata di potenza scaturita dal singolo “Keine Amnestie für MTV“, i Böhse tornano dopo nemmeno un anno col bel singolo “Böhse vs. Jesus“, presagendo un album roccioso, che avrebbe consacrato ancora una volta il quartetto alle stelle. E questa fu esattamente l’aspettativa che ebbero i fans al momento dell’uscita di Adios, tra lo sgomento dell’imminente scioglimento e l’interesse generato da un nuovo album. E con la track d’apertura “Feuer” i fans non sono stati delusi: in perfetto stile Böhse le chitarre tornano con la loro cadenza rockeggiante, i loro riff avvolgenti e la batteria cadenzata, mentre Stefan presenta ancora la propria voce potente e roca, tra sirene di auto della polizia, esplosioni e cori rabbiosi, che ricordano quelle sperimentazioni industriali delle nuove generazioni di hard rock tedesco che strizzano l’occhio anche a sonorità punk, trascinandosi poi nel commerciale street metal di “Immer auf der Suche“, che ben rappresenta lo stile teutonico della band, sempre a cavallo tra il rock più duro, il metal di scuola classica e l’inventiva di chi ha 25 anni di carriera alle spalle in costante rinnovamento. Una torbida chitarra riprende riff in pieno stile hard rock americano con “Superstar“, una delle hit del disco che verrà certamente osannata anche nell’ultimo concerto commemorativo in programma per l’anno prossimo. Legnate brevi, di massimo tre minuti, ma incisive, che si susseguono violente di traccia in traccia tra una “Sowas hat Man“, prima lenta dell’album, e una “Ja Ja” che odora decisamente di rock quasi Guns n’ Roses, sempre sull’orlo del commerciale, sempre comunque in barba alle tendenze, in puro stile Böhse.

Di buon livello “Lass Mich Gehen” e la seguente “Fang Mich“, che alzano il tono dell’album grazie ad arrangiamenti più intelligenti e intriganti, con cantati a più livelli e un tappeto sonoro non indifferente. Splendida la ballad “Einmal“, dal testo estremamente intelligente, in cui Stefan si cimenta in un cantato cristallino sotto una strumentazione soft e un commovente refrain, di sicuro impatto in sede live, già abbondantemente graziata dalla tradizionale Erinnerungen, canzone costruita per strappare una lacrima anche al motociclista più impassibile.

Dopo il momento riflessivo, l’album ricade nel goliardico hard rock con “Kinder dieser Zeit” e la cadenzata, granitica “Haas – Tler“. Con “Onkelz vs Jesus” l’album raggiunge un altro picco, un picco che urla “mostro da live” in ogni strofa: sicuramente gli zii sanno bene come manovrare i propri fans costruendo canzoni di grande impatto in sede live. “Ueberstimulert” e “Prinz Valium” toccano ancora una volta le corde più irriverenti della band, senza essere particolarmente inventive, specie alla luce delle prodzioni passate, mentre l’album si chiude con la commovente “Ihr Haettet es Wissen Muessen“, vero tormentone da notte inoltrata, da fine concerto, tra accendini accesi, cori epopeici e un cantato strappalacrime davvero da sentire, per capire quanto i fans più dedicati non riusciranno a resistere a melodie emozionali come questa.
Segue la struggente conclusione, e ultima canzone della loro carriera, “a.d.i.o.z.“, strumentale di cinque minuti in cui le chitarre classiche si accompagnano allo sciabordio delle onde come un ultimo, caldo tramonto sul mare del nord.

Così si conclude la fulgida carriera dei Böhse Onkelz, band killer in sede live, con un libro-biografia già pubblicato, con milioni di fans in tutti i paesi di lingua tedesca, con concerti da tutto esaurito e una serie impressionante di uscite discografiche, tutte tra il serio e il faceto, tra l’aggressivo e il riflessivo, tra il rispettoso e il blasfemo, il tutto al beffardo urlo di “WIR SIND DIE ONKELZ!”
Era davvero necessario quantomeno un omaggio a questa band che merita considerazione quantomeno per il peso che ha avuto nella musica mittel-europea. Se quest’album non piacerà all’ascoltatore non germanico non rimarrò di certo a bocca aperta: questa band è infatti tanto particolare da essere quasi definita “etnica”. Adios è un disco da provare, magari tenendo a mente la soddisfazione di sentirli live (la loro prestazione a Wacken mi è piaciuta molto, un coinvolgimento come solo band enormi come Manowar, o Iron Maiden, o Judas Priest mi hanno saputo dare. Tuttavia, rimane sempre un prodotto un po’ specifico, molto buono nel suo genere, ma trascurabile se del genere non si conosce molto. Il DVD contenuto nell’edizione speciale di questo album, peraltro, con il video di Onkelz vs. Jesus, le interviste e altri bonus molto interessante, rendono l’aquisto per i neofiti abbastanza interessante. Il mio consiglio è di provarlo, se si tratta di un genere nuovo: mi rendo conto che il rischio di rigetto per “incompatibilità etnica” è molto alto, e lo giustificherei ampiamente.

Ma se là fuori c’è qualche sparuto Böhse-supporter, se c’è qualcuno che già ha idea della carica travolgente, sebbene peculiare, di questa band, se c’è qualcuno che ogni tanto allenta le redini del True Metal per lasciarsi trascinare da un po’ di sana follia collettiva, si faccia avanti e onori gli zii di Germania come loro hanno onorato i loro seguaci in 25 anni di passione.

TRACKLIST:

1 Feuer
2 Immer auf der Suche
3 Superstar
4 Sowas hat man…
5 Ja, Ja
6 Lass mich gehn
7 Fang mich
8 Einmal
9 Kinder dieser Zeit
10 Hass-tler
11 Onkelz vs. Jesus
12 Überstimuliert
13 Prinz Valium
14 Ihr hättet es wissen müssen
15 A.D.I.O.Z.

 

Ultimi album di Böhse Onkelz

Genere:
Anno: 2004
76