Recensione: Æthereal
Album di debutto, a due anni dalla fondazione, per i Ginevra, band dal moniker suggestivo e fautrice di un sound saturo di «psychedelic atmospheres and post core rhytms». Il gruppo pisano nasce come band strumentale, per poi aggiungere parti vocali in modo da guadagnare in incisività e ha già calcato il palco insieme ad Alcest, Ornaments, Isaak, Vaz, Coilguns e When Icarus Falls.
Æthereal è descritto sul loro sito in questi termini: «A heavenly trip, which starts digging in the oblivion of the human discomfort through the pain and the affliction, brings to the awareness of a suitable rebirth» (Un viaggio celestiale, che inizia scavando nell’oblio del disagio umano attraverso il dolore e l’afflizione, porta infine alla consapevolezza di una rinascita adeguata).
Morte e rinnovamento, dunque, il tutto ben sintetizzato nell’artwork notevole di Riccardo Zulanto (CikasLab) e ottimamente reso dal mastering a cura di Lorenzo Stecconi (Lento, Ufomammut).
Bisogna accostarsi all’album, dunque, con le dovute accortezze del caso, sicuri di non essere di fronte a musica easy listening.
“Empty Hollow” è, infatti, un opener granitico e groovy, che attacca subito con un riff sporco e atmosfere stoner. Il drumwork impreziosisce un sound più che cupo e soffocante. Il brano procede quadrato e asfissiante con ritmi ossessivi, quasi doom. Un inizio programmatico, che scoraggerà gli ascoltatori più impreparati, mentre invoglierà a continuare nella scoperta della scaletta chi ama sonorità sospese tra il nichilistico e il pletorico.
Si “respira” per un istante nei primi secondi di “Primordial Miasma”, pezzo dall’avvio opethiano (à la Damnation) in 3/4. Sul finire del secondo minuto subentra una voce spiritata, né growl, né screaming: l’effetto complessivo è quello di un risveglio atavico e magniloquente, sorretto da bending metal. Al min. 5:17 uno stacco sospeso di basso interrompe la nenia assillante e il brano prosegue per una breve sezione su toni semiacustici, poi ritornano le distorsioni con nuovo vigore.
Con una geniale assenza di soluzione di continuità “Into The Abyss” parte su ritmi sostenuti, come naturale prosieguo del miasma primordiale. Altri nove minuti abbondanti di sonorità gravose e catartiche. Si ripresenta un altro break fatato, che conferma la predilezione dei Ginevra per un sound intrinsecamente schizofrenico tra furia metallica e momenti semiacustici. Giunti a metà brano tutto torna circolarmente all’inizio e un po’ di monotonia si avverte, inutile negarlo. Non basta, infatti, l’ennesimo cambio di ritmo per dare originalità al brano, che resta monolitico e pesantemente cadenzato e martellante. Gli ultimi minuti della composizione sono ossessivi e presentano un riff ipnotico che crea un mood lisergico all’ennesima potenza.
Æthereal è un disco, ripetiamo, che richiede un ascoltatore infaticabile: “Psychoanalysis Of Ruin” è un altro exploit di ponderosità groovy, con anche alcune linee vocali imperiose. Il minutaggio in questo caso è più abbordabile, ma il brano è l’ennesima colata di metallo fuso schiacciasassi.
Coronamento di un album ambizioso, “Ĕris” (letteralmente “[tu] sarai”?) è una traccia lunga quasi venti minuti, già inclusa nella compilation SoloMacello vol. III, insieme a brani di altre band metal underground italiane come Nudist e Liquido Di Morte. Le danze si aprono con una chitarra semiacustica e un basso saturante. Fino all’inizio del nono minuto tutto si mantiene magicamente su un registro cullante e confortevole: senza dubbio uno dei momenti più alti del disco. La seconda parte della traccia, invece, ripropone il sound terremotante dei pisani. Stupisce, ancora una volta, la capacità del gruppo italiano di reinterpretare il dualismo sonoro di matrice opethiana, in un sound che ingloba sogno e follia. Tra echi di una lontana libertà perduta e sprazzi vocali laceranti, il pezzo prosegue verso il suo compimento, in modo svogliato e vellicante. L’ultimo minuto è una coda sotto acido che risospinge il tutto nel vuoto del silenzio, suggerendo un finale aperto cosmico.
Dopo tre quarti d’ora di musica così solenne, si può senz’altro dire che Æthereal è un disco notevole. Manca la genialità di un capolavoro del genere, ma la sostanza c’è tutta. I Ginevra sono fautori di un metal sui generis, tra stoner e il minimalismo sludge dei grandi Isis. Reggere il confronto è cosa ardua per una band emergente, ma di certo i pisani sono sulla buona strada.
Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)