Recensione: Adoration of the Blade
Finalmente sul mercato il debutto dei Lecherous Nocturne, che dopo
vari ritardi nella pubblicazione dell’album, presentano questo Adoration
of the Blade. Principale motivo d’interesse per questa formazione
proveniente dalla Carolina del Sud, è la presenza di Dallas Toler Wade
nell’insolita veste di batterista e di Mike Poggione al basso, che ha
preso il posto del defezionario Joe Payne.
Quando si parla di musicisti di questo calibro ci si aspetta sempre grandi
cose, e quando purtroppo le aspettative vengono ripagate solo in parte, si
rimane un po’ più delusi del solito, con il rischio di inasprire ulteriormente
le critiche da rivolgere al disco in questione. Non che mi aspettassi chissà
cosa da Adoration of the Blade, dal momento che sia Poggione
che Wade vi hanno partecipato in modo più che altro marginale
(addirittura quest’ultimo è presente come session drummer), però onestamente
qualcosa di più era lecito attendersi. Adoration of the Blade
infatti è un disco che scivola via velocemente, con la stessa fulminante
velocità mantenuta per la stragrande maggioranza delle canzoni, che raggiungono
un misero totale di appena ventitre minuti. Uno stile a cavallo tra il brutal
sparatissimo, con una buona componente epico/melodica, e qualche motivo black
metal, formando un ibrido (decisamente spostato sul death comunque) che non mi
convince appieno.
La prova di Dallas Toler Wade ha sì del fenomenale, in linea con la
media altissima dei batteristi d’oltreoceano per velocità e precisione, ma non
basta da sola a sorreggere un disco un po’ privo d’idee. I Lecherous Nocturne
danno l’impressione di non aver bene inquadrato la propria proposta, che risulta
alquanto caotica, senza spessore, con qualche buono spunto piazzato in più di
un’occasione, in cui però la monotonia di fondo prende il sopravvento. Non ci
troviamo di fronte a musica piatta dal punto di vista esecutivo, dal momento che
riff articolati si susseguono a grandissima velocità uno dietro l’altro, con
qualche rallentamento epicheggiante, ma la staticità è dovuta alla poca presa
delle soluzioni adoperate, alla ripetitività di alcuni schemi ritmici e alla
scarsa vena compositiva della formazione. Una tracklist altalenante, in cui si
passa facilmente da tracce buone come Kampagne o The Divine Wind
ad altre decisamente meno competitive, vedi la seconda Release in Flame,
ad altre a cui mancherebbe poco per diventare canzoni assolutamente devastanti
come Singe Este Viata ad esempio.
Non aiuta di certo una produzione votata più alla potenza che alla precisione
dei suoni, e in questo senso la presenza di Poggione ci viene attestata
unicamente dal suo nome all’interno del booklet, altrimenti soffocato dai
restanti strumenti e dalla bella voce di Jason Hohenstein, con un
registro vocale che attraversa un po’ tutto l’arco tra il growl e lo scream. Non
è un brutto disco sia chiaro, di violenza ce n’è a bizzeffe, di buone canzoni un
po’ meno, ma qualche bel passaggio i nostri riescono comunque a regalarlo,
purtroppo il tutto ha un forte senso di incompiuto. Per ora un’occasione persa.
Stefano Risso
Tracklist: