Recensione: Aeon

Di Daniele D'Adamo - 8 Ottobre 2016 - 17:08
Aeon
Etichetta:
Genere: Metalcore 
Anno: 2016
Nazione:
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90

Feed your hearts
Feed your souls
There’s something more who can burn
Feed your hearts
Feed your souls
Just watch the smoke start to rise

Finalmente, anche in Italia il metalcore ha raggiunto il massimo apice di qualità tecnico/artistica.

Grazie ai lombardi Burn After Me che, con il loro secondo e nuovo album, “Aeon”, disegnano confini di assoluta grandezza per il genere non solo nelle nostre terre, ma ovunque, nel Mondo. Metalcore che, ora, non è solo più conquista esclusiva di band inglesi, tedesche e americane. Anzi, “Aeon” mostra, musicalmente, quel qualcosa in più che comincia ad avere il deathcore: un cuore caldo, pulsante, cui scorrono fiotti di sangue rovente. Inserti, contaminazioni, elettronica, ambient, tastiere e, ultime ma non ultime, orchestrazioni. Il tutto, per dare spessore a un sound altrimenti troppo secco e arido, per rendere anche le tipologie *-core in grado di scatenare visioni oniriche, di far volare con il pensiero, di far scaturire lacrime di passione.

Questo è “Aeon” e questi sono i Burn After Me, nella loro intrepida, coraggiosa, decisa interpretazione della più grande opera letteraria di sempre: La Divina Commedia di Dante Alighieri. Capolavoro dell’Umanità intera che, nel disco, è rivisitato con il sostegno di un artwork da urlo, impressionante nel suo package che richiama dannati, anime perse, demoni, angeli, Satana, Dio. Con i testi che, per forza di cose, riassumono solo gli elementi salienti dell’opera dantesca, azzeccando però sia la scelta, sia la successione.

La successione. Ecco. Qui i Burn After Me si rivelano compositori eccezionali, in grado di mutare la propria potenza, la propria aggressività, la propria armoniosità, la propria delicatezza nel travagliato passaggio dall’Inferno al Paradiso.

Subito, quindi, song spacca-ossa, travolgenti, violentissime, zeppe d’inserimenti classici, come la favolosa ‘Chasm’, mirabile messa in scena della più atroci delle discese. Quella nel vortice dell’abiezione, della perdizione. Il metalcore dei Burn After Me diviene così possente, titanico, gigantesco, da somigliare al deathcore come un gemello perduto (‘Cocytus’, ‘Phlegethon’). Tuttavia, l’abilità dei Nostri fa sì che, anche nei segmenti di maggiore intensità, si aprano improvvisamente, con perfetta scelta di tempo, momenti ragionati, dall’epicità clamorosa, asfissiante, penetrante. L’orrore della pena dei lussuriosi dà il la a una song, ‘Lustful’, dalla pesantezza insostenibile, quasi: emerge con decisione, difatti, il dramma di quelle che una volta erano persone, obbligate a roteare indefinitamente nel vento del proprio peccato. I Burn After Me sfoggiano, anche, una tecnica strumentale eccellente, che spezza i ritmi rendendoli contorti, non-lineari, saltellanti. Non prevedibili a priori ma, sempre e comunque, piacevoli per il cervello. Piacevoli come i cori… malinconici, tristi, lontani, struggenti, come devono essere nel metalcore (‘Head Bowned’).

Nel trasbordo del CD dal Purgatorio al Paradiso («E quindi uscimmo a riveder le stelle, Inferno XXXIV, 139»), i Burn After Me alzano il tiro della melodia e tirano fuori dal cilindro quattro capolavori quattro: ‘Sewn Shut Eyes’, ‘Right Fit’, ‘Chaste Kiss’ e ‘Beatrix’. Esempi mirabili di virtù elaborativa eccelsa, i cui refrain s’installano immediatamente nella mente per travolgerla, avvolgerla, strizzarla a guisa di straccio per tirar fuori tutti i sogni possibili.  

Si vola. Si vola in alto, nel cielo, fra i gabbiani, fra le stelle!

Soprattutto per quanto concerne ‘Chaste Kiss’, probabilmente una delle migliori canzoni mai concepite in ambito metalcore. Stupefacente coacervo di melodiosità, scabrosità, ritmo e incredibile scelta delle tonalità, delle sequenze dei riff, delle strofe, dei ponti e del ritornello:

Feed your hearts
Feed your souls
There’s something more who can burn
Feed your hearts
Feed your souls
Just watch the smoke start to rise

Strabiliante!

Una volta terminata l’impressionante sequenza di song-monstre, è il turno delle stelle (‘Fixed Stars’), il turno della dolcezza, il turno degli angeli (‘Angels’), è il turno del Creatore (‘Empyrean’). I Burn After Me, di conseguenza, adattano il loro – a questo punto, unico e inimitabile – stile alla dolcezza delle anime bianche. I cori, già fenomenali prima, diventano addirittura celestiali, commoventi, forieri di lacrime. Lacrime non di gioia, non di dolore. Lacrime di consapevolezza. Lacrime che connotano in modo univoco gli Uomini come uniche sostanze dell’Universo conosciuto in grado di provare sentimenti sì intensi da far baluginare gocce di salata rugiada, ai lati degli occhi. ‘Angels’ è, presumibilmente, l’hit su cui punta l’ensemble di Arona per forare lo schermo dei canali specializzati.

Ma, davvero, non c’è che l’imbarazzo della scelta, in “Aeon”. Tutto quanto, è magia, in esso (‘Empyrean’). Da non perdere. Assolutamente. Per tutti quelli che amano la musica così tanto da poterne morire. Di passione. Inferno, Purgatorio, Paradiso… Burn After Me!

Daniele D’Adamo

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Genere: Metalcore 
Anno: 2016
90