Recensione: Afterglow

Di Carlo Passa - 22 Dicembre 2012 - 0:00
Afterglow
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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90

Sarà successo anche a voi d’incontrarla.

Sono sette ore che avete i piedi nel fango, non potete sedervi, siete circondati da individui sporchi e vestiti di nero, vi toccano file infinite per avere un panino freddo. Ed eccola affiorare.

La fidanzata esorta non proprio dolcemente ad abbassare il volume dello stereo, gli amici vi dicono che certe cose vanno lasciate all’adolescenza, i genitori non si capacitano che, di nuovo, abbiate speso tutti quei soldi per un disco, i colleghi si dileguano appena provate a convincerli che gli Iron Maiden non sono dediti all’adorazione di Satana. Ed eccola palesarsi ancora una volta.
Parlo di quella domanda che ogni appassionato di ogni passione si è posto almeno una volta nella vita: “ma cosa me lo fa fare?”.
Se leggete queste righe, probabilmente non avete bisogno che sia io a mettere nero su bianco quanto già sapete. Aggiungete che l’amore per il metal, per il rock duro, o semplicemente per la musica, è tra i sentimenti più difficili da descrivere a parole: ma basta evocare le sensazioni che ogni fan prova all’ennesimo ascolto di “Master of Puppets”, o “The Number of the Beast” per cogliere l’intimo radicamento di  questo credo che nasce nella prima adolescenza e non ti lascia più.

Poi esce il terzo disco dei Black Country Communion, intitolato “Afterglow”, e il cuore sussulta a trovarci dentro le radici del nostro genere, miscelate con un gusto tale da tradursi in freschezza compositiva ed esecutiva.
Lo sapete tutti, i Black Country Communion sono un super gruppo che annovera nomi grandiosi come Glenn Hughes (sia benedetto!), Joe Bonamassa, Jason Bonham e Derek Sherinian. La musica proposta dalla band è un hard rock fortemente venato di blues, con un  groove molto anni settanta dal manifesto richiamo ai Led Zeppelin, ricco di certe melodie che furono dei Deep Purple Mark III e Mark IV.

Tuttavia, i Black Country Communion denotano una grande personalità che si traduce in un sound che sarebbe un peccato incanalare in percorsi già sperimentati da altri. Benché immerso nella tradizione della musica dura, “Afterglow”, infatti, non suona retrò, vintage, o semplicemente nostalgico: non prova a imitare i suoi (pur espliciti) modelli, ma anzi li sfrutta al meglio per creare qualcosa di nuovo ed estremamente riconoscibile.
I Black Country Communion suonano come …i Black Country Communion: nel grigio diluvio digitale moderno, questo è il massimo pregio di un disco (e, forse, non solo di un disco).

Prendete l’opener “Big Train”, un pezzo dal tiro strepitoso, valorizzato da una prova vocale di Glenn Hughes realmente stupefacente: uno sporco riff blues viene diversamente declinato lungo l’arco del pezzo, la cui tensione è alleggerita da una breve sezione melodica centrale proprio azzeccata. Insomma, una delle canzoni più belle dell’anno.
Ma è nella compattezza complessiva che i BCC hanno il proprio punto forte. Una compattezza in grado di fare già proseliti se è vero che “This is Your Time” risuona molto nei solchi degli ultimi Europe: ben inteso che gli svedesi recitano qui il ruolo di ispirati e non di ispiratori.
“Midnight Sun” è un pezzo molto aggressivo, di personalità assoluta, capace di schivare ogni riferimento che non siano i Black Country Communion stessi. Di quante band si può dire questo nel 2012?
“Confessor” è semplicemente heavy metal nelle strofe , per prendere una via rock nel bridge e nel bel ritornello, il tutto così bene impastato da non avere soluzione di continuità.
“Cry Freedom” è un blues che ripropone per l’ennesima volta un riffone proprio del genere e richiama moltissimo i Deep Purple.

Quasi a voler accostare i due nomi sacri dell’hard rock che fu, la title-track è un eccezionale tributo ai Led Zeppelin, fatto di atmosfere mutevoli cui Hughes dà voce con un’abilità cangiante che è solo dei grandi.
“Dandelion” è una piacevole parentesi hard che prelude a “The Circle”, il pezzo più lungo e articolato dell’album. Qui Glenn Hughes gioca un po’ a fare il Chris Cornell: e (ovviamente) gli riesce benissimo, finendo a disegnare una melodia dolcissima su un caldo giro di Bonamassa. Ma è tutta la band a filare via precisa in “The Circle”, che ha la proprietà di mantenersi semplice pur superando i sette minuti di durata.
Se “Common Man” allenta un po’, risultando più un buon esercizio blues che non una canzone vera e propria, “The Giver” rimette le cose al proprio posto, riproponendo quella che pare essere la vera formula vincente della band: modulazioni diverse che conducono l’ascoltatore lungo un viaggio fatto di groove e coesione.
Infine, “Crawl” gira intorno a una serie di riff molto (molto) zeppeliani che solo i BCC sono in grado di valorizzare senza scadere nella banale clonazione.
Concludendo, lo avete capito tutti: “Afterglow” è un grande disco, una summa della storia del rock duro che andrete a riascoltare ogni volta che vorrete sentire il puzzo di sudore di una sala prove uscire dalle casse del vostro stereo.

I Black Country Communion non possono non piacere a chiunque conosca l’indescrivibile sensazione provocata da una chitarra elettrica usata bene.
Negli anni ottanta uscirono dischi capaci di trovare l’unanime apprezzamento di thrasher e glamster (ai tempi, le due fazioni contrapposte nel metal): poco sopra, ne ho citati un paio. Pur non raggiungendo le altezze di quelle opere, che il tempo ha consacrato tavole sacre del metal, “Afterglow” possiede la loro capacità di essere trasversali al gusto del singolo, trascendendo i fitti confini dei tanto sottogeneri del metal e dell’hard rock.

E il motivo è chiaro: i Black Country Communion sanno darvi una risposta a quella infida domanda che ogni tanto compare, ma che il cuore subito spazza via per tornare a battere forte, un’altra volta.

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Tracklist:

01.    Big Train
02.    This Is Your Time
03.    Midnight Sun
04.    Confessor
05.    Cry Freedom
06.    Afterglow
07.    Dandelion
08.    The Circle
09.    Common Man
10.    The Giver
11.    Crawl

Line Up:

Glenn Hughes – Voce / Basso
Joe Bonamassa – Voce / Chitarra
Jason Bonham – Batteria
Derek Sherinian – Tastiere
 

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