Recensione: Adjø Silo
Quando ci si trova di fronte l’esordio di una nuova formazione si possono presentare svariati scenari. Ci sono band che scelgono di seguire più o meno pedissequamente gli stilemi di un genere ben definito e band che, con alterne fortune, tentano in qualche modo di apportare un contributo di originalità alla scena. Ci sono poi band, ancora poche fortunatamente, che sembrano non avere nulla di meglio da fare che complicare la vita allo sventurato recensore che si ritrova un loro disco tra le mani. I Formloff sono sicuramente una di queste band.
Volendo essere massimamente sintetici, si potrebbe definire “Adjø Silo” un disco bastardo.
Bastardo: perché prendendo le mosse da un profilo (già abbastanza sperimentale di suo) avvicinabile all’avantgarde di Borknagar e Vintersorg ultima maniera, decide di allargare ulteriormente il tiro accorpando le influenze più disparate: death melodico, hard prog, elettronica, disco-pop, trance e chi più ne ha più ne metta.
Bastardo: perché prima di riuscire anche solo a farsi una vaga idea di che diavolo è passato per la mente di questi due (sì, sono soltanto in due) sciamannati bisogna insistere e riinsistere fino a consumarsi i timpani a forza di ascolti.
Ciliegina sulla torta, la produzione è a voler essere generosi appena amatoriale, una delle peggiori dai tempi di “A Blaze in the Northern Sky” a questa parte (beh, in effetti non proprio così tremenda, ma per gli standard odierni resta comunque di livello infimo). Tale circostanza, considerato il livello di saturazione sonora della maggior parte dei brani, non fa altro che rendere ulteriormente gravoso il già ostico ascolto.
Insistendo ostinatamente sulla bizzarria a tutti i costi, i Formloff trasformano i nove brani che compongono la tracklist in altrettante orge acustiche nelle quali finiscono coinvolti i suoni più disparati, compresi campionamenti da coin-op e sinfonie di latrati canini (sic!). Non è facile evitare che un siffatto collage sonoro si trasformi in un mosaico caotico e disortinato, e difatti i due norvegesi non sempre riescono nell’intento. C’è del resto una netta linea di demarcazione che separa il puro genio dalla follia tout-court, e la danza dei Formloff insiste con troppa ostinazione a svolgersi attorno a tale linea. Per sfortuna della band, infatti, la maggior parte dei passi si compie nel secondo dei due campi, così da rendere l’opera complessivamente considerata più simile a una burla farsesca che a un album vero e proprio. Peraltro, considerato che le parti meglio riuscite, quelle maggiormente legate a un concetto di metal estremo (più o meno) tradizionale, devono molto ai già citati maestri Vintersorg e Borknagar, la sentenza finale non potrà essere più di tanto comprensiva.
Tratto fondamentale di “Adjø Silo” si dimostra alfine la manifesta volontà di uscire dagli schemi della tradizione, al punto di stravolgerla e brutalizzarla con un annichilente martellamento di influenze esterne a dir poco kitsch. Di certo non sono in molti ad avere il coraggio – qualcuno potrebbe dire la faccia tosta – di scrivere un disco del genere, e forse è bene così. Impossibile prevedere che cosa il futuro di questa band abbia in serbo per le nostre orecchie, ma c’è ragione di credere che, qualunque cosa ne verrà, non sarà nulla di convenzionale. Al di là degli esiti finali, fa comunque piacere sapere che in circolazione c’è ancora gente che non ha nessuna intenzione di assecondare le mode adagiandosi sugli allori di un genere di successo, sebbene ciò inevitabilmente implichi il rischio di perdersi un bicchier d’acqua. Apprezzabile senza riserve, dunque, è l’intenzione. Ma, almeno finora, soltanto quella.
Riccardo Angelini
Tracklist:
1. Sovjets Modifiserte
2. Heisen Stoppet Aldri Her
3. Vaskebjørnen ALEKS
4. Arild Menzönis` Traumatiske Liv
5. Paralyserende Støv Fra Romstasjon 13
6. Derrick: Det vidunderlige akvarium
7. Helseskadelige Tore
8. Gregor Samsa i Las Vegas
9. Midilivskrisen