Recensione: Adrenaline Rush
Avanti, ammettetelo: vi siete fiondati su questo articolo solo per il gusto di sbirciare la procace protagonista della copertina, alias Tave Wanning, cantante dei novelli Adrenaline Rush, combo made in Svezia, la nuova mecca dell’hard rock e del rock melodico. A parte scherzi, era inevitabile immaginare una cover meno ammiccante per i Nostri, che piazzando la classica pin-up di copertina sembrerebbero in procinto di mediare il pop-rock più edulcorato con la spinta energetica dell’hard’n’roll. Strategia non nuova, che ha suscitato nello scrivente più di qualche perplessità ed una buona dose di scetticismo nei confronti di questo esordio.
Dubbi che vengono fugati quando “Black n’ Blue” si apre con il suo carattere roccioso e spavaldo, che non ha nulla di quel rock “collegiale”, moscio e senza attributi, che va tanto di moda negli States tra i teenagers. Ma ciò che stupisce è il crescendo di sensazioni che trovano l’apice in un ritornello trascinante, che si incolla come resina al cervello. Un inizio da hit che coinvolge anche grazie alla giusta combinazione di mainstream e calore, concetto sintetizzato dal tocco enfatico della sei corde.
Se pensate che l’opener sia un caso isolato, vi state sbagliando perché la scorribanda di “Change” alza il volume e l’adrenalina sale alle stelle in un vorticoso refrain che sembra esplodere nei backing vocals, nei vibrati ad alta tensione, come una scarica elettrica diretta ai nostri neuroni.
Un cortocircuito che rischiamo di sfiorare quando “Generation Left Behind” vorrebbe catturarci con quel footstomp disinibito, con qualche spruzzata alla Def Leppard nei synts ed una buona pennellata di melodia nelle hooklines di centrocampo.
E l’immagine di “cattiva ragazza” di Tave sembra trovare giusta collocazione nell’indiavolata “Girls Gone Wild”, resurrezione del boogie woogie più scanzonato ed instancabile, con un pre-chorus debordante che fa da assist al vorticoso ritornello, in una corsa pazza alla “Fandango” tra le distese assolate della California.
Lasciate ogni reticenza, questo è il momento migliore per la power ballad di rito, “When We’re Gone”, che scalda i cuori narrando le pene d’amore con un bagliore di malinconia ed un pizzico di speranza. Ascoltate il coro che sale e languisce come il mare sul bagnasciuga o assaporate le note di giada della chitarra, e vi troverete ancora una volta colpevolmente sedotti dal romanticismo melodico.
Ancora melodia, ancora voglia di emozioni ed una verve irresistibile ci possiede mentre Tave ci ipnotizza in “Want It All”, trascinandoci dentro le note, in un gioco dal loop avvolgente, che faremo fatica a rifiutare perchè questo è il vero sapore di una canzone spaccacuori. Un episodio assolutamente commerciale ma sicuramente irresistibile. Nessuna obiezione a riguardo.
E il viaggio continua, il fuoco della adolescenza non accenna a spegnersi e la fiamma della giovinezza ci possiede nell’inno solare di “Too Young To Die”, una pillola di melodia zuccherosa con tutti gli ingredienti necessari al party di mezz’estate, traboccante di festa ed entusiasmo contagioso per l’ennesimo centro degli Adrenaline.
Una musica così guizzante e vitaminica non può essere immune al fascino del country rock, che fa la sua comparsa in “Oh Yeah!”, dove i Nostri dimostrano grande simpatia per le sonorità americane filtrate attraverso un refrain baciato dal sole, con la sua innata carica, così sincera e priva di fronzoli da essere un elisir di pura energia, alimentata da una manciata di riff bollenti. Nulla di nuovo ma ancora tiro e passione da parte dei Nostri inguaribili Svedish rockers.
Certo che un po’ di cattiveria non guasta e “No No No” serve a sopperire tale mancanza con il suo riff palestrato, tradendo le proprie ispirazioni, senza comunque eccedere nell’esasperato citazionismo. “No No No” sembra, infatti, un passo falso rispetto al resto del platter ma gli Adrenaline Rush non mettono da parte la voglia di stupire potendo contare sempre sulla giusta dose di armonie accattivanti e, soprattutto, su un inaspettato, rifinito cesello del guitar work, che regala l’indispensabile cascata di note cristalline.
Pensate di aver sentito tutto? Aspettate a dirlo perché vi aspetta in chiusura una bella sorpresa: le vibrazioni drammatiche di “Playin’ To Win” vi faranno danzare a ritmo di orgoglioso folk celtico e scatenante heavy rock, una reazione collaterale, lontana erede dell’indimenticabile Gary Moore. E un titolo come “Playin’ To Win” è più che sufficiente a motivare un refrain struggente ed epici assoli, che se non fosse per la voce di Tave, farebbero pensare a ben altro genere di musica! Una mossa tanto “coraggiosa” quanto azzeccata…
Dopo lo stacco di “Playin’ To Win”, perchè non chiudere con una bella canzonaccia hard rock? Ottima idea se la canzone in questione è “Hit You Like A Rock”. Nessuna concessione ai melodrammi ma solo voglia di divertimento incontenibile che scorre nell’ugola di Tave e viene sprigionata dal grintoso duo Turner/Hagman. Se tanta sfacciataggine può sembrare fastidiosa per i cultori dell’AOR più raffinato, gli Adrenaline Rush chiedono venia scrivendo una pagina d’assoli, un’impennata d’armonia nella migliore tradizione del rock più apollineo.
La closer riassume l’essenza frizzante di un album di cui non nutrivo grandi aspettative, a partire dalla suddetta copertina, che sembrava voler puntare più sull’immagine che sulla effettiva qualità del disco. Invece, cari lettori, l’ascolto dell’opera prima degli Adrenaline Rush farà ricredere più di qualche detrattore grazie all’entusiasmo di una proposta non nuova, ma ricca di momenti catchy ben confezionati, dotata di mordente nei riff ed armonia nelle parti soliste più impegnate. Ed proprio questa doppia anima che potrebbe convincere all’acquisto dell’album sia gli hard rockers di vecchia data che quelli sempre a caccia di “emozioni melodiose”. La voce di Tave (che tradisce influenze pop), forse, non è a livello di nomi quali Robin Beck o Lee Aaron, ma la biondina sopperisce con energia e classe al suo passato, avvicinandosi con le sue tonalità sbarazzine, da “bad girl”, ad un rock più adolescenziale in salsa The Runaways (Cherie Currie docet). Non sono da meno i restanti componenti del combo, un collettivo affiatato che mostra grande padronanza e talento nei rispettivi strumenti. Ma la cosa fondamentale è il risultato ottenuto dall’unione di questi elementi: l’abilità di divertire ed emozionare, che rimane intatta dalla prima all’ultima traccia del platter, dove la noia è bandita ed il songwriting è sempre guizzante e mai ripetitivo.
Detto questo, non perdete tempo e godetevi questo album dall’indole vacanziera ed esuberante, sperando, nel frattempo, di non trovarvi ancora morbosamente attaccati alla copertina di “Adrenaline Rush”!
Eric Nicodemo
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